Politica e Società-3

(ateismo e agnosticismo inclusi...)

2006 dc

commenti, contributi e opinioni

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kynoos@jadawin.info

Pagina ereditata dal sito di Atheia

Ho unificato le due precedenti pagine di Politica e Sociale perché, in fondo, si occupavano degli stessi temi. Per non appesantirne il peso nel sito, le ho numerate progressivamente a partire da quella con notizie e fatti più vecchi.

In questa pagina ci sono testi con data 2006 dc, il più recente all'inizio.


Riceviamo dal giudice Luigi Tosti il 6 Novembre 2006:

Consiglio Superiore della Magistratura “boccia” giudice “anticrocefisso” Luigi Tosti

 Comunicato stampa da pubblicare e diffondere

Roma – Rimini – Macerata - Il CSM ha dichiarato il giudice Luigi Tosti non idoneo alla qualifica di magistrato di cassazione perché, pur essendo capace, laborioso e diligente sotto il profilo professionale, gli difettano “la correttezza, il riserbo e l'equilibrio”. Questo giudizio negativo è stato tratto sia dalle circostanze che il magistrato, per sua stessa ammissione, è una sorta di “cane sciolto”, che non è stato mai iscritto all'Associazione Nazionale dei Magistrati, non si è mai candidato ad elezioni politiche, che non conosce membri del CSM e non ha mai contatto nessuno per ottenere favori, sia dalla pendenza del procedimento disciplinare relativo alla sua “scelta di non svolgere più attività di udienza fino a quando non vengano rimossi dalle aule di giustizia i crocifissi, e ciò pur avendo avuto la disponibilità di un'aula priva di ogni simbolo religioso”. "Questo provvedimento del CSM” dichiara il diretto interessato Luigi Tosti “si riferisce alla valutazione del triennio 1999-2002 ed è stato significativamente deliberato dopo che sono stato addirittura costretto a proporre e a notificare ben due denunce penali per omissione di atti di ufficio nei confronti dei membri del CSM i quali, a distanza di ben due anni dalla mia domanda, temporeggiavano, non sapendo a quali argomenti appigliarsi per respingerla. E, in effetti, è significativo il fatto che il CSM abbia deliberatamente violato la legge e le sue stesse circolari, decretando la mia idoneità sulla base di episodi che sono avvenuti nel 2005 (quindi inutilizzabili perché successivi al triennio 1999-2002) per quali, oltretutto, manca qualsiasi decisione disciplinare. Altrettanto significativa è la circostanza che il CSM si sia dimenticato di considerare - al pari del Tribunale dell'Aquila e della Procura Generale presso la Cassazione - che io avevo manifestato la piena disponibilità a tenere le udienze in presenza del mio simbolo, la menorà ebraica, e che il mio rifiuto è scaturito pertanto da atti di discriminazione religiosa. Evidentemente per il CSM - e non solo per il CSM - solo i “Cattolici” hanno il diritto di marcare con i loro idoli gli edifici pubblici, cioè di tutti gli italiani, perché appartengono ad una Superiore Razza religiosa. Significativa, infine, è la circostanza che il CSM mi addebiti il fatto di non aver accettato l'offerta di seguitare ad espletare il mio lavoro, sino a pensionamento, nell'aula-ghetto che è stata amorevolmente allestita per me. Spero che queste deliberate violazioni della legge e queste forme di razzismo vengano convalidate dal TAR del Lazio e dal Consiglio di Stato e mi auspico, ovviamente, che lo stillicidio persecutorio nei miei confronti prosegua con costanza e con perfetta consapevolezza di impunità”.

Luigi Tosti


Dalla rivista Sapere di Ottobre 2006:

Incontri impossibili

(con Galileo Galilei, Ndr)

di Mariapiera Marenzana

Botta e risposta con Galileo

Sarebbe stato sicuramente l'ospite più atteso. E alla sua assenza, giustificata dalla morte avvenuta 362 anni prima, si è cercato di porre rimedio simulando un'immaginaria intervista. Nasce così l'inedito «botta e risposta» con Galileo Galilei, ideato da Mariapiera Marenzana, studiosa di storia della scienza, e presentato all'assemblea internazionale del CICAP (Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sul Paranormale), tenutasi ad Abano Terme nel 2005. In quell'occasione il testo venne interpretato da Piero Angela e da un attore nei panni dello scienziato pisano. Riproponiamo in queste pagine 1' audace scoop giornalistico, premurandoci di far sapere che le risposte date da Galilei sono in massima parte derivate dai suoi scritti, in particolare per quanto riguarda le idee di rilievo e le espressioni forti o colorite.

Signor Galilei, la riproduzione, cui abbiamo appena assistito, di alcuni suoi esperimenti ci ha fatto toccar con mano come siamo ancor oggi immersi in antichi pregiudizi, anteriori alla sua invenzione del metodo scientifico.

«Purtroppo, per quel poco che conosco del mondo d'oggi, non posso contraddirla, signore».

In quattro secoli abbiamo indubbiamente fatto innumerevoli progressi scientifici e tecnologici...

«... mirabili assai, invero, e remoti da ogni mia immaginazione...».

Tuttavia lei saprà quante credenze infondate ancora oggi sopravvivono. Pensi solo agli oroscopi sui giornali e alla televisione. Avrà anche sentito della fede che tanti ancora ripongono in rimedi inefficaci, quali l'omeopatia...

«... si diluisce, si diluisce, si diluisce ancora e poi si scuote, si scuote di nuovo... ne ho sentito parlare».

E inoltre ogni sorta di fantasie: extraterrestri che ci fanno visita, superstizioni, misteri, eventi paranormali, maghi, guaritori, ciarlatani. E credenze religiose.

 «Come al tempo mio, purtroppo, quando si combatteva la peste con l'aceto e con le fumigazioni, e si dava la caccia a untori e streghe. Ben colgo la sua delusione, signore, quella di chi s'adopra perché gli uomini sempre ben aperti tengano gli occhi della fronte e della mente».

La ragione - sono parole sue che non posso scordare - è la sola adeguata iscorta a sortir d'oscurità l'uomo, e a quietar la sua mente.

«Eppure è così spesso negletta! Per pigrizia, forse, perché comodo è seguire le inveterate abitudini di pensiero, oppure...».

Per sottrarsi a responsabilità individuali, affidandosi all'autorità di altri?

«... ipse dixit, certo, ai miei tempi Aristotele e la Chiesa. Ma l'ordine del mondo è uno solo, e nelle cose naturali l'autorità d'uomini non val nulla. La natura, signor mio, si burla delle costituzioni e dei decreti dei principi, degli imperatori e dei monarchi, a richiesta de' quali non muterebbe un iota delle leggi sue!».

Essendo la natura inesorabile e immutabile...

«... e nulla curante che le sue recondite ragioni e modi d'operare sieno o non sieno esposti alla capacità degli uomini. Mi lusinga che le mie parole siano ancora ben ricordate».

Ricordo anche, a proposito del principio d'autorità, di aver letto, in una pagina del suo Dialogo, un gustoso episodio che mi piacerebbe fosse lei a raccontare.

«Penso che lei si riferisca alla storia esemplare di quel filosofo aristotelico il quale, constatato con i suoi occhi in sala anatomica che il fascio dei nervi si diparte dal cervello e non dal cuore, dopo avere meditato alquanto, disse che avrebbe dovuto per forza ammettere la cosa per vera, se il testo di Aristotele non avesse sostenuto il contrario».

Ne ridiamo, oggi, ma con amarezza, se appena ci volgiamo intorno. Basta pensare alle nostre scuole: antiche leggende religiose in luogo di ipotesi scientifiche!

«Povero Darwin, dopo tante sensate esperienze e necessarie dimostrazioni raccolte a sostegno del suo affascinante discorso!».

Autonomia di giudizio troppo spesso significa esprimersi senza competenza alcuna su qualsiasi soggetto, oppure avanzare ipotesi infondate su argomenti indimostrabili.

«Andar cioè a guisa della gallina cieca, dando or qua or là del becco in terra, fin che s'incontri in qualche grano di miglio: il guadagno non sarà maggiore di quello di colui che s'andava informando per qual porta della città s'usciva per andar per la via più breve in India. Era il modo di procedere di alcuni scienziati miei contemporanei, cui non potei risparmiare il lancio di "meluzze e torsi"...».

Altro che meluzze, dica pure strali feroci! La prego, ne tenga in serbo alcuni per certi scienziati d'oggi - ha sentito parlare di Zichichi? - i quali, atteggiandosi a suoi eredi, mescolano sacro e profano e tradiscono l'etica stessa della scienza. Quanto diverso il loro modo di procedere dal suo!

«Io stimo di più trovare un vero, benché di cosa leggiera, che '1 disputar lungamente delle massime questioni senza conseguir verità nessuna. Una colpa da cui posso ben dirmi esente è quella di aver dato risposte a questioni non sondabili con la ragione e non verificabili con la sensata esperienza».

Per esempio?

«Per esempio il dire se le stelle sieno abitate o se esista l'eternità, pure fantasticherie. Mai volli indagare quel che Dio poteva essere o fare, ma solo quello che ha fatto, il libro della natura, scritto in caratteri matematici, che perpetuamente ci sta aperto dinnanzi agli occhi».

Un libro che, come lei ci ha insegnato, a saperlo leggere può fornire informazioni preziose persino su ciò che sfugge alla nostra diretta esperienza.

«Gli effetti della natura, quantunque minimi e di nessun conto, non devono mai dal filosofo disprezzarsi, che le operazioni di natura son tutte in pari grado degne di meraviglia, perché anche da cose comuni si posson trarre notizie molto curiose e nuove. E perché analoghe sono le leggi che governano il volo di una farfalla e quello di una stella in cielo. La cura dell'orto, potare o legar le viti, era per me passatempo insieme e materia di filosofare».

Lei ha suscitato sempre sentimenti forti, fra gli amici così come fra gli avversari. Solo per la scomoda novità delle sue idee?

«Non posso certo negare che facilmente mi movevo all'ira, sebbene facilmente mi placassi. Mi infuocavo nelle opinioni perché avevo estrema passione dentro, ma poca prudenza a saperla vincere. Provavo gusto a volte ad attaccar briga e a combattere con chi aveva mezzi per vendicarsi. Ma ero insofferente della stupidità».

Però le piaceva anche scherzare...

«Certo, e ridere pur delle cose più serie e stimate, che talvolta non hanno meno del ridicolo delle altre».

Per esempio, il sussiego accademico?

«Ah, penso lei alluda a quel poemetto che scrissi quand'ero giovane professore a Pisa, Contro il portar la toga, che mi inimicò gli austeri colleghi».

Del resto, vi sosteneva un'idea diciamo pure insolita: che il meglio di tutto sarebbe andare ignudi.

«Certo, perché è la veste che fa i sudditi diversi dai padroni, peggio che mai la toga, che inoltre t'impaccia e t'intrica, e ben s'addice a chi fa le cose adagio o non ha a grado la fatica, come certi frati o certi preti grassi...».

o a quelli che stimano l'uomo a seconda che indossi un abito di lana rozza o di velluto.

«Per me gli uomini son fatti come i fiaschi: ce n'è che non han tanto indosso, ma poi son pieni d'eccellente vino; altri han veste elegante, ma contengono vento o acqua profumata, e son adatti solo a pisciarvi dentro».

Dunque, bando a ogni forma di seriosità — che spesso non è che ipocrisia - ma non, così mi è parso di capire, ai piaceri della vita.

«Stimavo l'allegrezza essere il miglior ingrediente della salute e del benessere. Sempre trassi gioia e conforto dalla compagnia degli amici, coi quali m'era grato praticar la musica, toccar i tasti e suonare il liuto. Ah, sminuzzolar cantucci con loro, nella quiete della mia casa, gustando un bicchier di ciliegiolo o di frizzante chiarello!».

Tra i suoi molti amici, che so esserle stati di grande conforto nei momenti più difficili della vita, ci furon non solo scienziati o allievi, ma anche artisti, illustri pittori.

«Sì, il Bronzino, il Cigoli, la giovane Artemisia Gentileschi. Amai anche le belle lettere e in segreto gustavo gli autori proibiti - il Boccaccio e il Machiavelli, l'Aretino - o pericolosi, come Giordano Bruno».

Sapeva a memoria gran parte dell'Orlando Furioso, o sbaglio?

 «Il divino Ariosto... non tollero che lo si paragoni a quell'insipido Tasso e ai suoi eroi da burla. Pensi soltanto a quel fagiolaccio scimunito di Tancredi, vero innamorato da pere cotte. L'istessa differenza, tra il Tasso e l'Ariosto, che al mio palato recava il mangiar cetrioli dopo aver gustato saporiti meloni».

Nota di Jadawin dell'Associazione Atheia (curatore del sito): Peccato per questo giudizio, io, pur senza averli letti a fondo, "parteggiavo" più per il Tasso...

Lei ha dedicato alla scrittura la stessa vigile attenzione che alla scienza.

«Certamente, e per più ragioni. Fare scienza e scriverne erano per me una sola cosa. Un linguaggio generico o oscuro è spia di povertà di concetti. Del resto, parlare oscuramente lo sa fare ognuno, ma chiaro pochissimi».

La chiarezza è una conquista difficile, ma necessaria per trasmettere le idee, e anche per non essere fraintesi...

«... laddove la trascuratezza può capovolgere le intenzioni dell'autore, per esempio al pio Tasso sfuggono doppi sensi osceni assai remoti dal suo volere. Ma è del resto un errore in cui incorse anche Michelangelo, quando accomodò, nel suo Giudizio Universale, Santa Caterina ignuda con San Biagio dietro, disposti in attitudine oscenissima»

Basta così, signor Galilei, o il suo spirito libero, di toscano di razza, le potrà procurare rinnovati guai!

«Ho il privilegio di non dovermi più curar dei guai! E tuttavia, assai m'amareggia constatar ancora che i tempi nuovi lo sono meno assai di quanto era lecito sperare. Ai tempi miei, la mentalità comune era ridotta così in basso che erano largamente premiati cacciatori e cuochi, che con nuove invenzioni e pasticci s'affaticavano di dar gusto alle bizzarrie e palati degli uomini, mentre eran posti altissimi intoppi agli intelletti specolativi. Come allora, oggi son cantanti e calciatori, e i cervelli son costretti a emigrare».

Ancora ci umilia e ci addolora la sorte che le ètoccata. Come si è resa possibile tanta ignominia?

«Sempre volli, sopra ogni cosa, dar resonanza grande alle mirabili mie scoperte celesti. Volevo fosse a tutti chiaro che la natura, come ci ha dato gli occhi per vedere le opere sue, così ci ha dato il cervello per intenderle e capirle».

Per questo lei scelse di scrivere in italiano piuttosto che in latino, lingua della scienza e della cultura.

 «E fu per questo che lasciai il mondo ristretto della Repubblica di Venezia per tornare a Firenze e affrontar gli infiniti accidenti di un mondo - la Corte e la Curia - popolato da uomini ambiziosi e infidi».

Eppure i suoi amici veneti l'avevano messa in guardia. Le sue idee copernicane e le sue scoperte erano una minaccia per la cultura accademica e per l'autorità della Chiesa.

«La Chiesa era la depositaria del sapere e giudice vigile di tutto quel che si scriveva allora in Italia. Fuori di lei non v'era che il silenzio, scelto o imposto che fusse».

Quindi lei non poteva non far la Chiesa partecipe delle nuove verità, benché il rogo di Giordano Bruno lasciasse poche illusioni...

«Io m'illudevo che la forza del fondato ragionamento sarebbe riuscita a prevalere sulle antiche e infondate abitudini di pensiero».

Fu questo forse il suo errore più grande.

«Ma che tuttavia ancora tornerei a fare. Volevo anche che la Chiesa evitasse di mettere a rischio la sua autorità sostenendo princìpi che ben presto sarebbero stati apertissimamente dimostrati falsi e avrebbero dovuto essere ritrattati».

Insegnamento a tutt'oggi non recepito. La Chiesa ripete i suoi errori, benché da qualche anno abbia disposto la sua riabilitazione. ..

«Riabilitazione! Invero, signore, m'offende il sol pensiero che fossi io, che molto ho patito, e le cui idee con tanta chiarezza sono state dimostrate corrette, a dover essere riabilitato...».

Cosa risponderebbe a chi ancor oggi, come Bertolt Brecht, le rimprovera l'abiura per aver con essa sottomesso la scienza alla forza dei poteri costituiti? E di aver rinunciato a stabilire un principio di libertà per il pensiero scientifico?

«Accettare il rogo, come Bruno fece, significava accettar la logica antica, quella dei nemici miei. Col rogo, Bruno volle testimoniare la bontà delle sue fantasiose intuizioni... Io invece mai ebbi dubbio alcuno che la mia visione del mondo si sarebbe affermata attraverso le parole e non le fiamme. Il mio obbligo era condurre a termine la fondazione della scienza. L'indomani stesso dell'abiura, tra rischi e difficoltà d'ogni sorta, mi posi a scrivere l'ultima opera mia, i Discorsi, a rinnovato sostegno delle idee in cui credevo».

Sembra essere inevitabile, a questo punto, chiederle se ha perdonato i suoi persecutori. Mi risponda, se crede.

«I torti e le ingiustizie che l'invidia, la diabolica malignità e iniqua volontà mi avevano macchinato contro non mi hanno travagliato, anzi la grandezza delle ingiustizie mi è stata piuttosto di sollievo, è stata un'ispecie di vendetta, perché l'infamia è ricaduta sopra i miei persecutori e i loro epigoni».

Mariapiera Marenzana è docente di lettere e autrice di scritti su Galileo.

SAPERE - OTTOBRE 2006 PAG. 87


Da L'Unità del 30 Ottobre 2006:

Festival gay, Cofferati alla Curia: barbarie è la censura

di Onide Donati

Più che un giudizio estetico, è una stroncatura preventiva: quello che fino al 4 novembre andrà in scena in alcuni palcoscenici e schermi di Bologna, per la Curia è «un'invasione barbarica che oltraggia la fede e la ragione». E quella che segue, più che una domanda retorica, ha tutte le sembianze di un anatema: «È lecito spendere soldi pubblici per finanziare spettacoli omosessuali di pornostar mascherati da artisti?».

Qui siamo oltre la «Bologna sazia e disperata» che, negli annali della storia petroniana, fino a ieri suonava come il giudizio più tagliente che mai un vescovo (il cardinale Giacomo Biffi) avesse espresso sulla comunità di anime ecumenicamente amministrata: qui la chiesa - con un articolo non firmato del suo settimanale Bologna Sette, che la domenica esce insieme ad Avvenire - scorge sotto le due torri Sodoma e Gomorra, scene cupe di sesso, omosessualità dilagante... I barbari, appunto. Da restare interdetti. Scartata la strada del dialogo nel merito artistico - c'è poco da ragionare con chi ti lancia un anatema -, il sindaco Sergio Cofferati ieri non è stato certo lì a lavorare di cesello e ha stroncato la stroncatura: «Penso che la libera espressione nell'arte e nella cultura rappresenti una delle grandi conquiste dell'uomo nell'etica moderna e sia la ricchezza del vivere civile in uno stato laico. Solo la censura, il pregiudizio e l'intolleranza rischiano di riportarci al tempo dei barbari». Controreplica, ieri sera, della Curia: «Le dichiarazioni del sindaco sconcertano e addolorano... La Chiesa non censura nessuno, ma non accetta neppure di essere censurata, perché non può abdicare al suo dovere-diritto di parlare per il bene e per la dignità della persona umana».

Insomma, una scontro in piena regola destinato a cambiare i rapporti, fino ad oggi tutto sommato cordiali se non proprio calorosi come all'epoca di Guazzaloca, tra via Altabella, dove ha sede la Curia e Palazzo d'Accursio. Tutto per un festival che si muove tra corpo, identità, orientamento sessuale. «Gender Bender», così si chiama il festival, è un'esperienza artistica che ha alle spalle tre edizioni di successo (la prima, addirittura, quando in carica c'era la giunta di centrodestra) emai una polemica. È promosso da «Il Cassero, gay lesbian center», che da vent'anni realizza progetti dedicati alle «differenze».

L'assessore alla Cultura Angelo Guglielmi, che non ha avuto dubbi nel sostenere e finanziare il festival, sabato dopo l'anticipazione dell'articolo (che il vescovo vicario Ernesto Vecchi aveva fatto capire di condividere), era sbottato: «Ma se si tratta di un evento di prima qualità... Non è andato ancora in scena uno spettacolo, un film, e già parlano di pornografia. Il pregiudizio fa torto alla furbizia della Curia, di solito piuttosto furba nel nascondere i suoi pregiudizi». Libero Mancuso, altro assessore di Cofferati, aveva allargato il discorso: «Strano che le Curie italiane non si scaglino contro la volgarità e l'imbarbarimento dispensato ogni giorno dalla televisione e se la prendano con le manifestazioni dei diversi».

Il tutto avveniva in una giornata già effervescente per una diatriba tra Vecchi e un altro assessore, Giuseppe Paruolo: il destino delle ceneri dei morti cremati, che una legge regionale prevede possano essere disperse anche al di fuori dei cimiteri. Paruolo aveva riservatamente sondato il numero due della Curia per verificare se era disponibile a benedire un campo destinato ad accogliere lo spargimento delle ceneri. «No - la secca, e pubblica, risposta - le ceneri vanno conservate in un'urna e collocate in un cimitero. Spargerle così è una roba da americani».


