Politica e Società-13
(ateismo e agnosticismo inclusi...)
2016 dc
commenti, contributi e opinioni
kynoos@jadawin.info
Ho unificato le due precedenti pagine di Politica e Sociale perché, in fondo, si occupavano degli stessi temi. Per non appesantirne il peso nel sito le ho numerate progressivamente a partire da quella con notizie e fatti più vecchi.
In questa pagina ci sono testi con data 2016 dc, il più recente all'inizio.
Da vari decenni i desaparecidos
argentini chiamano Jorge Bergoglio (Provinciale dell'ordine dei Gesuiti
al momento della loro morte), ma lui continua a non rispondere. E ora,
anche da papa, Francesco non sembra intenzionato a chiedere perdono per
il comportamento suo e dell'alta gerarchia cattolica negli anni di
maggior ferocia dei militari al potere (1976-79, nel quadro di una
dittatura durata dal 1976 al 1983). Quelli furono anche gli anni più
propizi per la sua carriera ecclesiastica: fu infatti Provinciale - la
massima autorità nazionale dei gesuiti - proprio dal 1973 al 1979,
l'anno in cui al vertice della Celam a Puebla si batté in prima linea
nella condanna della teologia della liberazione. A partire da
quell'anno fatidico, la sua carriera fu tutta in salita, fino ad
arrivare dove sappiamo. In questi giorni è in uscita un film - Chiamatemi Francesco, diretto da Daniele Luchetti e prodotto da Taodue, di proprietà del gruppo berlusconiano Mediaset - che torna su quelle tragiche vicende, col preciso impegno di assolvere papa Francesco proprio in relazione a ciò che fece (e soprattutto non fece) negli anni peggiori della dittatura. Non trascura nemmeno le accuse specifiche riguardo al sequestro di due suoi confratelli (Jalics e Yorio) che furono subito rivolte contro di lui dai diretti interessati e poi riprese agli inizi di questo millennio in due libri del celebre giornalista Horacio Verbitsky (entrambi tradotti in italiano dalla Fandango, anche se ben pochi lo sanno, visto che su questi due libri vige la più ferrea congiura del silenzio). Si tratta di un'operazione cinematografica un po' maldestra di camuffamento delle responsabilità di Bergoglio, anche se il film non esita a mostrare una parte della colpa che ebbe la gerarchia cattolica per i massacri di quegli anni terribili. Il film, infatti, compie un'operazione politica molto precisa: mentre abbandona l'alta gerarchia cattolica argentina al giudizio della Storia (visto che le sue colpe sono indifendibili e comunque appartenenti a un sempre più lontano passato), allo stesso tempo tenta disperatamente di salvare il soldato Bergoglio (in fondo era pur sempre un subordinato, un gesuita sottoposto a disciplina quasi militare nei confronti del suo Superiore, Pedro Arrupe, Preposito Generale della Compagnia di Gesù dal 1965 al 1983). Va però detto che anche la denuncia delle responsabilità della Chiesa nel film è tendenziosamente insufficiente, visto che non compare mai il nome del numero uno della gerarchia cattolica che fu il maggior complice dei militari: Pio Laghi, nunzio apostolico in Argentina dal 1974 al 1980. Per avere un'idea del suo ruolo (oggetto di polemiche anche in ambienti cattolici), basti dire che con il generale piduista Massera giocava a tennis, mentre nel Paese scomparivano ad opera dei militari circa 30.000 persone, molte dopo indicibili torture e trattamenti disumani d'ogni genere. È certamente un'ironia della società dello spettacolo che il compito di assolvere il Papa argentino-astigiano sia affidato a un regista laico, dotato alle spalle di una robusta cinematografia di denuncia (Il portaborse, Mio fratello è figlio unico, La scuola) della quale io rimango personalmente grande ammiratore, nonostante la caduta verticale e abissale di questo film. |
Per es. in questo caso Luchetti basa gran parte del film sulla