Riceviamo da Axeismo il 15 Ottobre 2006 (in rosso il nostro intervento):

Colpita dal provvedimento una hostess di fede cristiana copta. Sanzioni anche contro una maestra musulmana che indossava il velo

Porta il crocifisso al collo British Airways la sospende

dal nostro corrispondente ENRICO FRANCESCHINI
 

Hostess della British Airways sospesa perché portava il crocifisso al collo

LONDRA - Dopo la maestra musulmana sospesa da scuola perché portava il velo, una hostess cristiana licenziata perché porta il crocefisso. É accaduto nei giorni scorsi a Londra, dove una dipendente della British Airways è stata rimandata a casa per due settimane senza stipendio per essersi rifiutata di togliere il piccolo crocefisso d'argento che portava al collo. Il caso sconfigge ogni stereotipo perché la donna, Nadia Ewieda, 55 anni, è un'araba, di padre egiziano e madre inglese, di fede cristiana copta. Sembra una sfida fatta apposta per mettere alla prova il multiculturalismo di cui Londra si erge a capitale: un'araba cristiana che difende il diritto di esibire il crocefisso in un paese cristiano che glielo nega. Eccessi del politicamente corretto?

"Non nasconderò la mia fede in Gesù", dice la hostess, preannunciando un ricorso in tribunale. "La British Airways permette alle impiegate musulmane di portare il velo e agli impiegati di religione sikh di portare il turbante. Solo ai cristiani viene impedito di esprimere la propria fede. Non è giusto". Replica la linea aerea: "Quando i nostri dipendenti portano la divisa, è consentito loro indossare simboli religiosi al collo, ma sotto i vestiti. La regola si applica ai simboli di tutte le religioni, non riguarda specificatamente le croci cristiane. Abbiamo chiesto più volte alla signora Ewieda di celare il crocefisso sotto un foulard, ha sempre rifiutato, per cui abbiamo dovuto applicare il regolamento".

La norma mira a non offendere la sensibilità di viaggiatori di una diversa fede religiosa. Il fazzoletto islamico che ricopre la testa o il turbante sikh non sono apparentemente considerati "simboli religiosi", ma non è chiaro se il personale della British possa indossarli anche quando è in divisa. La polemica segue di qualche giorno un episodio analogo: la dirigenza della Bbc si era spaccata sulla decisione da prendere riguardo a una conduttrice del telegiornale, Fiona Bruce, consentendole o meno di portare una croce al collo quando va in onda. Per il momento, tuttavia, non è stata presa alcuna decisione. Quanto alla maestra musulmana sospesa da una scuola del nord dell'Inghilterra perché indossava il "niqab", che lascia scoperti solo gli occhi, ora smentisce che fossero stati i suoi alunni a lamentarsi di non capire cosa diceva a causa del velo davanti alla bocca. "Nessuno si è mai lamentato e comunque non avevo problemi a togliere il velo in classe", afferma Aishah Azmi, "ma lo mettevo se entrava in classe un collega uomo". Anche lei intende fare ricorso alla giustizia per difendere i suoi diritti.

Intanto Jack Straw, l'ex-ministro degli Esteri che nei giorni scorsi ha auspicato che le musulmane rinuncino al velo, è stato contestato durante una cerimonia pubblica al grido di "il velo è libertà". (15 ottobre 2006)   Fonte: repubblica.it 

***

E' inutile, da parte nostra, tornare sull'argomento ancora una volta. In estrema sintesi ribadiamo che il velo, il crocefisso al collo e tutti gli orpelli fideistici dei credini di tutte le religioni e superstizioni, a tutte le latitudini, sono tollerabili soltanto nella ristretta cerchia privata degli individui interessati. Ma non per una difesa di tradizioni o "culture", erroneamente o ipocritamente ritenute "nostre", contro altre ritenute "estranee" (stupido errore in cui ricadono, ahinoi, anche numerosi atei devoti nostrani, difensori della "civiltà" italica e via imbecillando...): il divieto, ad esempio, del velo islamico nei luoghi pubblici (scuole, ospedali, tribunali sedi dello Stato etc) non è da intendere solo o soprattutto per ragioni pratiche (la foto "velata" sul documento d'identità è un'idiozia, oltre che un controsenso giuridico) o per una "difesa" di tradizioni o culture ritenute "nostre" e "superiori", ma perché è un offesa contro la libertà della donna e noi, a qualsiasi latitudine, siamo per la libertà e l'uguaglianza della donna contro ogni prevaricazione ed ingiustizia (anche se le dirette interessate, plagiate o minacciate, continuano a ripetere che la loro usanza è "un volontario atto di fede e di libertà" (sic!). Punto.

E ciò vale per tutto il resto: crocefissi al collo ostentati, turbanti, copricapi ebraici etc.

Altro che "ricorsi alla giustizia"! Ma stiamo scherzando?

Jàdawin


Da www.ilmessaggero.it  il 3 Settembre 2006:

Piazza Wojtyla a Notre Dame

 e la Francia laicista si ribella

PARIGI - Il Papa che voleva la pace semina zizzania nel cuore di Parigi. Giovanni Paolo II darà oggi il nome al grande sagrato di Notre Dame, che da mezzogiorno si chiamerà Parvis Notre-Dame - place Jean-Paul II, con grande disappunto di comunisti, verdi, radicali e altri (numerosissimi in Francia) paladini della laicità che hanno già annunciato battaglia e manifestazioni di protesta. L'innovazione toponomastica di una delle piazze più frequentate del mondo (dodici milioni di turisti l'anno per miliardi di foto e cartoline) è stata voluta - a sorpresa - proprio dal sindaco Bertrand Delanoë, socialista e omosessuale dichiarato, che pochi mesi fa aveva inaugurato con non meno entusiasmo - e molti più consensi - la place Dalida.

Per intitolare a Giovani Paolo II il sagrato della cattedrale di Parigi, Delanoë era stato costretto lo scorso 12 giugno a ricorrere al sostegno dell'opposizione di centro destra al Consiglio comunale, sfidando l'aperto e vibrato dissenso di molti compagni di partito e di tutti i suoi alleati. «E' al combattente per la pace, è al suo impegno personale anche contro l'Aids che Parigi vuole rendere omaggio» ha dichiarato ieri Delanoë cercando di stemperare le polemiche alla vigilia di una cerimonia che annuncia grandi bagarre davanti a Notre Dame.

Delanoë ha detto di voler salutare «l'apporto storicamente importantissimo» di Giovanni Paolo II. Per questo è venuto meno ad una regola che sino ad oggi imponeva di attendere cinque anni dopo il decesso di un personaggio prima di intitolargli una via o una piazza di Parigi.

Immediato lo sdegno dei laici. Anche i più amici. Il consigliere verde Denis Baupin non ha esitato a chiedersi ieri cosa sarebbe successo se la stessa piazza fosse stata intitolata ad un imam. Per Baupin «sarebbe stato necessario il riconoscimento degli errori della Chiesa cattolica», in particolare proprio per la sua «evidente responsabilità» nella lotta contro l'Aids.

Ancora più netta l'opposizione del verde Sylvain Garel, secondo il quale Giovanni Paolo II «se fosse stato ancora vivo, avrebbe dovuto comparire davanti al Tribunale penale per complicità in crimini contro l'umanità». Più temperati i radicali, che hanno proposto per il sagrato l'ecumenica appellazione «Esplanade des religions et de la conscience universelle», ricordando che ai tempi della Rivoluzione il sagrato della cattedrale era stato «ribattezzato» Piazza della Ragione. Il sindaco non ha però voluto sentire ragioni e ha sostenuto fino in fondo la proposta dell'opposizione di centro destra, che ha ringraziato per l'omaggio attribuito da Parigi «a un grande uomo di pace».

Ma oggi davanti a Notre-Dame si rischia la guerra. Da una parte Delanoë, che dedicherà la piazza a papa Wojtyla accanto all'Arcivescovo di Parigi, monsignor Vingt-Trois. L'invito ad applaudire è stato esteso a tutti i «parrocchiani» e ai fedeli parigini.

Sull'altro fronte, si sono dati appuntamento per protestare i verdi e svariate altre associazioni, tra cui un collettivo auto-nominatosi «quelli che amano l'amore». La federazione nazionale del Libero pensiero ha invece deciso di estendere la lotta di là dal sagrato e ha organizzato una manifestazione per il 7 ottobre sul tema «Parigi deve restare laica e repubblicana».


Da Corriere della Sera, 2 settembre 2006:

Ecco la nuova famiglia italiana

di Magdi Allam

Ecco la nuova famiglia italiana. Valmozzola, 673 anime compresa una cinquantina di immigrati, è il più piccolo comune della provincia di Parma. Era una giornata caldissima. La foto, pubblicata dalla Gazzetta di Parma il 13 agosto scorso, mostra il sindaco, Gabriella Olari, con un abito comprensibilmente sbracciato, avvolta dalla fascia tricolore. Sta presiedendo al rito di attribuzione della cittadinanza italiana, che viene conferita con un decreto del presidente della Repubblica. Accanto a lei un'intera famiglia egiziana tra cui spicca la madre completamente avvolta dal niqab , un velo integrale che ha un'unica fessura all'altezza degli occhi. I nuovi cittadini italiani sono il padre, Mohamed Ismail, e i suoi quattro figli minori, Asmaa, Asraa, Mawadda e Abdel Rahman. Ora anche la moglie ha i requisiti per richiedere la cittadinanza.

La foto della prossima cittadina italiana imbacuccata da cima a fondo, è emblematica di ciò che diventerà la società italiana accordando la cittadinanza senza verificare l'adesione ai valori fondanti della nostra Costituzione e civiltà. Tra cui primeggia l'assoluta parità tra uomo e donna e quindi la condanna di qualsiasi discriminazione nei confronti della donna. Una realtà implicita nell'annullamento del corpo e nell'umiliazione della personalità femminile. È del tutto evidente che quella donna non si integrerà mai. Quel velo assoluto è una barriera che la separa da una società nei cui confronti ha un atteggiamento pregiudizialmente negativo. Ecco perché dare la cittadinanza a queste persone si tradurrà inevitabilmente nella formazione di un'Italia ghettizzata sul piano etnico, confessionale e identitario, con comunità rinchiuse in compartimenti stagni all'insegna del relativismo valoriale, culturale e giuridico, dove si elargiscono libertà e diritti che ci vengono restituiti sotto forma di indifferenza e intolleranza. Ciò è purtroppo possibile principalmente per la nostra ignoranza, ingenuità e ideologismo. Nonostante non esista alcuna prescrizione coranica del velo, lo Stato italiano ha recepito e fatta propria la versione più oltranzista dell'islam affermando, con una circolare del Dipartimento della polizia di Stato del dicembre 2004, che l'utilizzo del burqa, in quanto «segno esteriore di una tipica fede religiosa» e una «pratica devozionale», non costituisce reato. Quindi l'Italia si è spinta addirittura oltre il convincimento degli integralisti islamici secondo cui l'islam imporrebbe un semplice velo che copre il capo, sulla base di una discutibile interpretazione del versetto XXIV, 30-31 del Corano, sposando la tesi aberrante degli estremisti islamici secondo cui la donna deve essere relegata sotto un velo integrale.

Ancor più grave di questo provvedimento amministrativo è la sentenza 11919, della terza sezione penale della Corte di Cassazione di Roma, che lo scorso 4 aprile ha deliberato che «la religione musulmana impone alle credenti» di portare il velo. Si tratta di una sentenza definitiva e inappellabile del nostro Stato laico che sostiene l'obbligatorietà del velo per le donne islamiche. Ebbene oggi gli estremisti islamici nostrani possono legittimamente, con il pieno conforto della magistratura italiana, esigere che in Italia le donne musulmane siano tutte velate. Questo sbandamento amministrativo e giuridico trova riscontro anche nelle recenti decisioni dei Comuni di Riccione e di Francavilla al Mare (Chieti) di riservare delle spiagge per sole donne musulmane, separate con un muro. Il Comune di Riccione ha chiarito che si tratta di un'iniziativa atta a favorire l'afflusso e i consumi dei ricchi sceicchi arabi che arrivano con uno stuolo di donne, che non vogliono che vengano viste in mare da altri uomini. Mentre il sindaco di Francavilla, Roberto Angelucci - in una dichiarazione raccolta da Il Giornale il 29 agosto - ha invocato nobili ragioni ideali: «Viviamo in una società multirazziale ed anche Francavilla si sta adeguando alla tendenza. Tutto questo, quindi, implica la presenza di persone con culture e religioni diverse. Ed è proprio nel rispetto delle altre culture e religioni che ritengo opportuno prevedere nel nuovo piano spiaggia 2007 un tratto di arenile riservato esclusivamente alle donne ed un altro agli uomini». Ebbene non si tratta forse di una flagrante violazione di uno dei cardini della nostra civiltà, la parità tra uomo e donna e il rifiuto di qualsiasi discriminazione delle donne? Come non rendersi conto che la svendita dei valori per denaro o cinismo ideologico porterà dritto al suicidio della nostra civiltà? Così come non può non preoccupare il fatto che a Padova il ghetto di via Anelli, teatro di violenti scontri tra nigeriani e maghrebini lo scorso 26 luglio, sia stato prima isolato con un muro e poi, su iniziativa del Comune, si è affidato a vigilantes extracomunitari il compito di garantirne la sicurezza. Alla realtà del ghetto etnico e confessionale, si aggiunge ora la discriminazione politica che inesorabilmente produrrà la ghettizzazione identitaria. Ci rendiamo conto che ammettendo che le istituzioni italiane non sono in grado di garantire la legge e la sicurezza sul proprio territorio, di fatto ci rendiamo responsabili di un gravissimo cedimento sul piano della sovranità e identità nazionale?

In tutto ciò i principali colpevoli siamo noi italiani. Lo sapete che, dal primo luglio scorso, in venti motorizzazioni è possibile ottenere la patente di guida sostenendo l'esame, a propria scelta, in sette lingue, tra cui l'arabo, il russo e il cinese? Ebbene visto che la patente di guida italiana è un documento richiesto da un residente fisso, ci rendiamo conto che sarebbe necessario che questi immigrati conoscessero adeguatamente la lingua italiana? Si tratta di una iniziativa sbagliatissima perché fa venire meno il primato e l'obbligatorietà della lingua italiana per chi soggiorna stabilmente nel nostro Paese.

È questo insieme di fatti reali che connotano l'immagine di un'Italia che procede alla rinfusa e ciecamente nella definizione di un nuovo modello di convivenza sociale imposto da un mondo sempre più globalizzato. Un'Italia che viaggia con una navigazione a vista, senza un comandante che indichi la rotta da seguire e il punto d'approdo, lasciando campo libero all'arbitrio dei singoli membri dell'equipaggio con la loro irresistibile sete di protagonismo. Il rischio, lo si può facilmente intuire, è che la nave affondi.

www.corriere.it/allam


Dalla rivista Sapere di Agosto 2006:

L'ipocrisia in fin di vita

di Chiara Lalli

(la correzione della punteggiatura e la sistemazione del testo è di Associazione Atheia)

La reazione normale al dolore è di sottrarsi. Il dolore fisico è uno strumento per sopravvivere (tocco il fuoco — provo dolore - mi allontano). Oppure è un effetto collaterale di uno stato patologico (provo dolore - mi faccio visitare - mi curo); di un trauma o di un intervento chirurgico (è un dolore momentaneo e destinato a finire). In alcune circostanze può diventare somigliante a un meccanismo inceppato, un dolore inutile. Succede nelle malattie incurabili e mortali. Il dolore delle malattie terminali non è un dolore per la sopravvivenza, non è un dolore della convalescenza. È un dolore che ha come unica possibilità di estinzione la morte. Il tentativo di alleviarlo è un preciso dovere medico e morale: quando il medico non può più curare, deve rendere la vita del paziente il meno penosa possibile. La moralità del lenimento del dolore è ammessa in larga misura. È ovvio che qualora il paziente non desideri che il suo dolore venga controllato, la sua volontà deve essere rispettata, foss'anche sostenuta dalle credenze più bizzarre.

Siamo nel campo delle opinioni personali e non delle dimostrazioni morali: chi crede che la sofferenza nobiliti l'animo umano o sia la strada preferenziale verso la salvezza ha il diritto, protetto anche dalla legge, di rifiutare qualunque intervento medico. Un intervento medico, anche se compiuto «per il bene» del paziente, è illegale e immorale se il paziente capace di intendere e di volere lo rifiuta. La medicina palliativa interviene quando non c'è più la prospettiva di una guarigione, e la malattia non può essere sconfitta, ma soltanto controllata nei suoi gravosi sintomi.

Cure palliative

Le cure palliative hanno l'intento di alleviare la sofferenza di quanti si trovano in una situazione di morte imminente. L'imminenza del decesso è difficile da valutare con esattezza e sebbene in genere l'aspettativa di sopravvivenza non superi le 48 ore, il dibattito al riguardo è vivace, e tocca anche conflitti profondi come quello tra la qualità della vita e la sua durata (qualcuno direbbe la sacralità della vita). La medicina palliativa controlla i sintomi refrattari tramite la somministrazione di farmaci sedativi fino all'induzione di un sonno profondo. Quando lo scopo palliativo è raggiunto attraverso la privazione di coscienza si parla di sedazione terminale (o totale, o palliativa). Secondo il National Hospice and Palliative Care Organization (Nhpco) lo scopo della sedazione terminale è di indurre uno stato di ridotta o assente vigilanza (incoscienza) con l'intento di attutire i sintomi intrattabili altrimenti. La sedazione terminale è prevista non solo per lenire i sintomi fisici della malattia terminale, ma anche quelli mentali, come depressione e sofferenza psichica. Per sedazione terminale si intende dunque: l'induzione deliberata e protratta di un sonno profondo qualora non ci sia altro modo per alleviare i sintomi refrattari: lo scopo della sedazione è il sollievo e non direttamente la morte del paziente. Secondo Shea (1997-2004) e Bonito e altri (2004) l'aggettivo «terminale» è ambiguo, ed è quindi preferibile definire la sedazione come palliativa (o totale), perché l'aggettivo terminale può denotare sia la condizione del paziente, sia lo scopo di terminare la sua vita. L'ammissibilitàmorale della medicina palliativa è abbastanza diffusa.

Accolgo l'idea che sia giusto mitigare il dolore senza discuterne. Discuterò invece sulla possibilità di considerare moralmente equivalenti la sedazione palliativa e l'eutanasia. È indubbio che l'eutanasia suscita una reazione emotiva intensa, spesso di condanna. Soprattutto la cosiddetta eutanasia attiva. Non mi interessano le credenze personali o le prese di posizione non giustificate: esistono buone ragioni per rifiutare l'equivalenza tra sedazione palliativa ed eutanasia.

Eutanasia e sedazione totale

È importante ricordare che è stato riconosciuto, anche giuridicamente, come fondamentale il diritto di rifiutare le cure, perfino in quelle circostanze in cui tale rifiuto conduce alla morte. Quanto intendo dimostrare è che non esiste una differenza moralmente rilevante tra eutanasia e sedazione palliativa, almeno in alcune circostanze che indicherò. Secondo il celebre argomento di James Rachels (Rachels 1986) c'è una equivalenza morale tra eutanasia attiva e passiva, che poggia sulla molto controversa equivalenza morale tra uccidere e lasciar morire. Dal punto di vista morale non esisterebbe differenza tra una azione e una omissione che abbiano come risultato consapevole lo stesso effetto: sopprimere intenzionalmente una persona e guardarla morire senza intervenire sono «atti» condannabili moralmente alla stessa stregua.

Rachels ci invita a riflettere sul caso di un uomo pasciuto e in buona salute che non offre il suo panino a un bambino denutrito ed evidentemente sofferente: non è forse costui un mostro morale alla pari di chi stringe le mani al collo di qualcuno fino a provocarne la morte? In ogni caso, in ambito medico la distinzione tra uccidere e lasciar morire è difficile da tracciare con nettezza. Ciò che è inequivocabile è che omettere non è «un luogo neutro» in cui nascondersi. Non agire non mette al riparo dalla colpevolezza (l'omissione di soccorso). Secondo Bonito e altri (2004) non esiste una differenza rilevante in termini di sopravvivenza tra i pazienti sedati e quelli non sedati. Pertanto la morte non viene accelerata, bensì si cerca soltanto di permettere che il decesso del paziente avvenga senza sofferenza.

L'intento sarebbe esclusivamente palliativo. Questa sarebbe una ragione contro l'equivalenza. Però: almeno nelle circostanze in cui per ottenere la sedazione si induce al paziente uno stato di incoscienza, incoscienza che permane dal momento della sedazione fino al momento della morte, che senso ha quel tempo? Non è equivalente (anche dal punto di vista soggettivo) morire oggi piuttosto che tra 4 giorni, se quei 4 giorni sono privi di ogni barlume di autocoscienza? E, dal punto di vista morale, indurre in un paziente uno stato di definitiva e totale assenza di vigilanza non è equivalente a provocare la sua morte qui ed ora? Soprattutto in Italia, in cui anche le cure palliative e la sedazione palliativa sono pratiche poco diffuse e poco note, non è possibile pronunciare la parola «eutanasia» senza incorrere in condanne quasi assolute e in reazioni emotive di scandalo (1). E i più tolleranti ammettono l'eutanasia cosiddetta passiva ma innalzano barricate di fronte a quella attiva. Le ragioni razionalmente sostenute difettano. E a ben guardare ci troviamo di fronte a una serie di classi contigue priva di steccati solidi e inamovibili. Una volta ammessi il diritto di rifiutare le cure, la condanna dell'accanimento terapeutico, la moralità delle cure palliative e della sedazione totale, è difficile cementare un muro di cinta per tenere fuori l'eutanasia. Si pensi per esempio al caso di un paziente cui si decida di «staccare la spina» perché si è stabilito che è moralmente preferibile lasciarlo morire (interrompendo i trattamenti) piuttosto che prolungare una condizione disperata e senza alcuna prospettiva. Le premesse di una simile decisione sono:

1)avere giudicato preferibile la morte per quel paziente piuttosto che la sopravvivenza;

2)avere giudicato moralmente ammissibile sospendere i trattamenti (medici e/o di alimentazione e idratazione artificiali), con la consapevolezza che tale sospensione avrebbe preluso alla morte; si può anche parlare di rifiuto dell'accanimento terapeutico.

Molti sono disposti ad accettare una decisione basata sui punti 1) e 2), ma rifiutano con ardore la proposta di porre fine intenzionalmente e direttamente alla vita del nostro paziente tramite una azione volontaria (una iniezione letale, per esempio). Ma a ben guardare non ci sono ragioni per condannare l'intenzionale uccisione del paziente, se non ci si è opposti allo staccare la spina (2). E poi staccare la spina è una azione e non di certo una omissione. Infatti, in base al punto 1) non esiste una differenza moralmente rilevante tra la morte del paziente avvenuta mercoledì per omissione e la sua morte avvenuta la domenica precedente in seguito ad una azione. Anche nel primo caso la morte è l'unica prospettiva (se si escludono i miracoli) per il paziente, che spesso è incosciente e non ha alcuna percezione mentale di quanto sta accadendo. Quel tempo soggettivamente inesistente, allora, che senso può avere? E se invece il tempo è denotato da una sofferenza percepita più o meno intensamente dal paziente, non è forse più morale interromperla? Non dimentichiamo che lo sfondo è sempre la morte imminente del paziente, l'irreversibilità del suo male e l'assoluta assenza di prospettive di guarigione. Sembra essere soltanto l'ipocrisia la ragione per rimandare la morte di un condannato (non è il paziente a chiederlo, si badi: in questo caso la sua volontà sarebbe ovviamente l'unico binario da seguire). Per di più, spesso la sospensione dei trattamenti comporta una morte lenta e straziante per chi la osserva (benché il morente non ne sia consapevole). I medici e le persone che sono legate al moribondo assistono a una agonia che non ha nessuna ragione medica, umanitaria o morale. A volte ci vogliono giorni, settimane. Qual è l'ostacolo morale che sbarrerebbe la strada a un intervento attivo che induca la morte di un paziente immediatamente dopo la decisione che per lui sia preferibile morire?

Ringraziamenti

Desidero ringraziare Simona Giordano e Giuseppe Regalzi.

Bibliografia

Bonito V. e altri, «La sedazione nelle cure palliative neurologiche: appropriatezza clinica ed etica», Limen, 2004. (www.limen.biz/ftp/downloads/3/SedationinPalliativeNeurologicalTreatmentsNeurolSc05.pdf)

Shea John B., «Killing me softly», Lifeissue.net, 1997-2004 (http://www.lifeissues.net/writers/she/she_04palliativecare.html)

RachelsJ., The End ofLife. Euthanasia and Morality, Oxford University Press 1986; trad. it. La fine della vita, Sonzogno, Milano 1989

Taylor M.R., «Is Terminal Sedation Really Euthanasia?», Medical Ethics, 10, 1, pp. 3 e 8, 2003.

Note

(1) Esistono senza dubbio anche spiegazioni emotive nella condanna verso l'eutanasia. Secondo Shea (1997-2004): «La sedazione totale è anche "caratterizzata come 'uno strizzare l'occhio all'eutanasia da parte della società", e "come un meccanismo di difesa psicologica per gli operatori delle cure palliative, che permette loro di concentrarsi sull'induzione farmacologica di incoscienza nei malati terminali, piuttosto che sulla consapevolezza di porre fine attivamente alla vita di qualcuno"».

(2) Non mi soffermo in questa sede a valutare le eventuali buone o cattive ragioni per considerare immorale l'eutanasia passiva.

Chiara Lalli è esperta di bioetica e collabora presso il Dipartimento di Filosofia, Scienze Umane e Scienze dell'Educazione dell'Università «G. D'Annunzio» di Chieti.

SAPERE - AGOSTO 2006 PAG. 57


Luigi Cascioli ce ne ha informato in una e-mail del 31 agosto 2006:

Gabon: un pastore annega volendo imitare Gesù.

Libreville -  Un giovane prete di una setta religiosa chiamata “Chiesa del Risveglio” (pentecostista) è annegato lunedì su una spiaggia di Libreville volendo camminare sulle acque per imitare il Gesù Cristo della Bibbia.

Secondo il quotidiano governamentale L’Unione, che riporta la notizia, il prete di origine camerunese, seguendo una rivelazione, si è accinto ad attraversare l’estuario di Komo, che separa Libreville da Punta Denis, camminando sulle sue acque. Appena messi i piedi sulle onde, il servitore di Dio è subito colato a picco in presenza del fotografo e dei fedeli che aveva preso come testimoni del miracolo.

Le Chiese pentecostite, spesso d’ispirazione americana, si sono moltiplicate nel Gabon a partire dagli anni 90 raggruppando circa 120.000 fedeli. I pastori garantiscono ai loro seguaci che è soltanto attraverso la fede che possono ottenere non solo i benefici spirituali ma anche quelli relativi alla professione, all’amore e alla ricchezza. Pretendono inoltre di poter compiere, sempre attraverso la fede, ogni sorta di miracoli e di guarire tutte malattie, dal semplice raffreddore all’AIDS.

Quanto sarebbe salutare per l’umanità se tutti preti dimostrassero la loro fede seguendo l’esempio del reverendo pentecostita, ma essi preferiscono al Gesù che cammina sulle acque quello in cui dice: <<Lasciate che i pargoli vengano a me>>.(Mc. 10,14). 


da "Diario", circa maggio-giugno 2006:

Fare l'amore di questi tempi: Padri nostri

di Luca Fontana 

Un film americano racconta con sobrietà «la vita segreta della Chiesa» e lo scandalo dei preti pedofili, ho visto un bel film che gli italiani non hanno visto e forse non vedranno. Our Fathers, realizzato l'anno scorso per la televisione da un regista di culto nel genere horror e angoscioso, Dan Curtis. Tratto dall'ottimo libro inchiesta di David France, giornalista del News, Our Fathers: The Secret Life of the Catholic Church in an Age of Scandal spiega con sobrietà narrativa l'enorme scandalo dei preti (e anche alcune suore) pedofili che ha scosso la Chiesa cattolica degli Stati Uniti e ha investito ben altri 38 Paesi. Alcune cifre possono dare un'idea dell'entità nei soli Stati Uniti. Iniziato con la denuncia da parte di una vittima ormai adulta e con l'arresto di un parroco della diocesi di Boston, alla conclusione dei processi dava i seguenti risultati: 11 mila denunce, 4 mila preti condannati, più di 100 mila bambini molestati e la diocesi di Boston condannata a pagare risarcimenti per 85 milioni di dollari e costretta a dichiarare fallimento. Il film - il cui titolo è parodia dell'incipit del Pater noster in inglese - schiva abilmente la via facile del courtroom drama e si concentra su due temi: la sofferenza e l'umiliazione delle vittime e, fondamentale aspetto politico, il conflitto tra i meccanismi della democrazia americana - società «aperta» per eccellenza - e la Chiesa cattolico-romana, società gerarchica e totalitaria, tendente a considerarsi al di sopra della giurisdizione degli Stati ospiti. Da un lato le associazioni spontanee delle vittime, poi un buon avvocato che ha l'intuizione geniale che un'associazione gerarchica e totalitaria non può essere chiamata in giudizio come persona giuridica e che è quindi necessario chiamare a risponderne il capo della gerarchia, ossia il cardinale Bernard Law, arcivescovo di Boston. Accanto e a sostegno di questi, una stampa libera con in testa il più antico e autorevole giornale americano, il Boston Globe e, non ultimo fattore del buon esito, un ottimo giudice donna. Sul fronte opposto, un organismo medievale, presieduto da una gerarchia maschile decrepita per età e per idee, che per più di vent'anni, su ordini sovrani provenienti da Roma, ha affossato e sepolto le proprie responsabilità spostando di parrocchia o di diocesi i preti accusati. Negli ottimi materiali contenuti nel bonus del dvd, un intelligente prete, padre James Martin SJ, direttore di America Magazine, la più importante rivista della Compagnia del Gesù - ordine inviso a Ratzinger che dietro le quinte fu il gestore di tutta la vicenda per conto di Giovanni Paolo II -definisce lo scandalo «la più grave crisi che la Chiesa cattolica abbia dovuto affrontare dopo la Riforma».

In Italia, dato il servilismo congenito di quasi tutti i media, l'entità della crisi non è apparsa tale. Il cardinal Law, poco prima della condanna, fu richiamato a Roma, nominato arciprete di Santa Maria Maggiore, e in tale qualità è stato tra gli organizzatori e i concelebranti delle fastose esequie mediatiche di Giovanni Paolo Ii Tra il clero italiano - stranamente rimasto intatto da ogni sospetto -circola la teoria ufficiale, ossia la mela marcia e il barile, senza che mai si sollevi domanda alcuna sul nesso tra celibato imposto e perversioni sessuali. La censura, formale o informale, continua. Il film da noi non ha trovato distribuzione.


Con il consenso dell'autore riportiamo la seguente testimonianza (luglio 2006):

Riappropriamoci della nostra identità di esseri umani pensanti

Nella seconda metà degli anni ’60, nascere in una piccola cittadina di provincia da genitori di cultura media significava nella pressoché totalità dei casi, essere battezzati e crescere secondo i dogmi e la morale imposti dalla Chiesa Cattolica. Le condizioni economiche non particolarmente agiate di un’Italia ancora in fase di sviluppo da boom economico, non permettevano ad un genitore di potersi assentare dal lavoro per poter seguire la prole, tanto meno di poter ricorrere a strutture private di taglio laico che potessero assicurare ai propri figli un’adeguata sistemazione durante le ore lavorative, non essendo a quel tempo, ancora particolarmente sviluppati i sevizi sociali statali (che comunque non sempre, anzi quasi mai riuscivano a mantenere la propria identità distaccata da un’impostazione di tipo cattolico). Per questo si ricorreva all’ausilio di strutture ed associazioni di taglio religioso, dove chiaramente gli ospiti venivano “formati” secondo i rigidi dettami delle leggi “divine” ed adeguatamente indottrinati.

Questo, in linea di massima, è il quadro generale della mia infanzia, tutt'altro che infelice, ma decisamente significativo per quanto concerne la mia formazione psicologico-culturale. Per mia fortuna a quel tempo lo sviluppo anche a livello urbanistico delle città come quella in cui sono nato permettevano ancora ai bambini, ragazzi ed adolescenti di poter giocare nelle strade o nei cortili senza dover necessariamente ricorrere a strutture rigidamente organizzate come collegi o oratori. Pertanto, esclusi i tre anni di asilo dalle suore (soggiorno peraltro abbastanza scioccante, dove l’amore predicato contrastava palesemente con i metodi repressivi piuttosto “fisici” utilizzati), mi sono sempre ritrovato a giocare per strada con i miei coetanei, senza dover subire l’indottrinamento forzato imposto dalle regole di convivenza dettate dagli oratori durante gli anni che vengono reputati più “pericolosi” per quello che riguarda il condizionamento (tra i 5 e i 10).

A proposito dei metodi discutibili utilizzati dalle suore mi ricordo ancora oggi come un mio sfortunato compagno di asilo fosse stato legato alla sedia per mezza giornata perché troppo vivace o di un altro al quale fu incollata sulla propria lingua una finta lingua di carta colorata rossa, perché colpevole di aver parlato troppo o quell’altro al quale furono fatti mangiare dei gessetti da lavagna per essersi permesso di utilizzarli senza il consenso delle “sorelle”. Nonostante tutto era logico che la cultura Cattolica avrebbe per un periodo avuto la meglio su di me, anche se, per mia fortuna e senza una apparente spiegazione logica, ho sempre vissuto il tutto con un certo senso di imbarazzo o quantomeno di disagio rispetto a quanto mi si voleva far credere. Dopotutto io non ho mai provato nessun trasporto mistico verso una qualunque divinità, non provavo nessuna delle sensazioni che mi si diceva avrei dovuto provare, non sentivo nulla di particolare succedere in me ed uscivo dalle funzioni, dagli esercizi spirituali imposti, dalle novene e dalle Messe, esattamente nello stesso modo in cui ero entrato, non mi sentivo assolutamente purificato dalle confessioni, durante le quali tra l’altro non mi sono mai nemmeno sognato di raccontare le mie vicende più intime (e perché mai avrei dovuto?). Tutto questo in effetti iniziava a far nascere in me dei forti dubbi e a formare il mio carattere da contestatore che mi avrebbe accompagnato da quel momento in poi. Ma per il momento la grande cappa Cattolica continuava a pesare su di me tant’é che dai 13 anni in poi iniziai a frequentare assiduamente l’oratorio, non tanto per convinzione ma quanto per mantenere le amicizie che iniziavano a frequentarlo o i compagni di scuola che lo avevano sempre frequentato e che io non vedevo se non durante le lezioni proprio a causa della mia assenza da certi luoghi. Questa frequentazione durò inspiegabilmente (alla luce della mia attuale condizione atea) diversi anni, divenendo sempre più solida, alimentata da un mio interesse per la musica che riuscivo a coltivare all’interno del gruppo in maniera abbastanza soddisfacente.

Nonostante questo coinvolgimento piuttosto marcato, la mi vena contestatrice non si placava e continuavo a pormi dei dubbi che non venivano minimamente dissipati nel momento in cui azzardavo delle richieste di chiarimenti ai sacerdoti con i quali ero in stretto contatto. Anzi, il tutto si faceva sempre più nebuloso a causa delle risposte letteralmente evasive e fuorvianti che rimandavano le ragioni dei miei dubbi a discorsi basati sulla fede (cieca) e sul “ perdere la corretta via”. Il lato dolente di tutto ciò era particolarmente rappresentato dal fatto che purtroppo i miei compagni erano pressoché totalmente schierati dalla parte della Chiesa ed iniziavano a vedermi un po’ come la pecora nera del gruppo, il contestatore, quello “strano”, mentre io vedevo crescere dentro di loro il tarlo del senso di colpa, che li rendeva lentamente ma incessantemente schiavi della morale distorta alla quale facevano continuo riferimento ed alla quale venivano costantemente richiamati.

Non ci volle molto per farmi sentire completamente fuori luogo, disadattato e se in un primo momento questa condizione di “outsider” poteva anche essere fonte di una piacevole sensazione di non appartenenza ad una filosofia nella quale non mi riconoscevo, presto divenne causa di disagio, di inadeguatezza e senso di rifiuto da parte degli altri (alla faccia dell’amore fraterno incondizionato). Chiaramente per me sarebbe stato masochista e ipocrita continuare a frequentare la Chiesa e le sue contraddizioni.

Così non fu per molti altri, purtroppo.

Nell’età adulta, cambiate le amicizie e gli ambienti, sono comunque rimasto in contatto con alcune persone che ho continuato a reputare valide al di là delle proprie convinzioni religiose e devo dire che ho tristemente avuto modo di verificare che quanto da me percepito e temuto si era palesemente manifestato. Il senso di colpa aveva lavorato profondamente ed il risultato di questo lavoro era adesso sotto i miei occhi: coppie forzatamente legate tra loro da vincoli tutt’altro che sentimentali, sessuofobia diffusa, cure psichiatriche e/o psicoterapeutiche votate all’eliminazione di sindromi scaturite da repressioni di varia natura, rapporti sentimentali devastati dal fanatismo religioso.
“Eppure”- continuo a domandarmi – “sono persone intelligenti, hanno una certa cultura, quasi tutte hanno avuto modo di beneficiare di una preparazione universitaria ed hanno successo in campo professionale. Come fanno a non capire? Come fanno a considerare infallibile un uomo che si permette di giudicare con frasi razziste la qualità dell’amore, che opera distinzioni tra i sessi, che si domanda - egli stesso, capo della Chiesa - dov’era il suo Dio mentre la Chiesa stessa chiudeva gli occhi davanti agli stermini dell’olocausto? Come fanno a non capire che una persona alla quale è stata data una gigantesca valenza comunicativa non si può e non si deve permettere di lanciare dei messaggi minacciosi contro l’uso dei profilattici? Come fanno a non comprendere che sono azioni che vanno contro la stessa morale che pretenderebbero di insegnarci?”

Purtroppo il triste segreto che cela la risposta a questa domanda è da trovare nei meandri dell’inconscio, in quella parte di noi che viene malamente condizionata in un’età nella quale siamo pressoché indifesi ed assorbiamo come spugne le imposizioni impartite attraverso violenze psicologiche perpetrate da chi si professa fonte di libertà, baluardo del bene, amore e comprensione.

Possiamo reagire, dobbiamo reagire, riappropriarci della nostra identità di esseri umani pensanti.

Fabio Milani


Axteismo ci segnala in e-mail il 22 giugno 2006 l'ulteriore sviluppo della azione legale di Luigi Cascioli, e questa volta non possiamo non commentare che veramente si è giunti alla parodia di "giustizia": un terzetto di bast...di giudici di parte ha aggiunto il danno alla beffa e ha addirittura multato Cascioli. Naturalmente siamo solidali con Cascioli nella sua decisione e lo appoggiamo nella sua lotta

Cascioli multato: impudenza a chiedere della storicità di Cristo

Sentenza della Corte d’Appello di Roma sulla ricusazione del Giudice Mautone
fatta da Luigi Cascioli il giorno 29/4/ 2005

 

LA CORTE D’APPELLO DI ROMA
SEZIONE QUARTA PENALE

 

 

 

Composta dai Signori Magistrati:
Dott. Enzo Rivellese Presidente
Dott. Gian Paolo Fioroli Consigliere
Dott. Dario d’Onghia Consigliere

 

ORDINANZA

 

Sulla ricusazione di Luigi Cascioli in data 29/4/2005 da Cascioli Luigi nei confronti del Giudice Mautone presso il Trib. Di Viterbo.

 

La richiesta di Luigi Cascioli non è accettabile:
1) Luigi Cascioli non può proporre ricusazione perché egli non è persona, come si è dichiarata, ma bensì parte offesa.
2) La sua seconda denuncia è uguale alla prima.
Comunque la Corte si sente in obbligo di sottolineare la singolarità, per non dire altro, delle denuncie del Cascioli, il quale tra l’altro, ha spinto la propria impudenza fino a chiedere che si procedesse ad accertamenti tecnici finalizzati a stabilire la storicità della figura di Cristo.
La totale inammissibilità impone una pena pecuniaria al massimo della legge.

 

P.Q.M.

 

Visti gli articoli 37 e segg. c.p.p. Dichiara inammissibile la ricusazione proposta da Cascioli Luigi nei confronti del Giudice Gaetano Mautone e lo condanna al pagamento della somma di Euro 1.500 in favore della cassa delle Ammende.
Così deciso a Roma il 26/05/2005

 

L’ingiunzione di pagamento è pervenuta il 12 giugno 2006.

 

TRIBUNALE DI VITERBO
N° 633/05 REG.REC.CRED.
INVITO AL PAGAMENTO

 

Si informa che con ordinanza emessa in data 26/05/2005 Cascioli Luigi è stato condannato a pagare un’ammenda di Euro 1500 + spese di giudizio 16 = tot. 1516. La somma deve essere versata entro dieci giorni dalla notifica.

 

::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::

 

Commento e decisione di Cascioli

 

Poiché ritengo che l’avermi sanzionato con il massimo dell’ammenda per aver chiesto accertamenti sulla figura storica di Cristo sia un vergognoso abuso di autorità contro ogni diritto di espressione e di libertà intellettuale, mi rifiuto di pagare. “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero” è sancito dall’articolo 21 della Costituzione della Repubblica Italiana. Gli sviluppi derivanti da questa mia decisione saranno puntualmente comunicati.

 

Luigi Cascioli


Riceviamo in e-mail da Luigi Cascioli il 4 Giugno 2006 e volentieri pubblichiamo:

Questa e-mail è un invito ad unirsi al movimento promosso da Ennio Montesi sotto il nome di Axteismo che io personalmente ritengo essere, per la decisione e la sincerità che dimostra, il più valido di quanti sono stati fino ad ora costituiti. 

Luigi Cascioli.

 <<La Chiesa sta suonando la grancassa della dottrina, fin quando la campana suonerà anche per lei>>

Intervista a Ennio Montesi richiesta da un giornale e censurata. Eccola integrale:

Domanda: Cos'è l'Axteismo?