rappresentazione filmica di cosa Bergoglio potrebbe aver pensato in
occasione di determinati assassini, di arresti, di incontri con tanta
povera gente ecc. Ebbene, questo procedimento del film è in primo luogo
monotono e ripetitivo. Ricorrono situazioni molto uguali fra loro (per
lo più drammatiche) che si riflettono senza grandi variazioni nelle
espressioni un po' statiche del volto del povero Rodrigo de la Serna
(qui impegnato a rendere vero l'impossibile), che invece era parso
magnifico nella parte di Alberto Granado nei Diari della motocicletta
(a differenza del collega Gael García Bernal nei panni del giovane
Ernesto). In secondo luogo è arbitrario: la sofferenza interiore di Bergoglio viene data come fatto certo, gli si mettono in bocca parole e riflessioni tutte uguali, incontrovertibili, senza sconnessioni, cambiamenti di opinione o momenti di eroismo (mentale) od opportunismo (anch'esso mentale). Un fatto che certamente contribuisce a costruire l'immagine del santino (indubbio l'intento agiografico anche nel tipo di inquadrature, i primi piani accattivanti, la modestia nel vestire, l'essenzialità dei movimenti) che qualcuno ha già timidamente riconosciuto nella figura attoriale del futuro Papa. Del resto, diciamocelo una volta per tutte: questa indagine retrospettiva di cosa può aver provato Bergoglio davanti allo sterminio dei suoi connazionali e, concediamolo pure, magari davanti alla propria impotenza nel porvi termine, avviene oggigiorno, a tanti anni di distanza e solo perché Bergoglio è diventato papa. Altrimenti la sua storia personale, il suo tormento interiore e gli accomodamenti che deve aver trovato con la propria coscienza per non essere travolto dai complessi di colpa, sarebbero scomparsi nell'anonimato come tanti altri. La sua vicenda interiore si sarebbe dissolta nel nulla, alla pari dei molti altri prelati responsabili come lui, alcuni certamente complici, che rifiutarono di fare alcunché per fermare i militari e impedire lo sterminio di un'intera generazione intellettuale e militante, la «meglio gioventù argentina». |
Pio Laghi, Jorge Videla e Leopoldo Galtieri
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E poiché la società dello spettacolo
nel suo insieme - della quale Francesco mi sembra un ottimo esponente
manipolatore - sta accreditando un'immagine simpatica, umana e
gradevole di questo Papa, per le masse cattoliche e non (in un momento
tra l'altro in cui tende a crescere la contrapposizione cattolica
all'islamismo), la mistificazione di questo film avrà certamente facile
presa anche sui non credenti, e anche gli spettatori laici gli
perdoneranno facilmente il fatto d'essere monotono, retorico,
agiografico e cinematograficamente poco gradevole. Ecco, se potessi io farei invece un film al limite del surreale sugli incubi notturni di quest'uomo che, a differenza di Luchetti, sa bene di quali colpe si è macchiato nell'ambito della Chiesa argentina, ma non intende chiedere perdono. E quindi è giocoforza pensare che ai desaparecidos toccherà ancora per molto tempo, forse per sempre, continuare a chiamarlo per nome dal buio vortice del loro martirio: Jorge Bergoglio. ___________________
PER COMPLETARE LA RECENSIONE DEL FILM SOPRA ESPOSTA E PER FORNIRE AL LETTORE QUALCHE ARGOMENTAZIONE SULLE RESPONSABILITÀ DI BERGOGLIO ALL'EPOCA DELLA DITTATURA, SIA IN GENERALE, SIA IN PARTICOLARE PER LA VICENDA DEI DUE GESUITI SEQUESTRATI DOPO CHE LUI AVEVA TOLTO LORO LA COPERTURA DELLA VESTE SACERDOTALE, ALLEGHIAMO LE LETTERE SCRITTE DA MASSARI NEL 2013 A UN SACERDOTE CHE AVEVA SOLLECITATO UNA SUA OPINIONE. SONO LETTERE INEDITE, UTILI COME ANTIDOTO ALLE MISTIFICAZIONI DEL FILM DI LUCHETTI. [la Redazione] |
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