Montesi: L’Axteismo è un movimento illuminista internazionale di libero pensiero che non riconosce la Chiesa cattolica, né il cristianesimo e rifiuta tutte le religioni. E’ nato in Italia spontaneamente e si è esteso in Spagna, Gran Bretagna, Francia, Belgio, Svizzera, Germania, Olanda, Canada, Polonia, Croazia e si sta diffondendo in altre nazioni. Il nome Axteismo è un neologismo che unisce il termine germanico “axt” ascia al termine “theós” dio, in sintesi “si tagli la testa a Dio”. Potrebbe apparire un’affermazione forte e cruda, ma al di là del contenuto simbolico e assolutamente non violento, avevamo bisogno di un nome chiaro da dare al movimento per evitare dubbi e ambiguità. Tagliare la testa a dio è impossibile in qualsiasi modo ci si ponga da ateo o da credente. Solo in seguito abbiamo notato che nel nome Axteismo è presente anche il termine “ateismo” più chiaro di così. Mesi fa si svolse il “Primo Congresso Laico sul Cristianesimo”, nel quale erano presenti importanti cristologi, storici e studiosi del tema. E’ in quell’occasione che abbiamo percepito che stava nascendo qualcosa di nuovo, un movimento che coagulasse oltre che i fatti storici anche le idee. L’Axteismo si rivolge alla totalità degli abitanti del pianeta senza distinzione, alle persone che vogliono la libertà di poter vivere senza l’assillo opprimente e irrazionale delle religioni e delle loro paccottiglie. Persone che esigono di vivere in uno Stato veramente al di sopra delle dottrine religiose, uno Stato attento a non subìre le loro influenze nefaste. E’ appurato che le religioni, per potere sopravvivere a se stesse, devono possedere al proprio interno i germi devastanti della violenza, della discriminazione, del fondamentalismo, del terrore e della morte. Senza questi elementi nessuna religione attecchirebbe.    
Basta sfogliare qualche pagina di storia del passato e qualche pagina di giornale del presente per rendersi conto che la solfa non è cambiata: là dove c’è religione non esiste libertà di espressione né di pensiero, né democrazia. I governi che chiudono un occhio dando spazio alle religioni sono sempre di meno poiché hanno capito quale irrazionalità di concetti, l’assurdità dei dogmi e quali conflitti dannosi portino all’interno delle società. Ognuno - se ciò lo fa sentire meglio - è libero di professare e credere a ciò che vuole, ma lo Stato deve restarne fuori e le religioni non debbono entrare mai nello Stato. In nessun modo.

 Domanda: Chi sono i teorici dell'Axteismo?

Montesi: Non ci sono teorici nell’Axteismo, diciamo che ci sono persone, intellettuali, studiosi, ricercatori che parlerebbero volentieri di questi argomenti se si offrisse loro un microfono aperto e una telecamera accesa. Ci sono persone che scrivono da anni, dimostrando, che il personaggio Gesù detto il Cristo non è mai esistito, ma è un’invenzione della Chiesa cattolica, come Pinocchio è un’invenzione di Collodi, con la grave differenza che il primo viene spacciato per storia vera a miliardi di persone sovrapponendo la fantasia a danno della realtà. Purtroppo di questi temi, ancora, non è possibile parlarne in dibattiti televisivi con contraddittori insieme ai ministri della Chiesa. Nessun giornalista e direttore di testata ha ancora avuto il coraggio di fare ciò. I rappresentanti della Chiesa sono abituati, in questo Stato teocratico di nome Italia, a fare monologhi coi conduttori che annuiscono, come se fossimo un popolo di imbecilli che ragiona con la testa altrui. Questo è un grave errore della Chiesa e continuando a suonarsi da sola l’unica grancassa della propria dottrina, arriverà a suonarsela anche quando la sua fine sarà vicina.

Domanda: Quali sono i paesi in cui sta avendo maggior seguito e quante persone attualmente vi hanno aderito?

 Montesi: Sono tantissime le adesioni e messaggi di sostegno che sono pervenuti e stanno pervenendo di continuo. Ci ringraziano appassionatamente, chiedono delle attività, offrono aiuti ognuno come può. Insomma, l’Axteismo è in pieno divenire. Tutte le nazioni europee hanno dimostrato interesse. Siamo rimasti sbalorditi dall’ampio consenso ricevuto dalla Polonia e dall’interesse su alcuni fatti.
Un ministro della Chiesa è stato querelato dallo studioso Luigi Cascioli per i reati del codice penale “abuso della credulità popolare” e “scambio di persona”. Questo perché un prete ha scritto su un bollettino parrocchiale che Gesù è nato da Maria e Giuseppe, nato e vissuto in carne ed ossa. Un processo storico così grande da rendere insignificante quello di Norimberga, un processo di cui si dovrebbe avere notizia ogni giorno sulle prime pagine dei giornali. Invece la cosa viene soffocata e censurata, l’opinione pubblica non deve sapere. Un processo che potrebbe segnare la fine della Chiesa cattolica e spazzare via 2000 anni di dottrina, in pochissimo tempo, una sciocchezza di notizia quindi.
 C’è poi la vicenda della condanna a sette mesi di carcere inflitta al giudice Luigi Tosti per aver chiesto – applicando la Costituzione italiana – la non discriminazione religiosa dei cittadini eliminando il crocifisso dai luoghi pubblici oppure l’affissione anche degli altri simboli religiosi tra i quali la menorà ebraica e i simboli atei. Queste vicende destano grande interesse oltre confine poiché vengono combattute a colpi di “Storia” e di “Costituzione italiana” e non in diatribe teologiche dogmatiche impalpabili. La stampa estera è attenta e interessata mentre quella italiana – tranne pochissimi casi - si è dimostrata omertosa. Colgo l’occasione di questa intervista per rilanciare ai cardinali Camillo Ruini, Giacomo Biffi oppure al vescovo Flavio Roberto Carraro o chiunque altro ministro, la nostra disponibilità ad aprire un pubblico dibattito storico. I network televisivi potrebbero mettere a disposizione uno spazio adeguato. Quale occasione migliore per i ministri della Chiesa per dimostrare finalmente la veridicità di quanto asseriscono. Si spera che i ministri siano preparati sulle loro dottrine, di cosa hanno paura? Potrebbero dimostrare che loro hanno ragione e noi axtei torto, portando acqua al loro mulino. Noi axtei siamo disponibili sin da subito ad un confronto intellettualmente alto, ma chiaro. Tema: “Cristo è esistito oppure no?”.

Domanda: Perchè avete sentito il bisogno di fondare un nuovo movimento laico?

Montesi: Dare del “laico” al movimento Axteismo è molto riduttivo e per non cadere nei tranelli tesi dai soliti volponi preferiamo dire movimento “Axteo” con derivazione atea. Ci contattano persone che vorrebbero iscriversi come si usa nei movimenti politici, persone che vorrebbero dare soldi in cambio di una tessera o di un abbonamento a qualche giornalino. Nel movimento Axteismo non ci si iscrive poiché non è costituito con un pezzo di carta dinanzi al notaio. E’ come se uno volesse iscriversi al movimento del Rinascimento o dell’Illuminismo, impossibile. Ci si “iscrive” idealmente nel momento in cui le idee del movimento combaciano in qualche modo con la propria volontà e la coscienza di cambiamento sociale, cambiamento che ricerchiamo con grande forza.

Domanda: Cos'è che non va nelle tre grandi religioni monoteiste?

Montesi: Discriminazione, angoscia, odio, oscurantismo, terrore, morte. Possono bastare?

Domanda: Cosa proponete?

Montesi: Proponiamo di riprenderci le nostre vite e la nostra Società, sottraendola dalle mani lunghe del clero e dalle altre ingerenze religiose. Lo Stato è dei cittadini, non dei preti. Prima di ogni cosa dimostreremo che la terra è sferica e non piatta, cioè che la dottrina cattolica ha basato tutto sul personaggio inventato chiamato Cristo. Poi approfondiremo le cause teoriche dei danni provocati dalla dottrina del cristianesimo sulla personalità e sulla salute dei bambini e degli adulti. Ci muoveremo all’interno della Commissione europea, delle Nazioni Unite, dell’Ordine Mondiale della Sanità e verso alcuni Governi europei che si sono fatti avanti. Eviteremo di perdere tempo col Governo italiano di qualsiasi schieramento esso sia, a meno che non ce lo chieda con serietà, avendo constatato che i parlamentari – tranne una manciata di casi sporadici - non muovono un dito per difendere l’ “axteismo dello Stato”, non ho detto “laicità”.

Domanda: Perché (se ovviamente lo ritiene importante) è importante sbattezzarsi?

Montesi: Sbattezzarsi significa dare due segnali forti e chiari, uno alla Chiesa cattolica (in questo caso ma potrebbe essere verso altre confessioni) e l’altro allo Stato. Sbattezzarsi significa cancellare il proprio nome dalla Chiesa, cioè dalla lista dei cattolici, come cancellarsi da un partito. Alla Chiesa interessa molto il numero annuo dei battezzati poiché grazie a quel numero potrà avanzare richieste allo Stato italiano e non solo, ad esempio sul Concordato, sull’8x1000 e tutti i privilegi inauditi presi a mani piene. La procedura è semplice, si invia al prete della parrocchia dove si è stati battezzati una lettera raccomandata con alcuni riferimenti di legge (il fac-simile è anche sul sito). Il prete è tenuto, entro un paio di settimane, ai sensi di legge ad esaudire la richiesta; in caso contrario ci si potrà rivolgere alla Procura della Repubblica.

Domanda: Come vi ponete nei confronti della scienza e nello sviluppo delle tecnologie?

Montesi: La scienza, la tecnologia e la ricerca siano le benvenute. E’ grazie a loro se viviamo di più e riusciamo a curarci meglio.

Domanda: Quali sono i rapporti tra l'Axteismo e la politica? Ossia, come vi ponete nei confronti dei vari partiti di destra e di sinistra?

Montesi: Quando nasce un movimento di libero pensiero che attraversa le coscienze, le intelligenze dei cittadini, è la politica che deve adeguarsi al cambiamento e anche in fretta altrimenti si ritroverà isolata. Quando un popolo comincia a prendere coscienza che serve un cambiamento e la politica resta inerme, è una politica che ha fallito. Diventa difficile per un movimento di idee di cambiamento radicali guardare ai partiti di sinistra o di destra dato che non hanno avuto un processo di maturazione interna. Entrambi hanno idee obsolete e riscaldate che ripropongono nella propria bancarella. Gli uomini che li rappresentano sono vecchi di testa, insomma tirano a campare e per campare sappiamo bene verso chi debbono genuflettersi. Questo fatto della politica è per l’Axteismo marginale a meno che non si identifichino voci forti e significative. Al movimento di idee Axteismo non servono i soliti consensi. Non siamo un partito che deve piazzare i propri uomini nelle poltrone in base al numero di voti acquisiti. Per avere consensi la politica svende pezzi di se stessa ogni giorno ingannando le aspettative e le promesse fatte alla gente. Per dimostrare che la terra è sferica, alias Cristo non è mai esistito, non abbiamo bisogno di consensi di popolo. Le equazioni storiche si dimostrano coi fatti e non le “X” messe su una scheda elettorale. Einstein non ha avuto bisogno di consensi per dimostrare la teoria della relatività.

Domanda: Che tipo di iniziative intendete portare avanti per farvi conoscere e far valere le vostre motivazioni?

Montesi: Faremo congressi nelle università e nelle scuole che avranno il coraggio e l’ardire di invitarci. Considerato che i vari network televisivi e radiofonici non si azzardano a darci spazio e permetterci di parlare, forse metteremo su una nostra televisione satellitare e magari un giornale, vedremo.

Domanda: La vostra è una battaglia per la democrazia?

Montesi: E’ la battaglia per la democrazia con la “D” cubitale. Quella democrazia di cui sempre si parla ma che, in concreto, nessuno vuole. La “democrazia di idee” è il livello più elevato della società democratica, è la perfezione della democrazia. Siamo entrati in una nuova fase storica e, come diceva Bach, “la vera libertà consiste nel dare la libertà”.

enniomontesi@tiscali.it

Ennio Montesi, autore di “L’uomo a metà” (Il Ventaglio Editore, 1986 esaurito), “Meloe” (Alfredo Guida Editore, 1995).

http://www.unilibro.it/find_buy/product.asp?sku=30268&idaff=jhxzajqrugcd

Autore di soggetti per il cinema e la televisione. “Racconti per non impazzire” sono stati scritti su richiesta di Federico Fellini. Egli ebbe uno scambio epistolare con lo scrittore statunitense Henry Roth, il quale scrisse e dedicò a Montesi il racconto "Prose-writer’s Threnody". Il carteggio, valutato dalla migliore critica internazionale come rilevante evento letterario, è stato recensito e discusso su testate giornalistiche europee ed americane. American Jewish Historical Society, New York: http://www.cjh.org/nhprc/HenryRoth02.html

Axteismo, No alla chiesa, no alle religioni
Movimento Internazionale di Libero Pensiero
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per aderire e per informazioni:
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tel. +39 3393188116

 


da La Repubblica del 29 Maggio 2006, pagina 6:

Il nipote di Modigliani rimuove il simbolo di Cristo

Ha tolto personalmente il crocifisso dal muro "per garantire l'assoluta neutralità del seggio elettorale". Enrico Modigliani, classe '37, ex presidente di Federlazio, ex parlamentare del Pri, nonché nipote del premio Nobel per l'economia Franco Modigliani, ha riacceso cosi la polemica sui crocefissi nei seggi. Nelle vesti di rappresentante della lista civica "Roma per Veltroni" alla sezione 12 di Roma, nel quartiere Esquilino, ha voluto sottolineare la laicità delle pubbliche istituzioni", richiamando la decisione presa alle scorse politiche dal sindaco di Cornuda, Treviso, che fece togliere tutti i simboli sacri nelle aule elettorali, esempio seguito anche in alcune sedi elettorali di Terni. Immediata la reazione dei partiti della Cdl, che hanno giudicato la rimozione "un fatto grave". Qualche ora dopo però Modigliani ha fatto un passo indietro. E dopo essersi auto-sospeso dall'incarico di rappresentante di lista ha dichiarato: Se tornassi indietro non lo rifarei. Non sono un provocatore. Non mi sono pentito del gesto ma di aver creato problemi alla lista che rappresentavo".

***

Noi pensiamo che Modigliani sia stato in qualche modo costretto, dal putiferio che ne è sicuramente venuto fuori, a "pentirsi", seppur parzialmente. Ovviamente non è stato un provocatore: tutti gli atei e gli agnostici, noi compresi, dovrebbero comportarsi ancora più decisamente. Purtroppo le conseguenze che ne subiremmo, e che alcuni hanno veramente subito, ci fa spesso desistere dal cacciarci in tali "guai"....


Articolo del 27-5-2006 tratto da Repubblica on line www.repubblica.it (le correzioni in rosso sono nostre)

Everest, nudo sul tetto del mondo, 

singolare iniziativa di uno sherpa"

KATHMANDU - Si è completamente spogliato dopo essere arrivato sulla cima dell'Everest. Protagonista dell'insolito episodio uno sherpa nepalese, Lakpa Tharke, che è rimasto nudo per tre interi minuti in condizioni glaciali sulla vetta del monte più alto del mondo, a 8.850 metri. Lo riferisce l'Himalayan Times.

La presidenza del Nepal Mountaineering Association ha sollecitato il governo a prendere provvedimenti contro la guida. Se il fatto venisse confermato, si tratterebbe della prima volta in assoluto che qualcuno improvvisa uno spogliarello sul Tetto del mondo, montagna considerata sacra dai buddisti nepalesi.

Il veterano degli sherpa nepalesi, Ang Tshering, ha detto di non aver avuto conferma del fatto. Però, "se fosse accaduto sarebbe una cosa scioccante ("shockante", se proprio si volesse usare questo orribile anglicismo) perché Sagarmatha (il nome nepalese dell'Everest) è la madre di Dio" e le autorità "dovrebbero imporre strette norme morali per chi vi si avventura".

Intanto, i partecipanti alla cordata sotto accusa si sono detti felici della cosa: "Pensiamo di far inserire l'impresa nel Guinness dei primati", avrebbe dichiarato al giornale uno degli organizzatori.

Nel Nepal ci sono otto delle quattordici montagne più alte al mondo, inclusa la più alta, appunto l'Everest, la cui cima dal 1953 è stata raggiunta da almeno 1.345 persone salite dal versante nepalese o da quello tibetana (tibetano). Ma finora a nessuno era venuto in mente di denudarsi una volta arrivato in vetta

***

La vicenda è un'ulteriore dimostrazione del carattere repressivo e sessuofobico di pressoché qualsiasi religione. Bisognerebbe anche appurare se veramente Ang Tshering ha parlato di "Dio" ("la madre di Dio"..) o questa sia una traduzione dei giornalisti occidentali e cristiani. In ogni caso l'ipocrita dice che le autorità "dovrebbero imporre strette norme morali per chi vi si avventura" ma non si spinge fino alla richiesta di limitare l'accesso a quelle montagne, però (!), per i benefici economici che queste numerose imprese alpinistiche comportano. Siamo sicuri che, per i soldi, i governanti locali accetterebbero ben altro che un'alpinista nudo in cima all'Everest (tra l'altro: a rischio esclusivo della propria vita!)


Da "Aprile on line" del 24 Maggio 2006:

''Siamo tutte lesbiche''

Il senatore di Alleanza nazionale Saia attacca Rosy Bindi. Un coro di proteste da parte del governo e l'ironica risposta della diretta interessata

di Carla Ronga e Marzia Bonacci

"Non credo sia un segreto, non ho nulla contro le lesbiche, ma va chiarito che Rosi Bindi è lesbica. E quindi di famiglia non sa nulla". Questa la presunta grande "rivelazione" esternata dal senatore di Alleanza Nazionale Maurizio Saia, ieri mattina, ospite di una trasmissione in onda su Canale Italia. Parole che, pian piano nel corso della giornata, hanno scatenato la reazione delle varie forze politiche e la replica ironica della stessa ministra, la quale ha commentato così l'accaduto: "Mi dispiace per il senatore Saia ma anche se, per scelta personale, ho rinunciato a sposarmi mi piacciono gli uomini educati, rispettosi delle donne, intelligenti e possibilmente belli. Tutte qualità che il senatore di An non possiede". E poi entrando nel merito dell'insinuazione ha aggiunto: "Vorrei ricordare che non solo va tutelata la sfera privata ma soprattutto non bisogna dire menzogne sulle persone. Non avrei nessuna difficoltà a dichiararmi omosessuale se lo fossi".

In altre occasioni, una buona dose di ironia sarebbe stata più che sufficiente per mettere la museruola alla stupidità. Ma non è questo il caso. Le parole di Saia tradiscono la mentalità discriminatoria, retaggio della sua storia politica, e dimostrano l'imbarbarimento del confronto politico.

Inevitabile, quindi, che le dichiarazioni del senatore suscitassero le proteste delle diverse forze politiche che, in alcuni casi, sono giunte a chiedere unanimemente l'espulsione del parlamentare di An dal partito.

"Gli insulti del senatore Saia a Rosi Bindi sono inqualificabili e semplicemente vergognosi. Non bastano, quantunque siano indispensabili, le scuse personali. Ci attendiamo un provvedimento disciplinare da parte del Gruppo di An per non pensare ad una sorta di complicità politica", chiede con determinazione il vicepresidente di Montecitorio e compagno di partito della Bindi Pierluigi Castagnetti. Gli fa eco, dalle fila dell'opposizione, Franco De Luca, responsabile Enti locali della Dc. "Come nel caso Priebke Alleanza Nazionale smentì con l'espulsione un suo parlamentare, questo è un caso in cui non bastano le classiche scuse al ministro Rosy Bindi". "La Dc - aggiunge De Luca - le esprime con in testa il segretario senatore Gianfranco Rotondi la più totale solidarietà".

Il fatto è che Saia non è solo. Quanta sessuofobia e quanto falso perbenismo alberga nelle file del centrodestra? Non poco, visto che lo stesso Berlusconi ci ha allietato in campagna elettorale con un ritratto stile "piccolo mondo antico" quando, interrogato, si è dovuto esprimere sulla questione delle donne in politica. Una visione crepuscolare, la sua, di donne - madri, fidanzate o mogli intente ad assolvere il loro compito di guardiane del desco familiare. Con questa premessa, francamente, non ci stupiamo che una donna che fa della libertà di pensiero la sua arma migliore e che - orrore - ha l'ardire di scendere alla pari nell'agone politico, finisca per essere classificata come "outsider".

"L'onorevole Saia, non avendo argomenti per contestare l'istituzione di un ministero per le famiglie che riconosca anche i diritti delle famiglie di conviventi, spara a zero su di una presunta omosessualità di Rosy Bindi", afferma Franco Grillini, deputato Ds che agiunge:"Sappiamo che Rosy Bindi non è lesbica, e che se lo fosse non avrebbe problemi a dirlo. Hanno problemi, al contrario, tutti quei parlamentari omosessuali di An e del centro-destra costretti a nascondersi e ad avere una doppia vita". E allora, domanda il deputato della Quercia, "perché Saia non ce ne parla del dramma che vivono? Non è accettabile neppure l'idea che un omosessuale non possa ricoprire la carica di ministro".

Sul fronte delle donne Ds, l'indignazione per le parole usate contro la ministra della Famiglia è perentoria. Per Anna Finocchiaro non meritano commento "le affermazioni volgari e vergognose che il senatore Saia ha fatto a proposito di Rosi Bindi. Ciò che trovo intollerabile, però, è che parole del genere giungano dalla bocca di un senatore della Repubblica". Perciò, scandisce la capogruppo Ds al Senato, "esprimo tutta la mia solidarietà all'amica Bindi. Che per fortuna è troppo intelligente e seria per rimanere ferita da simili dichiarazioni. La sua risposta del resto ne è la testimonianza". Arriva, sempre dalle fila della Quercia, la solidarietà di Vittoria Franco, che accusa: "Saia ha dimostrato ancora una volta che la Destra è capace solo di attacchi beceri, perché non accetta il confronto nel merito". Bindi, ne è convinta la responsabile Cultura dei ds, "ha già dimostrato in passato di essere un ottimo ministro. Lo dimostrerà ancora, lei è la persona giusta al posto giusto, proprio per la grande intelligenza e per la capacità di ascolto e di tolleranza".

Non meno risoluto il compagno di partito della ministra, Giovanni Burtone: "An come tutta la Cdl dovrebbe prendere le distanze dal comportamento del senatore Saia che davvero non può che essere definito fascista. Il volgare attacco al ministro Bindi, basato su falsità, è ancora più grave per l'intolleranza dimostrata. La risposta del ministro è la ferma e civile replica di chi considera la politica davvero un luogo di confronto".

"Queste volgarità andrebbero condannate da tutte le forze politiche. Noi lo facciamo con determinazione e auguriamo al ministro per la Famiglia cinque anni di ottimo lavoro", garantisce Marina Sereni, vicepresidente dell'Ulivo alla Camera. "Nei confronti del ministro Bindi solo bieche insinuazioni dal tono volgare e greve, degne di questa destra arrogante", accusa per i Verdi Loredana De Petris. Titti De Simone scandisce: "Non considero "lesbica" una parola offensiva, anzi. Ciò che offende - puntualizza l'esponente di Rifondazione comunista - è il pregiudizio omofonico che sottende questo attacco".

Un'affermazione, quella di Saia, che ha dell'incredibile non tanto per i suoi contenuti – qualora fosse vero, sarebbe infatti legittimo rispondergli "chi se ne frega" e ricordargli che l'orientamento sessuale rientra nelle sfera inviolabile e intima della vita di una persona – ma soprattutto perché palesa la vera natura di una destra che non solo teme le donne, ma si impaurisce di fronte ad un ministro che esula dagli schemi e li forza. Una cattolica convinta che ha saputo farsi portavoce dei bisogni laici di una società affettivamente plurale e che ha ribadito, già nei primi giorni del suo mandato, il ruolo di tutela universale che spetta allo Stato laico, non può essere accettata da uno schieramento politico che punta alla ghettizzazione, all'espulsione, all'emarginazione. Il vero senso delle affermazioni dell'onorevole "poco onorevole" Saia è chiaro: per lui è probabilmente normale utilizzare l'orientamento sessuale come arma di ricatto e di offesa nei confronti dell'avversario politico. Segno evidente che Fiuggi non è bastata a chiudere i legami con un passato che, alla prima occasione, riemerge drammaticamente attuale. Per questo diciamo al senatore: siamo tutte lesbiche


Riprendiamo dal sito dell'Associazione NoGod http://www.nogod.it (Home Page sito, riquadro "Notizie del giorno", notizia del 16/05/06), condividendo in pieno 

Andiamo bene!

Napolitano va anche oltre la pretesa vaticana di mettere il timbro del cristianesimo sull' Europa e si spinge addirittura a riconoscere la "dimensione sociale e pubblica del fatto religioso", che è la formula usata sempre dalla chiesa cattolica per giustificare la sua costante richiesta di finanziamenti statali. Prepariamoci al raddoppio dell'otto per mille. Dice il neo-presidente : «Come rappresentante dell'unità nazionale, raccolgo il riferimento ben presente nel messaggio augurale indirizzatomi dal pontefice Benedetto XVI - al quale rivolgo il mio deferente ringraziamento e saluto : raccolgo il riferimento ai valori umani e cristiani che sono patrimonio del popolo italiano, ben sapendo quale sia stato il profondo rapporto storico tra la cristianità e il farsi dell'Europa. e ne traggo la convinzione che debba laicamente riconoscersi la dimensione sociale e pubblica del fatto religioso, e svilupparsi concretamente la collaborazione, in Italia, tra stato e chiesa cattolica in molteplici campi in nome del bene comune».


Il signor Rino Tripodi ci scrive gentilmente in e-mail il 13 maggio 2006 e noi, col suo permesso, lo pubblichiamo:

Lo "scandalo" della corruzione nel calcio: la "novità" del maggio 2006

Gentilissimi,

autocitarsi è sempre di cattivo gusto.

Tuttavia, non posso non suggerirvi di (ri)leggere un articolo, firmato dal collega Giuseppe Licandro e dal sottoscritto, uscito sul n. 2 del gennaio 2006 della rivista telematica direfarescrivere, di cui ero in quel momento direttore responsabile.

Tutta l'immondizia che sta venendo fuori in questi giorni vi era ampiamente denunciata e prevista... forse per difetto! (Ma vi sono altri particolari inquietanti che noi sottolineavamo e che ancora non sono venuti alla luce).

Per chi vuol rileggere... l'attualità. E, forse, un po' di buon giornalismo di denuncia in tempi non sospetti, vale a dire quando il bidone della spazzatura ancora non era stato rovesciato...

http://www.bottegaeditoriale.it/primopiano.asp?id=40

Cordialmente

Rino Tripodi
Direttore responsabile della rivista telematica "LucidaMente"
Consulente letterario ed editoriale per le Edizioni inEdition

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Riceviamo da Luigi Cascioli il 7 maggio 2006:

comunicato stampa – da pubblicare e diffondere

Cristo fu inventato  sulla persona di Giovanni di Gamala

La denuncia contro la Chiesa Cattolica nella persona di un parroco è in esame al Tribunale dei Diritti Umani

STRASBURGO – “Gesù Cristo non è esistito, ma è stato inventato dalla Chiesa ed è un personaggio di pura fantasia come lo sono i personaggi delle favole.” E’ quanto afferma  Luigi Cascioli lo studioso, ex seminarista, autore del libro-denuncia “La favola di Cristo – Inconfutabile dimostrazione della non esistenza di Gesù”. Secondo lo studioso i fatti presentati come veri dalle Sacre Scritture sono in realtà dei falsi. Primi fra questi quelli inerenti la figura di Gesù detto il Cristo che è stata costruita sulla persona di Giovanni di Gamala, figlio di Giuda il Galileo della Casta degli Asmonei, sedicenti discendenti della stirpe di Davide.

I fatti. Don Enrico Righi, parroco-rettore della ex diocesi di Bagnoregio (Viterbo), scrisse in un giornale che Gesù nacque da Maria e Giuseppe e visse in carne ed ossa. Cascioli, in base a questa dichiarazione, l’11 settembre 2002 sporse querela contro la Chiesa Cattolica, nella persona di don Righi, per abuso della credulità popolare (Art. 661 C.P.) e sostituzione di persona (Art. 494 C.P.). Il 27 gennaio 2006 il Tribunale di Viterbo archiviò il caso benché il prete non portasse alcuna prova ammissibile dell’esistenza di Cristo. Da marzo 2006 gli avvocati di diritto internazionale Giovanni Di Stefano e Domenico Marinelli dello Studio Legale Internazionale di Roma si occupano del caso Cascioli, dopo essersi occupati di casi importantissimi: Saddam Hussein, Kennedy, Lady Diana, George W. Bush, Roberto Calvi Banco Ambrosiano, Milosevich, Tariq Aziz, Telekom Serbia. Il 18 marzo 2006 Cascioli ricorre al Tribunale dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo : la pratica N. 14910/06 della “non esistenza di Cristo” è ora in fase di esame. “Ripongo molta fiducia nel Trubunale dei Diritti Umani e nel mio avvocato Giovanni Di Stefano affinché il processo venga finalmente aperto in Italia” commenta Cascioli. “Inutile che la Chiesa, il Vaticano si ostini a tacere: se possiede le prove concrete dell’esistenza storica di Cristo le esibisca all’umanità. Un paio di miliardi di persone che hanno seguito la dottrina indicata dalla Chiesa attendono una risposta. Chiara. Cristo è esistito oppure no? Se la Chiesa si ostina a tacere sull’esistenza di Gesù significa solo che non avendo prove concrete essa è ben consapevole e cosciente che Cristo è un personaggio di fantasia e quindi la Chiesa sta imbrogliando l’umanità nella consapevolezza di farlo.”

Cosa significa per il cristianesimo dimostrare che Cristo non è esistito? Commenta Cascioli: “Sarebbe la fine della Chiesa. Significa cancellare dogmi fondamentali sui quali si basa il cristianesimo e il cattolicesimo. Scomparendo la figura di Cristo uomo che sarebbe venuto sulla terra per riscattare il peccato Originale, la dottrina cristiano-cattolica crollerebbe all’istante. Le conseguenze immediate: scomparirebbe il sacramento dell’Eucarestia. Nessun prete potrà più dire: “Questo è il corpo di Cristo”, cioè il corpo di un personaggio mai esistito. Oltre che una dichiarazione ridicola e assurda diverrebbe una truffa perseguibile per legge in tutti i paesi, come per chiunque inventasse l’identità di una persona inesistente e la proponesse come vera. La Chiesa non potrà mai più avvalersi del dogma della Transustanziazione, cioè il vino e il pane che si trasformerebbero nel momento della consacrazione nel “sangue” e nel “corpo di Cristo”, cioè nel sangue e nel corpo di un personaggio mai esistito. Diverrebbe impensabile diffondere il dogma della Santa Trinità: Dio-Padre, Dio-Figlio e Dio-Spirito Santo dal momento che il Dio-Figlio risulterebbe essere un personaggio non esistito. E questi sono solo alcuni tra i tanti dogmi e assiomi della fede che andranno in pezzi sciogliendosi come neve al sole”. Si tratta di una denuncia contro la Chiesa Cattolica, sottolinea Cascioli: “la Chiesa sostiene un’impostura basata su falsi documenti, quali la bibbia e i vangeli”.

Il romanzo “Il Codice Da Vinci” di Dan Brown e il “Vangelo di Giuda” annunciato con clamore dalla rivista National Geographic che stanno creando guai alla Chiesa, cioè dubbi ai fedeli, sembrano inezie se paragonati al caso Cascioli il quale diverrebbe di planetaria dimensione. Gli studi di Cascioli con la dimostrazione della “non esistenza di Cristo” distruggono in un solo colpo e in pochi minuti la dottrina cristiano cattolica. Per evitare ciò la Chiesa dovrebbe esibire all’umanità prove storiche dell’esistenza di Cristo, prove inconfutabili, prove ammissibili concrete e non i soliti argomenti di teologia e catechismo.

Riferimenti:
www.luigicascioli.it
www.studiolegaleinternazionale.com
http://nochiesa.blogspot.com

Informazioni:
axteismo@yahoo.it

tel. 3393188116
 


L'Associazione Nazionale del Libero Pensiero “Giordano Bruno” ci ha inviato, nell'e-mail del 5 Maggio 2006, l'articolo poi riportato. Pubblichiamo entrambi molto volentieri:

 

Nel ringraziare i tantissimi che hanno aderito, anche partecipando personalmente, alla nostra manifestazione "Nel nome di Giordano Bruno - Laicità garanzia di libertà" a piazza Campo dei Fiori lo scorso 17 febbraio, patrocinata dal Comune di Roma, inviamo l'articolo-resoconto, pubblicato sul numero di marzo di Libero Pensiero (edito a Torino, direttore Bruno Segre).

Vi ringraziamo anche per la diffusione che vorrete darne.

 

Cordiali saluti a tutti.

la segreteria della presidenza romana

 

Nel nome di Giordano Bruno-Laicità garanzia di libertà

Articolo pubblicato sul numero di marzo 2006 di “Libero Pensiero”   

  

Roma, 17 febbraio 2006 - Gli operatori dell’AMA stavano ultimando ancora i lavori di pulizia in piazza Campo dei Fiori (la mattina c’è mercato) e già sotto la statua del Nolano cominciavano ad affluire le prime persone per partecipare alla manifestazione che come ogni anno l’Associazione Nazionale del Libero Pensiero Giordano Bruno organizza, col patrocinio dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Roma, per ricordare il martirio di Giordano Bruno avvenuto il 17 febbraio del 1600. Presenti un gruppetto di giornalisti, alcuni dei quali hanno intervistato la presidente della sezione romana, curatrice dell’evento. “Radio Radicale” e “Radio città futura” hanno trasmesso in diretta.

Alle 16.30, quando puntualmente è iniziata la deposizione delle corone di alloro del Comune di Roma, di quello Nola e della nostra Associazione, c’era una grande folla di  romani, ma anche di tanti venuti dalle diverse città italiane per rendere omaggio al filosofo divenuto simbolo internazionale della libertà di pensiero. Chi non ha potuto partecipare ha mandato i saluti. E’ il caso del filosofo Giulio Giorello, che impegnato a Monza in un convegno, ha tenuto a farci sapere che avrebbe dedicato pubblicamente la sua relazione: “religiosi per caso, atei per scelta”, al Nolano. Tra la folla abbiamo riconosciuto Giovanni Franzoni, Franco Grillini, militanti della Rosa Nel Pugno, rappresentanti del Grande Oriente d’Italia, della Associazione Mazziniana Italiana, di Italialaica, di Scuola e Costituzione, dello Uaar, di Liberauscita,  di Ekedea.

 “E’ significativo ed emblematico che ad oltre 400 anni dalla morte di Giordano Bruno, il 17 febbraio, di fronte alla sua statua, si veda ancora raccolta una vera e propria folla di persone unite nel ricordo e nel nome di questo grande personaggio. Quando una persona in nome della libertà di pensiero, delle proprie idee, del rifiuto dell’imposizione di verità assolute, affronta una fine terribile ed afferma di “preferire una morte atroce a un’ imbelle vita”, questa persona è degna di rispetto e fonte di insegnamento”. Questo l’esordio dell’on. Dino Gasparri, delegato del Sindaco di Roma. Prima di lui, il dott. Felice Napolitano, Sindaco di Nola, aveva sottolineato l’importanza della nostra manifestazione: “Siamo onorati di portare il nostro saluto a questa commemorazione

-ha detto- perché tiene viva la memoria del nostro illustre e coraggioso concittadino, che proprio a Campo dei Fiori ha pagato con la vita il prezzo della sua libertà e coerenza”.

L’avvocato Bruno Segre, Presidente nazionale della nostra Associazione, ha  ricordato il martirio del filosofo: “I confortatori della Compagnia della morte”, che durante la notte, nel carcere di Tor di Nona avevano tormentato il condannato per indurlo al pentimento, indossavano un sacco nero ed impugnavano torce accese. Era uno spettacolo impressionante! Sulla carretta il condannato al supplizio appariva macilento, con la bocca serrata da una morsa di legno (la mordacchia) per impedirgli di parlare alla folla. Durante il tragitto, di tanto in tanto, uno dei confortatori avvicinava al viso del condannato un’immagine del crocifisso per un bacio purificatore o un gesto di contrizione e pentimento. Ma il condannato storceva il viso rifiutando di baciarlo...

         La lugubre processione si arrestò qui, in Campo de’ Fiori, davanti ad un ammasso di legna. Venne denudato e poi issato sulla sommità della catasta. Fu acceso il rogo. Prima che le fiamme soffocassero la vittima, fu sporto con un lungo bastone un crocifisso, ma anziché baciarlo, Bruno girò il volto dall’altra parte.  Così morì Giordano Bruno dopo 12 anni di prigione, Il papa  Clemente VIII, i cardinali Bellarmino (poi proclamato santo), Beccaria, Deza, Santoro e gli altri ecclesiastici avevano vinto. Ma come se fossero colpiti da una maledizione, parecchi dei giudici che avevano inquisito e condannato Bruno morirono uno dopo l’altro entro breve volgere di tempo. Il 2 aprile 1600 morì il cardinale Madruzzi, primo firmatario della sentenza contro il filosofo. Il 3 agosto morì a Napoli il cardinale Beccaria, il 20 agosto morì il cardinale Deza, il 1 gennaio 1601 morì il cardinale Tragagliolo, nel 1602 fu la volta del cardinale Santoro e nel 1604 quella del cardinale Sasso. Tutti questi principi della Chiesa non immaginarono che il rogo acceso a Campo de’ Fiori aveva rischiarato una nuova alba, quella del pensiero moderno, un’era nuova di libertà e di progresso. Il ricordo di Giordano Bruno, una delle menti più lucide e ispirate della sua epoca, durerà nei secoli attraverso i suoi numerosi scritti, le sue intuizioni scientifiche di infiniti mondi, il suo amore per la Natura creatrice, la sua razionale ribellione alla Chiesa cattolica, le sue polemiche filosofiche, la sua predilezione per l’arte della memoria, la sua espansione ideale nell’infinito e nell’universale. Per Giordano Bruno si può ripetere l’auspicio che a se stesso rivolgeva il poeta Orazio: “Non omnis moriar” (non morirò interamente). Oggi come ieri, come domani –ha concluso l’avvocato Bruno Segre- la memoria del filosofo sfida l’oscurantismo e la superstizione religiosa, il potere della Chiesa sulla vita pubblica, la pretesa clericale di imporre la propria morale ai cittadini, i privilegi economici e le speculazioni politiche. Verrà anche per la nostra società il giorno della Liberazione delle coscienze”.

Maria Mantello, ha sottolineato la portata rivoluzionaria del pensiero di Giordano Bruno, che sull’eliocentrismo ha saputo costruire tutti gli  sviluppi della sua filosofia. I presenti hanno seguito con grande interesse le serrate spiegazioni della professoressa, che ha parlato dell’infinito di Bruno nell’eterno divenire della materia, della sua polemica anticlericale ed anticristiana, delle grandi prospettive aperte dalla sua filosofia in ambito scientifico ed etico. “Giordano Bruno –ha aggiunto la presidente della sezione romana- è un pensatore molto scomodo perchè desacralizza tutto e tutti . E lo fa con piena consapevolezza del suo ruolo storico smascherando il potere. E con esso l’ignoranza e la pavidità dei suoi opportunisti servitori. I “pedanti”, come il filosofo li chiamava. Alla loro ignavia intellettuale e morale Bruno contrappone il coraggio di pensare. Il coraggio di rimettere in discussione, se necessario, le conclusioni a cui si è approdati. Il coraggio della coerenza tra pensiero ed azione. Tutte cose imperdonabili -ancora oggi- per chi vorrebbe continuare ad imporre dogmi in nome di immaginifiche verità eterne e rivelate. La filosofia di Bruno, allora, chiama ognuno di noi a liberarsi dalle imposizioni fideistiche, a percorrere la strada della razionalità e dell’autodeterminazione. Perchè solo allora si può esercitare consapevolmente e responsabilmente la individuale e civile dimensione etica, migliorando noi stessi e la società. E’ il grande messaggio della Riforma bruniana. L’approdo della sua stessa filosofia. Dopo aver prospettato il divenire infinito della materia madre, il Nolano restituisce infatti l’individuo alla Natura e a se stesso, liberandolo dalla soggezione ad un tirannico cielo superiore che lo vorrebbe eterno minore: “nello stato asinino” per usare l’espressione di Bruno. La filosofia del Nolano

 è allora un monito ancora oggi. Per fronteggiare e rigettare ogni rigurgito teocratico di quanti vorrebbero ergere il catechismo a legge dello Stato, così come la sharia è imposta in tanti paesi islamici...

Pertanto, ai rappresentanti dei partiti politici, delle istituzioni, noi qui, nel nome di Giordano Bruno, perchè la laicità sia veramente garanzia di libertà, vogliamo dire che, come Bruno, siamo “fastiditi” dalle genuflessioni al Vaticano, dai finanziamenti alle strutture cattoliche a qualsiasi titolo avvengano. Questo paese non ha bisogno di Concordati. La chiesa cattolica (ma qualsiasi altra chiesa) deve essere finanziata dai propri fedeli e non dai soldi della collettività, che invece devono essere utilizzati per le politiche occupazionali, per la ricerca scientifica, per la scuola statale, l’unica in grado di garantire la libertà d’insegnamento e apprendimento”. “Ed è intollerabile -ha concluso Maria Mantello- che pur di mantenere l’astorico insegnamento della religione cattolica nelle scuole, si plauda magari ad inserire l’ora di islamismo. Lo Stato che si preoccupa d’insegnare una religione o più religioni, e per questo paga insegnanti selezionati e designati dalla Curia, è uno stato confessionale. La religione è un fatto privato. L’insegnamento religioso è compito delle comunità religiose, nel rispetto prioritario, ovviamente, delle libertà individuali. Perchè prima dell’appartenza al gruppo identitario si ha il diritto di appartenere a se stessi. Perché ciascun individuo non è aprioristicamente  programmato. Tanto meno in nome di mitici miracoli creazionisti. Un Paese laico e democratico ha il dovere di educare alla libertà di pensiero. Dei fenomeni religiosi a scuola si parla già in Storia, Filosofia, Arte, Letteratura. E lo si fa dal punto di vista storico, antropologico, sociologico. Quindi anche l’inserimento di una “storia delle religioni” ci sembra inopportuno. Anche perchè ci sarebbe il rischio (non troppo remoto) che venga affidata agli insegnanti di religione cattolica. Docenti organici al Vaticano e ormai a tutti gli effetti statalizzati”.

Federico Coen, bruniano da sempre e direttore della prestigiosa rivista europea Lettera Internazionale, ha sottolineato corrispondenze ed analogie storiche del potere ecclesiastico: ieri usava i roghi, oggi i concordati!   “Come è noto – ha detto - il sacrificio di Giordano Bruno, la cui memoria teniamo viva qui a piazza di Campo de’ Fiori, dove il rogo arse, non è certo un episodio isolato. Rientra nella storia millenaria di repressioni di cui la Chiesa cattolica si è servita per tutelare il proprio potere e il proprio primato religioso in Europa e altrove”. Federico Coen ha ricordato la caccia alle streghe (nove milioni di donne inquisite), i roghi degli eretici e degli apostati, l’implacabile persecuzione contro gli ebrei. Si è soffermato poi sulle “guerre di religione”, citando l’episodio più emblematico dell’accanimento contro i protestanti: la notte di San Bartolomeo del 1572. “La pratica della scomunica degli eretici –ha detto ancora Federico Coen- colpì non solo Giordano Bruno ma tanti altri scienziati da Galileo a Campanella, per tutto il Seicento e il Settecento, almeno fino alla Rivoluzione francese. Quando poi gli Stati acquistano in Europa la consapevolezza della loro relativa autonomia e non accettano più passivamente di sottostare agli ordini della Chiesa, ha inizio l’epoca dei Concordati”. E Federico Coen si sofferma sul caso italiano, contestando con forza quanti vorrebbero una globalizzazione cristiana, proprio per mantenere il Concordato: “La polemica intrapresa da papa Wojtyla e ripresa dal suo successore circa le presunte radici cristiane dell’Italia, e sostenuta anche da alcuni politici di mestiere noti per il loro opportunismo, è priva di ogni fondamento. L’Italia come nazione ha origini squisitamente laiche, nelle persone di tutti i protagonisti della gloriosa età del Risorgimento, dalla Carboneria alla Massoneria, da Mazzini a Garibaldi. Senza dei quali non bastavano certo le ambizioni dinastiche dei Savoia a fondare l’Italia unita.  Questa nobile tradizione laica fu travolta dal fascismo, che ottenne l’appoggio della Chiesa alle sue imprese liberticide e coloniali, prima con il crocifisso nelle scuole e poi con il Trattato e il Concordato del 1929, dove si affermava che l’Italia considera fondamento dell’istruzione pubblica l’insegnamento della religione cristiana secondo la tradizione cattolica. Ancora gli opportunismi di molti politici, a cominciare da Togliatti che concordò con De Gasperi, all’Assemblea Costituente del 1946, in contrasto con i socialisti e il Partito d’Azione, il salvataggio del Concordato mussoliniano. Un opportunismo che si ripropone ad opera del socialismo craxiano negli anni Ottanta, con un nuovo Concordato, ancora più retrivo di quello fascista almeno per due aspetti: l’elargizione dell’8 per mille a vantaggio di fatto quasi esclusivo della Chiesa cattolica, e l’ordinamento della scuola, con la estensione dell’insegnamento religioso a tutte le scuole statali e con il potere assoluto dell’autorità ecclesiastica nella nomina e nell’esonero dei docenti”. Secondo Coen l’opportunismo dei politicanti nella gara di omaggi al Vaticano si è visto in tutta la sua drammaticità in occasione del cosiddetto “giubileo dei politici” dell’anno 2000 e continua irrefrenabile ai nostri giorni: “Wojtyla giunse ad affermare che il legislatore deve obbedire ai dettami del papa, contribuendo all’approvazione di leggi conformi al disegno divino. Senza suscitare la reazione di nessuno dei tanti politici presenti, di destra e di sinistra. Un opportunismo che ai nostri giorni si ripropone con il partito della Margherita diretto da Rutelli che in età matura si scopre cattolico osservante. Un opportunismo che si manifesta anche in questa vigilia elettorale con l’ostracismo che si tenta di dare, nello schieramento di centro-sinistra, alle proposte laiche di Boselli e della Bonino”. Ma le speranze non sono perse, infatti, ha concluso il direttore di Lettera Internazionale: “la coscienza laica degli italiani e degli stessi romani si è manifestata nel febbraio di quest’anno con il grande corteo dei diecimila che si è tenuto sabato scorso al centro della capitale all’insegna “Giù le mani del Vaticano dall’Italia”, a cui la nostra Associazione Nazionale del Libero Pensiero Giordano Bruno ha dato la propria adesione e partecipazione. Dunque forse qualche cosa sta cambiando anche da noi”.

In piazza era presente il giudice Luigi Tosti, che come noto sta sostenendo una significativa lotta per la rimozione del crocifisso dai luoghi pubblici. Non potevamo non invitarlo a prendere la parola: “Qui a  Campo dei Fiori, di fronte al monumento di Giordano Bruno –ha detto Luigi Tosti- mi sembra ancora irreale che appena 400 anni fa un uomo fosse stato fatto ardere vivo, in mezzo al tripudio popolare, solo perché aveva osato rivendicare, con caparbietà, il diritto di far uso del suo cervello e quello di esprimere senza costrizioni la propria filosofia. Ma mi sembra ancor più avvilente e grottesco che, a distanza di 400 anni, si sia costretti ancora, proprio “nel nome di Giordano Bruno” a lamentare che la "laicità" dell'attuale Stato italiano sia ancora vilipesa e bistrattata dagli eredi materiali e spirituali di quegli assassini che appiccarono quell'infame rogo. Qui, di fronte al Martire del Libero Pensiero - ha ironizzato il coraggioso giudice- provo però anche un sentimento di sollievo:  a Giordano Bruno riservarono una morte tremenda; a me, che chiedevo di togliere la presenza del simbolo partigiano del crocifisso dalle aule giudiziarie, la Repubblica  ha inflitto una condanna a sette mesi di reclusione ed una rimozione (per adesso temporanea) dalla magistratura”. Luigi Tosti ha quindi polemizzato con la recentissima sentenza del Consiglio di Stato che ha sancito, grottescamente, la legittimità del crocefisso nelle aule scolastiche perché confermativo del principio di laicità dello Stato italiano. E mordacemente ha concluso: “E’ come se i due vigili urbani che hanno deposto la Corona del Comune di Roma sotto la statua di Bruno, si fossero presentati alla cerimonia con vistosi crocifissi appesi sopra la divisa: chi avrebbe potuto affermare -se non con la mala fede del Consiglio di Stato- che quelle divise addobbate con crocifissi potessero esprimere il valore "laico" delle istituzioni?”.

Il presidente nazionale, avv. Bruno Segre, ha ringraziato il giudice Tosti per essere intervenuto riconfermandogli la solidarietà di tutta la nostra Associazione.

Terminati gli interventi dei relatori, presentati da Barbara Lattanzi, è iniziata la seconda parte della manifestazione: “parole...suoni...movimento”, sapientemente condotta da Criz ed Elisabeth Manai.

Un successo la toccante interpretazione di testi di Giordano Bruno (da “Il Candelaio” alla “Cena delle Ceneri”; dal ”De l'infinito universo et mondi” al ”De causa principio et uno”; dallo ”Spaccio della Bestia trionfante” alla ”Cabala del cavallo pegaseo”; dall’ “Oratio consolatoria” al “De Monade”) delle giovani bruniane Alessandra De Angelis, Fabiola Perna, Camilla Scrugli, Carlotta Spizzichino, Arianna Zapelloni Pavia.

Attesissima la poesia composta per l’occasione e recitata da Mara de Mercurio: “Un tempo udivamo/ le sirene./ Uscivano chete dal mare/ vibravano code scintillanti./ Chiudevamo gli occhi/ per sentirle cantare. Un tempo le sirene/ venivano da un sogno/ Compagne di illusione/ chiedevano l’infinito/ E noi con loro./ Così andavamo spediti/ dal mare alla luna/ dal sogno alla realtà./ Un tempo la chiamavamo/ Libertà./ oggi è ancora lontana/ tra nuvole e ambigui sorrisi./ Indietro non si torna./ Qui e sempre/ la voce è Libertà”. 

Applauditissima la performans della bravissima Maria Teresa Lubrano, che con le sue figurazioni di danza, sulle note di “There you’ll be” (lì tu ci sarai), ha espresso l’anelito a rompere costrizioni e vincoli dogmatici. Una speranza ed un anelito. Ovunque e sempre.

Apprezzatissimi gli interventi musicali del trio di musica medievale di Augusto Mastrantoni, Maria Grazia Acreman, Anna Zilli che hanno fatto rivivere il clima della ribellione goliardica; nonché le ballate (lamento in morte di giordano bruno, viva la libertà, canto popolare slavo, si fosse foco) del valente cantautore e musicoterapeuta Rolando Proietti Mancini.

Sono seguiti quindi i recitativi di noti professionisti dello spettacolo, da sempre impegnati nella battaglie libertarie per la difesa e l’affermazione della laicità e dei diritti civili: il Centro   Studi   Enrico  Maria  Salerno, l’Associazione Culturale 321, gli attori Roberto Iannone, Pietro Biondi e Roberto Galvano. Grande protagonista è stato ancora Giordano Bruno. Rievocato con passi delle sue opere, ma anche attraverso “contaminazioni” di autori classici e contemporanei, nonché mediante proposizioni di parti del suo processo.

Lo scrittore, Adriano Petta, commosso, al termine della manifestazione, ci ha detto: “quando scrivevo “Roghi fatui”, sognavo che proprio qui a Campo dei Fiori  venissero recitati ritagli di questo mio lavoro dedicato a Giordano Bruno. Ora sono felice. Il mio sogno si è realizzato”.

Erano ormai le 20.00, quando Maria Mantello, insieme a Barbara Lattanzi, a Criz ed ad Elisabeth Manai, ha salutato e ringraziato tutti i presenti, ricordando brunianamente che è necessario “resistere per esistere”.

 


Riceviamo da Luigi Cascioli il 4 Maggio 2006:

Interrogativi originati da "Il Codice da Vinci".

Per rispondere alla domanda che oggi tutti si pongono, dopo aver letto “Il Codice da Vinci”, se Maria di Magdala era sposata o no con Gesù, bisogna soffermarci a considerare altre due persone, quali Lazzaro e Menahem, che risultano essere coinvolte in questo matrimonio sia dai Testi Sacri che  dai libri storici.  

Testi Sacri.

Nei vangeli si legge che Gesù era il maestro di una squadra formata da dodici discepoli, che Maria di Magdala era colei che a Betania gli aveva lavato i piedi e che Lazzaro era  fratello di Maria di Magdala, nonché figlio di Giairo. Vedi miracolo della resurrezione (Mt. 9,18- Mc. 5,11– Lc. 8,4 – Gv. 11). (Per capire la paternità attribuita a Giairo basta considerare che tutti e quattro i racconti, anche se cambiano in alcuni particolari, si riferiscono sempre e comunque alla stessa persona, cioè a Lazzaro). 

Testi storici.

Dai testi storici risulta che Gesù è stato costruito sulla figura di Giovanni, figlio primogenito di Giuda il Galileo e capo di una banda di rivoluzionari (Bohanerges).

Da Giuseppe Flavio veniamo inoltre a sapere che Lazzaro, figlio di Giairo, era legato da vincoli di parentela con Manahem, figlio di Giuda il Galileo. (Guerra Giud….  ).

Sarà da questa parentela di cui ci parla Giuseppe Flavio, che potremo, oltre che confermare l’esistenza del  matrimonio, trarre anche un’ulteriore prova della non esistenza storica di Gesù, parentela che risulterebbe incomprensibile se lo sposo fosse veramente figlio di Giuseppe e non di Giuda il Galileo come risulta dalle innumerevoli affermazioni che ci vengono dai testi storici.

Menahem e Lazzaro, quali fratelli dei due coniugi, l’uno dell’uomo e l’altro della donna, ci confermano con la loro parentela di cognati che il matrimonio esisteva e che lo sposo era il primogenito di Giuda il Galileo.

Che Gesù, alias Giovanni di Gamala, fosse marito di Maria di Magdala ci viene ancora confermato da altri documenti che si riferiscono a quella banda dei Bohanerges che i falsari hanno trasformato  in una squadra di discepoli predicatori di pace.

Dal vangelo di Filippo ritrovato in Egitto nel 1945 durante le ricerche archeologiche: “Maria, che era la consorte del Signore, andava sempre con lui. Il Signore amava Maria di Magdala più degli altri discepoli e spesso la baciava davanti a tutti sulla bocca”.

Nel papiro 8502 di Berlino, detto vangelo di Maria, si parla della gelosia e del risentimento che gli altri discepoli, e soprattutto Simone, provavano per la predilezione che il Signore riservava a Maria (è Simone, altro figlio di Giuda il Galileo, che parla): “Ha forse il Signore parlato in segreto alla sua donna prima che a noi senza farlo apertamente? Ci dobbiamo umiliare tutti e sottoporci a lei? Forse egli l’ha anteposta a noi?”.

Dal vangelo copto viene riportata un’altra contestazione di Pietro contro Maria di Magdala: “Simone, detto Pietro, disse agli altri accoliti: <<Maria deve andare via da noi perché le femmine non sono degne della vita>> e il Signore , avendolo sentito, si rivolse a loro dicendo: << Ecco, io la guiderò da farne un maschio, affinché diventi una combattente come noi>>.

Soltanto il disprezzo che dimostra Simone verso le donne dicendo che non sono degne di vita sarebbe già di per se sufficiente per dimostrare che abbiamo davanti una banda di rivoltosi giudaici seguaci delle leggi Masaiche nella forma più estremista.

 <<A questo punto, penso che non sia troppo avventato supporre che tra i presenti a quella cena di Pasqua che precedette la rivolta, ci fosse anche lei, Maria di Magdala, quale moglie di Giovanni di Gamala e membro attivo combattente  della banda dei Bohanerghes>>. (Dal libro “Favola di Cristo”, Cap.12, uscito il primo gennaio del 2002 quando ancora nessuno aveva scoperto che nell’ultima cena di Leonardo da Vinci si nascondesse il volto di una donna in quello del discepolo Giovanni, discepolo che, in realtà, non c’era, non poteva esserci, perché il vero apostolo amato da Gesù era Lazzaro. Ma questo fa parte di un altro capitolo).

Sperando di essere stato utile per la risoluzione dei principali interrogativi che sono sorti in seguito alla pubblicazione del libro “Il Codice da Vinci”, cordialmente saluto amici e nemici, intelligenti ed imbecilli.

        Luigi Cascioli.   

Dedico questa lettera a tutti i miei sostenitori perché si rafforzi in loro la determinazione a combattere l’oscurantismo della “CORRUTTRICE ETERNA”.


Riceviamo da Luigi Cascioli il 27 Aprile 2006:

"Il Vangelo di Giuda"

secondo il Dott. Gianfranco Tranfo

Rinvenuto nel 1978 nel deserto egiziano, tenuto nascosto e tradotto solo negli ultimi cinque anni, è emerso all'attenzione degli studiosi e alla ribalta delle cronache solo da qualche mese, il vangelo detto di Giuda ha scatenato nel mondo un dibattito di proporzioni così vaste da coinvolgere addirittura il "trono di Pietro" che tuonando respinge a viva forza la palese riabilitazione del "grande traditore" continuando a sostenere con forza, in linea con le scritture canoniche neotestamentarie, l'infamità  del personaggio, del valore simbolico e storico del suo gesto (considerando l'assurda valenza storica che ancora oggi viene riconosciuta alle frammentarie e contraddittorie narrazioni neotestamentarie).

In realtà la grande diatriba che in questi mesi trova una così vasta eco nei mass media di tutto il mondo, osservata dal nostro punto di vista, appare come una gigantesca tavola rotonda sul sesso degli angeli o sulle colpe che avrebbe avuto Eva nel mangiare la mela.

Infatti, molte sono le domande che, quantomeno lo storico laico ed intelligente, dovrebbe porsi prima di cimentarsi in discussioni sull'opportunità o meno di proporre una nuova chiave di lettura dell'odioso gesto del tanto deplorato personaggio (che avrebbe agito non per interesse personale ma per ordine dello stesso Gesù).

In tempi non sospetti, cioè ben prima che emergessero dal nulla le "esplosive" evidenze dello scritto in questione, lo storico L. Cascioli, con l'opera "La favola di Cristo", ebbe l'intelligenza e il coraggio di denunciare la gigantesca inconsistenza e l'assoluta inattendibilità delle narrazioni neotestamentarie e della stessa storicità della figura di Cristo così come da esse si vuole che emerga.

A quanto pare Cascioli, nell'opera suddetta, non ebbe bisogno del vangelo di Giuda per notare che lo stesso, tradendo, avrebbe reso possibile l'adempimento del disegno divino (e che quindi l'odio millennario delle chiese cristiane e dei suoi fedeli è fuori luogo e contraddittorio).

Il "neo partito dei riabilitatori", invece, a quanto pare solo ora ricorre a simili ovvie considerazioni...

Cascioli, tuttavia, non intendeva "riabilitare in anteprima" Giuda quanto piuttosto  evidenziare l'inconsistenza logica del secolare alone di odio che accompagna il personaggio e con esso formulare seri e fondati dubbi sulla stessa esistenza storica del "grande traditore".

Nel corso della mia ricerca ho spesso citato e condiviso Cascioli ma mai come in questo caso sono fermamente convinto della validità del suo punto di vista!

Gli scritti neotestamentari nella loro interezza denunciano il costante sforzo dei loro redattori di dimostrare che la nascita, la vita, le opere e la morte del Messia derivano dal sorprendente avveramento di profezie veterotestamentarie.

Per questo motivo tutti gli eventi narrati vengono farciti (a volte in maniera forzata e ridicola) con parole, frasi ed episodi di biblica memoria.

Lo stesso Giuda, il suo tradimento (o adempimento di un ordine come ora qualcuno vuole), il compenso ricevuto e molte altre circostanze riferite all'episodio in questione, non sono altro che evidenti scopiazzature di profezie bibliche e adattamento delle stesse a storia reale.

E' attraverso questa lente che notiamo come il pane intinto nel piatto di Gesù riprende il passo di un salmo: Vangelo: "... sarà colui che intinge il pane con me nel piatto..."; Bibbia (slm. 41/10): "Mi fu avversario anche colui in cui confidavo, colui che mangiava il mio pane...".

Nello stesso senso il "bacio": Bibbia (libro dei proverbi): "Non mi sono potuto nascondere all'insulto perché mi fu recato dal mio amico e confidente - fallaci sono i baci di un nemico..." Vangelo: E subito si avvicinò a Gesù e disse "salve Rabbi" e lo baciò. E Gesù gli disse "Amico, per questo sei qui?" ".

Ma dove la "scopiazzatura" dei falsari neotestamentari si supera è in Matteo (27, 9). Mi riferisco all'episodio della restituzione dei trenta denari ai sacerdoti che viene esplicitamente considerato quale avvenimento di un passo biblico di Zaccaria XI, 13  (che Matteo erroneamente ha attribuito a Geremia).

Evidentemente, come osservato da Cascioli, il falsario, di estrazione pagana e a digiuno di termini ebraici e biblici, è così preso dall'intento di far combaciare l'episodio in questione con la citata profezia che con i trenta denari restituiti da Giuda ai sacerdoti, fa acquistare da questi un campo chiamato "Vasaio" destinato alla sepoltura degli stranieri.

In realtà Zaccaria  narrò del cattivo affare concluso da un pastore che, dopo aver venduto per trenta denari un gregge di pecore, si recò dal padrone per domandargli come utilizzare tale somma. Il padrone, contrariato per l'irrisorio ricavato, gli disse di buttare i denari nel vasaio, cioè nel recipiente destinato alle elemosine, collocato all'entrata del tempio.  

Povero Giuda, l'unico apostolo che è possibile chiamare "porco" senza macchiarsi di bestemmia (almeno fino alla improbabile riabilitazione...)!

Sappiamo bene che l'intera favola evangelica trae spunto dalle vicende storiche legate all'erede davidico primogenito del terribile Giuda di Gamala.

Alla luce di tutto quanto sopra, cosa rispondere ai tanti lettori di Yeshua.it che chiedono alla nostra ricerca di pronunciarsi in merito al ritrovamento del vangelo di Giuda?

Il sito non si schiera né per l'ergastolo infernale di dantesca memoria, né per la riabilitazione del "traditore": non si può condannare o assolvere chi non è mai esistito!

Forse il Rex Iudeorum  fu realmente tradito da un suo discepolo nell'intricatissima macchinazione orchestrata dagli zeloti con la complicità di personaggi importanti e insospettabili del tempio e dell'ambiente filoromano,  o magari chiese al discepolo di indicare ai Romani una persona diversa da fare arrestare e crocifiggere al suo posto. Ovviamente, però, tutto ciò ha ben poco a che fare con il mito di Gesù di Nazareth e con tutti gli accadimenti fiabeschi concernenti la sua denuncia, l'arresto, il processo e la condanna ricevuta.

Nella favola evangelica perfino il nome del traditore, giudaico per eccellenza, risponde ad un'esigenza precisa: forzare l'ago della bilancia sulle responsabilità del popolo ebraico e fomentare l'odio verso di esso.

Come considerare, dunque, il racconto che emerge dai malconci rotoli rinvenuti?

Come la favola "di risposta" tardo gnostica da opporre alla pericolosa e dilagante affermazione della "favola" di ispirazione "greco/romana" che da lì a breve avrebbe ufficialmente ricevuto da Costantino "scettro e corona" per governare la coscienza degli uomini nei millenni a venire.

Il manoscritto in lingua copta risale, infatti, al III- IV secolo, ma sarebbe una copia (quanto fedele?) di un antico scritto considerato come eretico già da S. Ireneo (II secolo).

Con questo nessuno vuole fare "di tutta l'erba un fascio" bollando come inattendibile l'intera mole degli scritti gnostici.

Anche tra le variegate correnti gnostiche (tutte bollate come eretiche dalla chiesa di Roma) bisogna saper distinguere quelle più genuine da quelle (in genere tarde) che lo sono meno.

Sotto il comune denominatore del disprezzo per la materia e quindi per la carne frutto della perversa invenzione di una deità minore e della conseguente immaterialità della rivelazione messianica, si nascondono diverse scuole e quindi svariati orientamenti e diverse interpretazioni dell'avvento messianico.

Le correnti che hanno avuto vita (comunque difficile) in epoca tarda (fine secondo, inizio terzo secolo), avendo perso la memoria storico/testimoniale dei grandi fatti del primo secolo e dovendo controbattere alla crescente affermazione della chiesa... ufficiosa e ormai quasi ufficiale,  devono aver trovato naturale basarsi sulla presunta storicità delle tradizioni orali o dei primi scritti neotestamentari fatti propri da Roma e ricorrere alla "parodia" o "fare il verso" agli stessi dicendo così "la propria".

Le persone intelligenti e gli studiosi seri e scrupolosi non attendono sorpresa alcuna dagli esiti della pietosa autopsia condotta sui frammenti erosi di uno scritto tardo gnostico tutt'altro che storicamente attendibile.

Giuda traditore o Giuda santo, la favola resta tale e quale.

Un giorno l'uomo si libererà dall'ottusa soverchieria di chi gli ha imposto di non guardare alla storia ma al mito spacciato per realtà. Per ora lasciamo discutere i "poveri di spirito" sull'opportunità o meno di riabilitare il lupo cattivo della favola di Cappuccetto Rosso!

  Dott.Gianfranco Tranfo
 dal sito  
http://www.yeshua.it/news/vangelo_di_giuda.htm


Lucio Garofalo ci ha inviato il 25 aprile 2006 il seguente scritto:

Elezioni e criminalità

Secondo statistiche ufficiali, ogni anno in Italia verrebbero commesse oltre 300 mila violazioni della legge (ovviamente si tratta dei reati formalmente denunciati e accertati), che vanno dalle piccole infrazioni del codice penale ai reati più gravi quali estorsioni, rapine, sequestri di persona, omicidi.

Nel contempo le carceri italiane, già sovraffollate, hanno spazi assai carenti e limitati, per cui non riescono ad ospitare i violatori della legge che in pratica restano impuniti. In tale situazione sono i grandi criminali che riescono a beneficiare delle enormi lacune del sistema carcerario italiano. Non è un problema di sedi penitenziarie, di luoghi fisici di detenzione, altrimenti basterebbe costruire nuove strutture carcerarie per risolvere la questione. A riguardo penso che sarebbe meglio investire la spesa sociale nella costruzione di moderne e attrezzate case, scuole e ospedali, per cercare di rispondere alle sempre più drammatiche istanze sociali derivanti dall'emergenza abitativa, dalla questione scolastico-educativa e dalla crisi medico-sanitaria.

Tuttavia, manca un'adeguata e razionale politica anticriminale da parte dello stato italiano.

L'azione dei governi in materia di criminalità si riduce a periodiche e provvisorie strategie di repressione poliziesca (si pensi, ad esempio, al blitz compiuto qualche tempo fa a Scampia, il famigerato quartiere di Napoli) che sono sempre pilotate e condizionate da determinati interessi e meccanismi di ricerca del consenso popolare, strategie che presuppongono e richiedono un ruolo decisivo legato all'esercizio dell'informazione quotidiana di massa.

In tal senso, i più importanti mass-media nazionali, network televisivi in testa, tendono a promuovere periodicamente vaste campagne di informazione propagandistica che rendono di "moda" alcuni tipi di reati.

Non è un discorso aberrante o delirante perché, di fatto, si tratta proprio di "mode", ossia di un sistema di amplificazione e di esaltazione del crimine mediante forme subdole e striscianti di comunicazione, cioé attraverso meccanismi pubblicitari capillari che agiscono sul piano inconscio e subliminale, alla stessa stregua dei messaggi della pubblicità commerciale che ormai ci bombarda continuamente, e ossessivamente, in TV, in radio, sulla stampa, su Internet, sui telefoni cellulari, insomma dappertutto, in ogni momento della nostra giornata.

Alcuni decenni fa, ad esempio, ci fu la "moda" del brigatismo. Infatti, i mass-media fecero da potente cassa di risonanza rispetto ad un fenomeno solo apparentemente eversivo e destabilizzante, ma che in effetti servì a stabilizzare e a rafforzare il sistema vigente, nel senso che gli attentati brigatisti, come altri crimini terroristici (si pensi alle stragi neofasciste, da Piazza Fontana nel 1969, alla stazione di Bologna nel 1980), furono tante occasioni utilizzate per legittimare e suscitare l'invocazione di leggi punitive speciali, che furono poi effettivamente varate dallo Stato. Una legislazione d'emergenza che è rimasta in vigore troppo a lungo, non tanto per vincere le organizzazioni terroristiche e contrastare i delitti da cui sembrava scaturire la sua ragion d'essere, quanto invece per criminalizzare e bloccare l'ascesa di massicci movimenti di lotta sorti alla fine degli anni Sessanta, durante i quali si costituì un blocco sociale retto sull'alleanza tra studenti e operai, un connubio che inquietava non poco il potere politico-sociale ed economico della borghesia italiana più reazionaria, che non a caso si servì della "strategia della tensione" per insanguinare le piazze italiane durante gli anni Settanta, così come la borghesia agraria e capitalista degli anni Venti si servì dello squadrismo fascista per impedire gli scioperi dei contadini e degli operai e per frenare l'ascesa rivoluzionaria del proletariato. L'avvento del regime di Mussolini completò l'opera repressiva ed oltranzista contro le masse popolari italiane, fino alla tragedia della seconda guerra mondiale. La resistenza anti-fascista fu la naturale, inevitabile conseguenza di tali avvenimenti.

Successivamente, soprattutto a partire dalla seconda metà degli anni Ottanta, con l'esplosione del fenomeno "hooligans", la società italiana ha dovuto sopportare nuove campagne tese a promuovere quei crimini legati al teppismo negli stadi di calcio. In altre fasi si è assistito a campagne di informazione, ma sarebbe meglio chiamarle di disinformazione, che privilegiavano ed enfatizzavano il fenomeno dei sequestri di persona, ad esempio in Aspromonte. Non a caso, ci fu subito qualche "eminente" personalità politica (basti ricordare l'allora capo del governo, il democristiano Forlani, nonché alcuni noti esponenti della destra neofascista) che ne approfittò per rilanciare una proposta di legge a favore della pena capitale, fortunatamente senza successo.

Negli ultimi anni, in Italia si è alimentato un clima di crescente attenzione e tensione intorno ad alcuni reati di opinione e di associazione, attraverso campagne volte a criminalizzare il cosiddetto "movimento dei movimenti", i movimenti pacifisti e i gruppi newglobal, per evocare reazioni autoritarie e repressive, fino all'estrema richiesta di intervento armato, come è accaduto a Genova nelle drammatiche giornate del 2001, durante il G8.

Inoltre il sistema dell'informazione di massa concorre ad allestire ricorrenti campagne di allarmismo sul rischio terroristico, non più di tipo "brigatista" ma di matrice "islamico-fondamentalista", oppure rispetto ad altre forme delinquenziali come i frequenti episodi di violenza teppistica negli stadi di calcio.

Il meccanismo in questione è profondamente cinico, ipocrita e perverso, nella misura in cui l'intento reale non è affatto quello di combattere il crimine, bensì quello di provocare reazioni diffuse nella pubblica opinione, reazioni di segno autoritario, per raccogliere e riscuotere un vasto consenso elettorale.

Come è accaduto tante volte in passato, anche oggi da parte delle forze governative si tenta di strumentalizzare il "crimine" per biechi scopi elettorali, inseguendo l'approvazione da parte dell'opinione pubblica, montata ad arte dall'assordante propaganda di potenti mass-media che rincretiniscono sempre più la gente.

Il fine ultime sarebbe, in sostanza, quello di racimolare un bel mucchio di voti alle elezioni di turno, ma di certo non quello di stroncare la "delinquenza" (si pensi alla mafia, alla camorra e altre associazioni criminali, che sono sempre molto attive e potenti), dato che è impossibile farlo sul versante della soluzione carceraria, per le gravi insufficienze e contraddizioni rilevate all'inizio.

Pertanto, la risposta più giusta e razionale rispetto ai fenomeni criminali non è la repressione poliziesca e carceraria, in quanto il carcere è diventato un arnese vecchio, un anacronismo storico-culturale, come la tortura, la pena di morte, la schiavitù ed altre pratiche assolutamente incivili e disumane.

Semmai occorrerebbe mettersi d'accordo sul significato della parola "crimine". Occorrerebbe appurare e stabilire, ad esempio, se l'evasione fiscale è o non è un crimine di natura antisociale, come pure altri reati di ordine economico, che il governo Berlusconi ha depenalizzato: si pensi al falso in bilancio. Al contrario sono state inasprite le pene rispetto a comportamenti ritenuti "devianti" quali il consumo di droghe leggere.

Insomma, la giustizia è sempre molto relativa; la legge, il diritto e la morale sono storicamente determinati dagli assetti e dagli equilibri del potere, per cui ciò che un tempo costituiva un "peccato", un "tabù" o un "delitto", oggi può non esserlo più, e viceversa. Talvolta si può verificare un imbarbarimento dei costumi, un regresso culturale e politico della società, per cui vecchie norme, morali e giuridiche, che sembravano superate, vengono restaurate.

Queste sono le principali incoerenze ed ingiustizie di un sistema economico-giudiziario, per cui chi evade le tasse per milioni di euro o falsifica i bilanci di grosse società finanziarie truffando e derubando centinaia di migliaia di piccoli risparmiatori, la fa franca, mentre chi si fa semplicemente una canna rischia di finire in galera.

La politica dei governi non fa altro che legalizzare e risolvere formalmente tali storture e contraddizioni.

Del resto, come diceva il grande scrittore francese, Honoré de Balzac, "dietro ogni grande fortuna economica si cela un crimine". Berlusca docet!

 

Lucio Garofalo    


Una lettera a Corrado Augias su la Repubblica del 22 marzo 2006, e la sua risposta:

Le religioni restino fuori da scuola

Caro Augias, alte gerarchie ecclesiastiche si sono pronunciate per «inserire» la religione islamica nelle scuole. L'intervento mi sembra inopportuno e di propaganda per una presunta «apertura» della Chiesa cattolica ad altre religioni.

E' infatti noto che l'insegnamento della religione cattolica è facoltativo e, nel caso un allievo «non si avvalga», è possibile scegliere attività alternative. Peccato che in pratica ciò non avvenga quasi mai perché le scuole non hanno, oggi, i denari da destinare a tali attività.

Mio figlio, ad esempio, viene «inserito» (meglio, parcheggiato) in una classe diversa dalla propria. Ci sono poi diverse altre difficoltà che non sto qui a dire comprese le pressioni dei docenti di religione affinché allievi e famiglie abbiano vita difficile se scelgono di «non avvalersi».

In questo quadro di mancanza di risorse perfino per le fotocopie o per la carta igienica, è praticabile la strada di inserire nei piani di studi - seppur a titolo facoltativo - l'insegnamento di una diversa religione? O non si tratta piuttosto di un'operazione propagandistica per apparire tolleranti?

Quale brutto esempio per i nostri giovani che avrebbero bisogno di un insegnamento veramente laico, aperto, via maestra alla reciproca conoscenza.

M. C. C., docente cattolica

Risponde Augias:

Riassumo: una delle prime richieste avanzate al ministro dell'Interno Pisanu dal nuovo organismo della consulta islamica è stata l'introduzione di un 'ora di islamistica nelle scuole. Il cardinale Martino (presiede il pontificio consiglio Giustizia e Pace) s'è detto favorevole all'insegnamento del Corano per gli studenti musulmani che frequentano le scuole statali. Contrario il cardinale di Milano Tettamanzi e, per ragioni sbagliate, il presidente del Senato Marcello Pera.

Perché definisco sbagliate le sue ragioni? L'ex 'popperiano', ora convertito al fanatismo religioso, ne ha fatto una questione d’identità. Il modo corretto per affrontare un argomento così difficile sarebbe stato un altro.

Se alla religione cattolica per i cattolici affiancheremo la musulmana per i musulmani e poi chissà il buddismo per i buddisti eccetera, è chiaro che andremo incontro con gli anni ad una serie di ghetti più o meno grandi nei quali ognuno coltiverà la propria 'identità' conoscendo poco e male ogni altra 'identità': premessa certa di incomprensioni e scontri dal momento che i musulmani oggi superano il milione e sono in crescita.

La soluzione vera, liberale, aperta verso la pace sociale sarebbe abolire l'ora di religione quale che sia sostituendola con un insegnamento di etica valido per tutti, compresa l'etica civile di cui avremmo molto bisogno, come ogni giorno si vede. A chi pensasse che si tratta del solito suggerimento 'laicista' consiglio la lettura della bella intervista che Giacomo Galeazzi ha fatto (La Stampa 9.3 u. s.) a Vittorio Messori.

Srittore cattolico, Messori non s'è mai segnalato per particolari aperture. Eppure ha detto: “A togliere i crocifissi dai luoghi pubblici e il finto insegnamento della nostra dottrina nelle scuole dovremmo essere proprio noi cattolici, lo Stato lasci che ogni confessione si attrezzi come vuole, ma a spese sue”. 

L'ora di religione è un relitto concordatario, abolirla sarebbe un gesto di apertura e di coraggio.


Riceviamo il 7 marzo 2006 e volentieri pubblichiamo:

8 marzo: auto-determiniamo la libertà

 

Si sta mettendo a punto un attacco chiaro e determinato alla libertà e all’autodeterminazione delle donne che vivono in questo paese, un attacco mirato su più fronti ma volto ad un unico obiettivo quello di togliere spazio e voce pubblica alle donne.

Tra i primi ambiti dove la libertà delle donne è minacciata pesantemente si trova quello della sessualità con la demonizzazione di una sessualità libera e responsabile per quello che riguarda utilizzo di anticoncezionali e ricorso alla legge 194 del ’78 sull’interruzione volontaria della gravidanza.

L’attacco contro la scelta responsabile ed autonoma della donna nella gestione della propria vita relazionale e sessuale, da sempre uno dei cavalli di battaglia politica della destra e della chiesa cattolica, ora si trova anche al centro di una corsa all’accaparramento dei fondi per gestire in maniera confessionale ed ideologicamente schierata consultori privati pagati con i soldi di tutti e per svuotare definitivamente di significato le strutture pubbliche, diventate ormai servizi sanitari asettici. L’ultimo affronto è costituito dall’ipotesi di far entrare nei consultori pubblici i volontari delle strutture cattoliche per fare  informazione contraria alla libertà delle donne di scegliere quando e come e soprattutto se avere una gravidanza. Se così fosse si violerebbe pesantemente ogni tipo di rispetto per la tutela della libertà di scelta e della privacy di chi decide di andare in un consultorio pubblico per avere informazioni su anticoncezionali o per affrontare una interruzione volontaria di gravidanza.

Ma l’attacco più pesante in termini di sessualità rimane quello portato a termine con la legge 40 del 2004, quella sulla procreazione assistita. Con questa legge la donna viene sottoposta ad un regime di minorità perché non può liberamente ricorrere alle tecniche di fecondazione assistita che sono disponibili, quindi non può decidere liberamente se, come e quando avere una gravidanza e diventare madre. Con questa legge la salute della donna è sottoposta alle decisioni mediche, sparisce la possibilità di ogni tipo di autodeterminazione e alla salute della donna viene anteposta quella dell’embrione.

Tutto questo accanimento contro la libertà delle donne si situa in un contesto in cui la parità salariale è un miraggio, la precarizzazione del mercato del lavoro colpisce soprattutto le donne, le giovani laureate stentano a trovare lavori equiparati alla loro formazione e sono sottopagate, spesso sfruttate, le giovani non fanno più figli perché vivono in uno stato di precarietà economica.

Inoltre la violenza familiare e sociale nei confronti delle donne è altissima e in aumento, non dimentichiamo infatti i casi arrivati nella stampa nazionale ma che costituiscono il simbolo di tante violenze silenziose che accadono tutti i giorni. Tra queste l’omicidio della ragazza di Biella uccisa dall’uomo che l’aveva violentata anni prima, dopo essere stata da questo perseguitata per anni oppure la sentenza della Terza Sessione della Corte di Cassazione che definisce una violenza sessuale meno grave solo perché una donna, per di più minorenne, ha già avuto esperienze sessuali.

Ma di fronte al tentativo di riportare le donne solo nel privato del ruolo familiare, altro cavallo di battaglia di un’ideologia finto tradizionalista ma tardo capitalista, perché le donne vengono riportate sempre al privato in momenti di contrazione economica e di difficoltà sociali, noi rivendichiamo il diritto ad avere una voce pubblica e a riprendere la parola a partire da:

 

Libertà di scelta nelle relazioni e nella vita sessuale

 

Autodeterminazione di ogni decisione sul nostro corpo e sul nostro vissuto

 

Federazione dei Comunisti Anarchici -Commissione etiche e politiche di genere

www.fdca.it

 

 


Riceviamo da Lucio Garofalo  nel febbraio 2006 e volentieri pubblichiamo:

Guerra globale permanente

La dottrina strategico-politica di Bush potrebbe riassumersi, almeno per quel che riguarda la sua versione ufficiale, nel seguente schema di ragionamento: esportare ed imporre, con la violenza delle armi, la cosiddetta “democrazia” - ossia il modello U.S.A. di democrazia - in tutto il pianeta, soprattutto laddove è più conveniente, come nell’area del Golfo Persico, tra i Paesi più ricchi di petrolio e di altre preziose materie prime che scarseggiano sempre più e dunque costano sempre più.

Non dobbiamo dimenticare che il Golfo Persico, esattamente la Mesopotamia - l’attuale Iraq - fu, in tempi remoti, la culla delle prime, più evolute civiltà umane come i Sumeri, i Babilonesi, poi assoggettati dagli Assiri, ecc.

La rozza dottrina della White House di Washington, espressa da alcune avanguardie ideologiche neoconservatrici, pretende di imporre la “civiltà moderna” (retta su un assetto imperiale dell’economia capitalistica in fase di espansione su scala planetaria, un assetto guidato dai vertici dell’establishment militare-industriale nordamericano) a popoli che conoscono la civiltà più autentica dall’epoca più antica della storia del genere umano.

Secondo la teoria dell’amministrazione yankee, in Medio Oriente non può esserci “pace” o “stabilità”, senza un cambio di regime in Iraq, in Iran, in Siria, che sono tre micro-potenze regionali, i cui governanti, sgraditi all’Occidente perché avversi alla “democrazia occidentale”, impedirebbero un’equa soluzione del conflitto arabo-israeliano, precisamente della questione palestinese, che rappresenta il nodo centrale di tutte le vertenze e le controversie mediorientali - ciò è l’unico elemento di verità contenuto nella tesi nordamericana! Da tali premesse teorico-politiche, formulate dall’amministrazione Bush, si deduce che nel prossimo futuro, la presunta “democrazia” made in U.S.A. dovrebbe essere imposta, ovviamente con la forza bellica, ossia con un violento rovesciamento dei regimi in carica, in Iran e in Siria…e poi? L’esportazione della “democrazia” sarà dunque imposta dappertutto, esattamente laddove converrà agli interessi imperiali ed espansionistici dell’economia del dollaro, inaugurando un lungo ciclo di guerre di rapina, o meglio un ciclo di “globocolonizzazione” del pianeta da parte dello strapotere che fa capo al regime yankee, protettore dell’economia di Wall Street, delle multinazionali, del Fondo Monetario Internazionale, della Banca Mondiale e via discorrendo.

Ma vediamo in breve come funziona il sistema, tanto decantato, della “democrazia” degli Stati Uniti d’America.

Mi pare che nella “società democratica” più antica e potente del mondo, il potere politico sia concentrato esclusivamente nelle mani di un’oligarchia elitaria di professionisti e carrieristi dello Stato, mentre i “cittadini-sudditi” possono esercitare solo un “diritto-dovere” di voto.

In effetti, nella realtà statunitense appena il 40 % della popolazione mette davvero in pratica quel “diritto-dovere”; invece il restante 60 % diserta regolarmente, puntualmente, le urne elettorali. Sfido chiunque a confutare tali dati.

Invito chiunque a smentire il fatto che alle ultime elezioni presidenziali nordamericane, Bush junior è stato eletto solo con il 20 % dei consensi.

Pertanto la “democrazia” made in U.S.A. esclude dalla partecipazione politica concreta - ma anche dalla partecipazione di tipo semplicemente politico-formale ed elettorale - oltre il 60 % della popolazione statunitense. Infatti milioni di negri, di ispanici, di cinesi e di altre “minoranze etniche” - che insieme formano la stragrande maggioranza del popolo nordamericano -, si astengono in maniera cronica e sistematica, dall’esercizio e dalla pratica del voto, perché non si sentono politicamente rappresentati, per cui sono estromessi dal sistema politico, sono di fatto emarginati dalla “vita democratica” del Paese, nella misura in cui i diritti e le libertà democratiche sono in pratica negati alla cospicua maggioranza dei “cittadini” statunitensi.

Invece di imporla, o proporla, agli altri popoli della Terra, mi pare che i governanti di Washington dovrebbero preoccuparsi di estendere, in modo concreto, la civiltà democratica più autentica, lo stato di diritto, le libertà costituzionali, sancite solo formalmente, a tutti i “cittadini” ai quali quei diritti e quelle libertà di carattere democratico, sono attualmente negati - e sfido chiunque a contestare tali affermazioni.

Purtroppo i “maestri” e i “campioni” - come Bush & soci - di questa ipocrita e perversa “democrazia”, pretendono di imporla all’intero pianeta con il ricorso sistematico alla guerra, al fine di espandere e rafforzare l’organizzazione di un “involucro protettivo”dell’Impero economico-monetario globale che fa capo al dollaro statunitense.                                                                                                 

Dall’11 settembre 2001, giorno dell’orribile attentato compiuto contro le Twin Towers di New York, nel cuore dell’Impero globale, si è sempre più evidenziato un dato certo ed inoppugnabile, una verità che, per quanto possa apparire cinica ed amara, è assolutamente inconfutabile.

Come gli avvenimenti immediatamente successivi hanno dimostrato ed in seguito anche gli eventi a noi più prossimi hanno confermato, quell’efferato crimine perpetrato contro l’umanità, quell’abominevole eccidio di massa – tanto per chiarire la mia opinione -, ha fornito l’occasione più propizia per produrre nuove, immense “fortune” economiche e politiche sulla scena planetaria. Molto probabilmente, come si venne a sapere da attente indagini sui movimenti finanziari condotti nei giorni immediatamente precedenti al massacro contro il popolo statunitense (non contro il capitalismo nordamericano e mondiale, come si è voluto supporre ), il risvolto economico relativo alla formazione di ingenti profitti finanziari accumulatisi nelle settimane e nei mesi successivi all’attentato, suffraga un’ipotesi solo in apparenza folle o parossistica, secondo cui l’azione stragista non sia stata motivata da alcun intento di natura politico-ideologica, né da sentimenti etico-religiosi di ispirazione islamico-integralista, ma esclusivamente da ignobili finalità di segno affaristico.

Immagino che tali affermazioni possano suscitare reazioni di sdegno e scandalo tra i lettori, nella misura in cui rivelano una raccapricciante realtà, quella di un sistema economico rapace e criminale, articolato ed esteso su scala globale, un mostruoso apparato capitalistico-finanziario costruito su metodi scientifici di sfruttamento, di rapina e di estorsione, attuati a livello planetario.

Questo “nuovo ordine mondiale” permette a speculatori totalmente privi di scrupoli, di approfittare anche e soprattutto dei più atroci delitti e delle peggiori nefandezze – come l’attentato commesso a New York nel settembre 2001 -, per accumulare colossali “fortune” economiche, per rimpinguare i proventi capitalistici di pochi, potentissimi detentori delle ricchezze mondiali, depositari del dominio sull’economia imperiale planetaria, e perciò padroni del destino di tutti i popoli della Terra, un pianeta abitato da oltre sei miliardi di esseri umani, i due terzi dei quali vivono molto al di sotto della soglia della povertà, in particolare quasi due miliardi di individui si trovano al limite estremo della povertà, sopravvivendo a stento con meno di un euro al giorno.

Tale assetto del potere economico-politico strutturato su scala globale, favorisce quindi una crescente concentrazione delle ricchezze, nonché del controllo e delle decisioni politiche internazionali, nelle mani di minoranze sempre più ristrette, sempre più avide e corrotte, sempre più criminali e prepotenti, capaci di estorcere con la violenza, più o meno legale – vedi il caso Iraq -, le risorse materiali ed umane appartenenti ai popoli della Terra, ossia a miliardi di persone, e capaci di sottrarre, con l’inganno e l’astuzia, i risparmi di milioni e milioni di piccoli investitori e di semplici lavoratori in tutto il mondo, condannandoli alla fame ed alla miseria. In altri termini, questo “ nuovo ordine globale” è costruito in modo tale da accrescere nel tempo le già gravissime sperequazioni e disuguaglianze sociali e materiali oggi esistenti, approfondendo il divario a forbice tra ricche minoranze sempre più ricche e potenti, da un lato, e dall’altro masse sempre più estese di poveri, destinate ad impoverirsi e disumanizzarsi sempre di più.

Con l’avvento della cosiddetta “globalizzazione economica”, ossia con l’ascesa e l’espansione a livello mondiale del mercato capitalistico, si è storicamente determinato un metodo di distribuzione delle ricchezze planetarie sempre più iniquo, irrazionale ed intollerabile per la stragrande maggioranza delle donne e degli uomini della Terra, con conseguenze e costi inimmaginabili per l’equilibrio e la distensione mondiali, vista anche la tendenza demografica di natura esplosiva e destabilizzante che si registra nella realtà abnorme di continenti come l’Africa e l’Asia.

Sulla base del ragionamento fin qui sostenuto, si può senza dubbio asserire che con l’atto terroristico e criminale dell’11 settembre 2001, non abbiano nulla a che spartire, né la causa arabo-palestinese, né le rivendicazioni dei diseredati della Terra, né il fondamentalismo religioso di matrice islamica, né l’antiamericanismo ideologico, né altre ragioni che sono senz’altro più nobili, bensì soltanto il folle e spietato cinismo degli affari, l’arroganza e la perversione di un sistema economico privo di moralità e di ideali, l’avidità e la voracità di un capitalismo mondiale scevro di umanità e sprovvisto di un minimo di razionalità etica, mosso esclusivamente da una logica ferrea e feroce costituita dalle ragioni del profitto e del business finanziario.

Si pensi, ad esempio, alla guerra in Iraq e alle sue cause, siano esse ipotetiche, reali o dichiarate. In quella tragica vicenda, la principale “colpa” di Saddam Hussein non è stata tanto quella di essere un dittatore feroce e sanguinario, come veniva sbandierato dalla propaganda bellicista anglo-americana e come in effetti egli è stato, bensì quella di aver convertito in euro, all’incirca tre anni fa, ingenti riserve statali di petrodollari, un “reato” assolutamente grave ed imperdonabile per i padroni ( pochi ) e per i servi (tantissimi ) dell’Impero monetario del dollaro statunitense, il cui primato, quando viene meno la spinta motrice dell’economia e della politica, viene sorretto e rilanciato da una devastante forza militare!

Inoltre, non sono da sottovalutare le ragioni connesse al controllo e al possesso delle risorse petrolifere e di altre preziose materie prime di cui l’Iraq è uno dei principali paesi produttori, nonché l’enorme importanza che l’Iraq riveste per la sua centralità territoriale in un’area strategicamente essenziale come quella del Golfo Persico, tra il Medio Oriente e l’Asia centro-orientale. Per molti anni il regime tirannico di Saddam ha costituito un fedele bastione dell’occidente a presidio di un’area che nel lontano 1979 fu destabilizzata dalla rivoluzione khomeinista, esercitando un ruolo funzionale agli obiettivi economico-politici nordamericani.

Infatti, non si può fingere di non sapere che Saddam è stato il principale alleato degli interessi imperiali statunitensi ed un ottimo socio in affari della Casa Bianca, visto che è più facile stringere patti scellerati e stipulare intese economico-politiche di un certo tipo, ossia poco pulite e poco lecite, con i regimi dittatoriali anziché con governi più democratici.

Purtroppo per Saddam Hussein, quell’amicizia e quel sodalizio sono definitivamente crollati allorquando il famigerato dittatore ha firmato un accordo per la fornitura di greggio iracheno – che, non dimentichiamolo, è il meno caro del mondo, se si pensa che un litro di benzina in Iraq costa appena 10 lire! – a favore della Francia, della Russia e della Cina, e dall’intesa sono rimasti esclusi proprio gli U.S.A., i quali si sono prontamente vendicati, da “padroni del mondo” come essi si proclamano e come pretendono di essere considerati.

In effetti, proprio dal momento in cui il primato economico-militare nordamericano si è imposto rapidamente su scala planetaria, grazie soprattutto al crollo del muro di Berlino e del Patto di Varsavia, incentrato sul predominio sovietico, ovvero dal 1989 in poi, la crescente preponderanza dell’economia sulla politica e sulle altre dimensioni della vita sociale degli uomini, ha convinto gli stessi fautori e teorici della “globalizzazione” ad impossessarsi degli strumenti di analisi e di indagine scientifica che erano propri del pensiero marxista, allo scopo di comprendere e controllare meglio i processi e le dinamiche, sempre più vaste e complesse, di un’economia di mercato che si espande e si afferma con velocità vertiginosa a livello globale.

Oggi, nessuna persona dotata di buon senso e di onestà intellettuale, può dunque negare l’ignominiosa evidenza di un mondo sempre più dominato da pochi operatori finanziari in grado di determinare, o quantomeno di condizionare, in maniera abietta e scellerata, le scelte politiche fondamentali per il destino dell’intera umanità.

 


Nostro articolo del 2006:

La satira

strumento raffinato per mettere a nudo le contraddizioni del potere dominante, non è altro, a mio parere, che una caricatura della realtà com'è o come viene percepita da un altro punto di vista.

Ma se la "realtà" viene inventata non è più satira, ma diventa offesa o maldicenza gratuita.

In questo caso può diventare strumento del potere per ottenere dei vantaggi mediatici.

Non ammiro D'Alema, ma penso che avesse ragione a denunciare Forattini che lo disegnò intento a cancellare dei nomi dal dossier Mitrokin.

Che satira sarebbe quella di un vignettista che mi tratteggiasse, che so, nell'atto di rubare delle merci in un supermercato? Potrebbe solo servire a un mio oppositore per mettermi in cattiva luce, non certo per far sorridere o riflettere.

Lo stesso penso delle vignette su Maometto. Non è vero che non si può fare satira sull'Islam, ne è stata fatta da sempre tantissima, ma nessuno ne aveva mai falsificato il pensiero, facendo credere che i suoi insegnamenti fossero terroristici.

Questo può servire al potere ora dominante che, per ottenere un'approvazione popolare alle guerre di aggressione gia programmate, deve far credere che i seguaci della religione islamica sono tutti, e non solo una minoranza di disperati, potenziali terroristi, perché questi sono gli insegnamenti del Corano.

Da notare, inoltre, che i responsabili dello stesso giornale, che ora si inalberano in difesa della libertà di stampa, rifiutarono a suo tempo di pubblicare vignette su Gesù.

 

di Iro Bazzanti

 

Mi permetto di considerare che, se ammettessimo che le parole del Corano siano ispirate veramente dal personaggio chiamato Maometto, o che addirittura siano i suoi insegnamenti diretti, allora dovremmo proprio dire che altro che terroristi, gli insegnamenti del Corano! Si predica chiaramente che i non credenti vanno uccisi o, comunque, sottomessi. E la realtà è stata che l'Islam si è espanso principalmente con la guerra di aggressione. Guerra!

 

il curatore del sito

Jàdawin


Articolo inviatoci da Maria Mantello nel 2006:

La laicità e la croce.

Una gran confusione ideologica per la sesta sezione del Consiglio di Stato.

di Maria Mantello

 

L’imposizione del crocifisso nei luoghi pubblici contrasta con il supremo principio della laicità dello Stato? Nessun problema! Stabiliamo per legge che è un simbolo laico. E’ questa la verbalistica acrobazia della recente sentenza del Consiglio di Stato n.7314/2005, depositata il 13 febbraio scorso e relativa al ricorso della signora Soile Lauti che aveva chiesto la rimozione del simbolo religioso cristiano dalle aule del “Vittorino da Feltre”, la scuola di Abano Terme frequentata dai figli Dataico e Sami Albertin.

I giudici della Sesta Sezione del Consiglio di Stato, non potendo rimettere in discussione il fatto che lo Stato italiano non può essere né tutore, né propagatore di confessionalismo, quello cattolico compreso, hanno tentato di identificare la croce con la laicità. Anzi, di farne l’eccellente emblema della laicità stessa. Un tribunale amministrativo, quale appunto è il consiglio di Stato, non può contraddire infatti le autorevoli sentenze della Cassazione (in particolare 439/2000) e della Corte Costituzionale (in particolare 203/1989), che hanno sempre ribadito che la religione cattolica non è più  religione dello Stato, come stabiliva lo Statuto Albertino a cui anche le normative fasciste si rifacevano per l’imposizione della croce in edifici pubblici: scuole, uffici, tribunali, ecc. Quelle stesse normative a cui si richiamano attualmente quanti vogliono oggi rimettere le croci nei locali statali. Pertanto, i giudici del Consiglio di Stato hanno cercato di dare una mano a questi ultimi impelagandosi in tutta una serie di strumentali dissertazioni linguistiche sul valore e il significato della laicità, allo scopo di individuarne nel Crocifisso il supposto simbolo identitario dell’intero popolo italiano.

La laicità, ha sentenziato la Sesta Sezione del Consiglio di Stato, non è un valore assoluto, ma va interpretata in riferimento “alla tradizione culturale, ai costumi di vita, di ciascun popolo”.

Così, secondo una visione che ricorda la destra hegeliana, è stata riproposta la stantia assimilazione identitaria tra “spirito del popolo” e “religione cristiana”, presupponendo per il popolo italiano un’organicità statuale in chiave cattolica. Teorizzazioni queste che in Italia (non ci stanchiamo di ripeterlo) hanno avuto tanto successo nella dottrina dello stato etico fascista.

Ma torniamo alla sentenza del Consiglio di Stato n.7314/2005, per la quale il simbolo della Croce non è da vedersi in modo univoco, ovvero come simbolo della fede cattolica, perché può assumere diversi significati e servire per intenti diversi in relazione al luogo in cui è esposto. Pertanto, se esibito in un posto dove si prega, sarebbe essenzialmente religioso, ma in una sede non religiosa, come una scuola, sebbene per i credenti continui ad avere questa valenza, per tutti gli altri potrà svolgere una funzione simbolica altamente educativa, a prescindere dalla professione di fede.

È evidente si legge nella sentenza n.7314/2005- che il crocifisso è esso stesso un simbolo che può assumere diversi significati e servire per intenti diversi; innanzitutto per il luogo ove è posto. In un luogo di culto il crocifisso è propriamente ed esclusivamente un “simbolo religioso”, in quanto mira a sollecitare l’adesione riverente verso il fondatore della religione cristiana. In una sede non religiosa, come la scuola, destinata all’educazione dei giovani, il crocifisso potrà ancora rivestire per i credenti i suaccennati valori religiosi, ma per credenti e non credenti la sua esposizione sarà giustificata ed assumerà un significato non discriminatorio sotto il profilo religioso, se esso è in grado di rappresentare e di richiamare in forma sintetica immediatamente percepibile ed intuibile (al pari di ogni simbolo) valori civilmente rilevanti, e segnatamente quei valori che soggiacciono ed ispirano il nostro ordine costituzionale, fondamento del nostro convivere civile. In tal senso il crocifisso potrà svolgere, anche in un orizzonte “laico”, diverso da quello religioso che gli è proprio, una funzione simbolica altamente educativa, a prescindere dalla religione professata dagli alunni”.

Insomma, parafrasando il motto “non è l’abito che fa il monaco”, qui l’abito (ovvero il luogo) farebbe il simbolo. E che simbolo! Un Cristo ad uso e consumo del luogo. E non più, come dovrebbe essere (se non altro per rispetto alla fede) un Cristo che rende sacro il luogo in cui si trova.

Ma c’è dell’altro. Secondo le affermazioni di questi giudici: è del tutto evidente che in Italia, il crocifisso è atto ad esprimere, appunto in chiave simbolica ma in modo adeguato, l’origine religiosa dei valori di tolleranza, di rispetto reciproco, di valorizzazione della persona, di affermazione dei sui diritti, di riguardo alla libertà, di autonomia della coscienza morale nei confronti dell’autorità, di solidarietà umana, di rifiuto di ogni discriminazione, che connotano la civiltà italiana”.

Una opinione che contrasta palesemente con i fatti storici. Qualche esemplificativa domanda vorremmo porla: Era valore di tolleranza la persecuzione degli ebrei in nome della croce? Compresi i battesimi coatti dei bambini ebrei, i cui echi sinistri sono risuonati ancora in piena shoah? E anche dopo impedendone la restituzione alle loro famiglie ebree? O i roghi degli eretici o delle donne accusate di essere le amanti del diavolo, ovvero le fantomatiche streghe? E ancora: Propagavano la libertà e la valorizzazione della persona anche gli inquisitori (oggi prefetti per la difesa della fede) imponendo stermini ed indici dei libri propibiti? Oppure le bande dei sanfedisti finanziate dal clero? E le scomuniche contro il Risorgimento le vogliamo occultare? Per non parlare dei reiterati anatemi contro la libertà di pensiero in nome dell’appartenenza identitaria all’unica anima cattolica? E poi ancora contro liberali, repubblicani, socialisti, comunisti, mentre si legittimavano massacri e dittature degli “uomini della Provvidenza” in cambio di Concordati?  E tutto questo (e ancora tanto altro) sempre in nome della Croce, di cui la Chiesa cattolica apostolica romana si diceva (e si dice) univoca interprete e depositaria?

Ma la Croce, il credente, stando al dettato evangelico, non dovrebbe prenderla su di sé, invece di scagliarla sugli altri, fosse pure attraverso le pareti delle aule scolastiche?

Questa sentenza, allora, sembrerebbe dettata più da un uso ideologico della legge che da una serena applicazione della Legge. Costituzione repubblicana in primis. Una Costituzione che è nata dalla guerra di Liberazione, anche contro chi benediceva i gagliardetti fascisti e nazisti.

Una sentenza che assomiglia più ai virtuosismi linguistici di una summa teologica nella pretesa di ricondurre sempre e comunque ogni cosa (laicità compresa) al principio dell’universalismo confessionale cattolico.

Una sentenza dove la laicità si dovrebbe annegare nella fede al motto di “crocifiggiamo l’Italia”. Per quello che ci riguarda auspichiamo che la Croce resti il simbolo delle fedi cristiane.

E’ dal contrasto con le fedi che sono nate tolleranza e la libertà. In una parola la laicità. Il diritto di credere o di non credere è una conquista della laicità e non deriva certamente dall’imposizione di una Croce che dall’Editto di Teodosio in poi è stata ufficialmente causa di tante carneficine.

Alla scuola l’ardua impresa di educare alla libertà di pensiero e di coscienza. Questo il compito che la Costituzione Repubblicana le affida per la formazione di individui liberi e responsabili. Un compito che alla scuola viene da lontano. Da quando nel V secolo la filosofia greca pose le radici laiche dell’Europa e dell’Occidente nella scelta e nel dubbio.

 

Maria Mantello (docente, pubblicista e saggista. Vicepresidente Associazione Nazionale del Libero Pensiero Giordano Bruno)

 


Articolo inviatoci da Maria Mantello nel 2006:

Insegnanti di Dio

di Maria Mantello

 

Non solo sono stati assunti in ruolo dopo essere stati reclutati dal Vaticano. Non solo potranno andare ad insegnare anche altre materie. Adesso, per giunta, percepiranno uno stipendio superiore a quello degli altri docenti. Si tratta degli insegnanti di religione cattolica a cui l’emendamento passato definitivamente alla Camera il 9 febbraio ultimo scorso, in occasione della conversione del decreto-legge 250/05 sulla loro immissione in ruolo, concederà di percepire uno stipendio più alto, con riconoscimento retroattivo ai fini dell’anzianità del servizio svolto in qualità di incaricati annuali dall’ordinario diocesano.

Mentre per tutti gli altri docenti, all’atto dell’immissione in ruolo, lo stipendio è ad anzianità zero e solo una minima parte degli anni di docenza svolti precedentemente andranno ad incrementare le retribuzioni, per gli insegnanti di religione cattolica nulla va perduto. Così, gli anni di precariato, solo per questi particolari “insegnanti di Dio” sono completamente computati ai fini della carriera e della retribuzione. Amen

 


Nostro articolo del 2006:

Deriva Psichica

di Iro Bazzanti

Accendo la televisione e sento un certo Sig. Ferrando, in collegamento esterno nella trasmissione Ballarò, parlare di amoralità della guerra, che la nostra costituzione ne vieta l'uso sia come mezzo di offesa che per dirimere controversie internazionali, che un popolo sottoposto a invasione ha il diritto di difendersi, come sancisce anche la nostra legislazione. Se ne deduce quindi che la distruzione di un intero Paese, l'Iraq, il massacro di centinaia di migliaia di suoi abitanti e l'avere al soldo esseri riprovevoli, che non dovrebbero neanche esistere, come i torturatori, non è ne moralmente ne legalmente accettabile.

Ho sentito poi i commenti di autorevoli esponenti politici e di giornalisti apostrofare il suddetto di essere un personaggio impresentabile, che i suoi ragionamenti sono inammissibili e del come sarebbe improbabile  vincere delle elezioni con avendo come aggregati uomini così riprovevoli.

Possibile che il potere incanti così tanto da far passare una persona normale come un estremista, e degli estremisti come persone normali?

Se, un domani, una Wanna Marchi qualunque comperasse la maggior parte dei mezzi di informazione e diventasse Presidente del Consiglio, deduco che contestare la vendita di numeri del lotto e condannare l'offerta a caro prezzo di pochi grammi di sale contro il malocchio sarebbe considerato da infami.


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