Politica e Società-10

(ateismo e agnosticismo inclusi...)

2013 dc

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Ho unificato le due precedenti pagine di Politica e Sociale perché, in fondo, si occupavano degli stessi temi. Per non appesantirne il peso nel sito le ho numerate progressivamente a partire da quella con notizie e fatti più vecchi.

In questa pagina ci sono testi con data 2013 dc, il più recente all'inizio.


Da www.repubblica.it 28 Settembre 2013 dc:

"Le macchine? Al servizio dell'uomo.
Il Paradismo è la filosofia del futuro"

di Ludovica Amoroso

L'idea utopica del "paradiso in terra" sta accogliendo adepti in diverse nazioni del mondo: l'obiettivo è che l'essere umano dedichi la propria vita alla ricerca, alle arti, agli studi, o allo sviluppo personale. Lasciando ogni incombenza alle macchine che "libereranno l'individuo dalla schiavitù del lavoro e del denaro". Ecco come.

UOMINI amministratori e automi manovali. O meglio: uomini creativi, intellettuali, scienziati, artisti e robot creatori di forza lavoro. Una teoria racchiude questo pensiero in una parola: Paradismo, sinonimo di "tecnologia al servizio dell'uomo".  Un mondo in cui l'innovazione libererà l'umanità dalla schiavitù di denaro e di lavoro. Dimentichiamo perciò la concorrenza uomo-macchina, quella su cui economisti, ricercatori,  sociologi stanno da tempo dibattendo perché considerata come crescente piaga del futuro per la perdita di 5-10 milioni di posti di lavoro ogni anno. Opinione condivisa è che sia fondamentale competere con le macchine e non andare contro di esse.  "È la chiave per vincere la gara": lo avevano scritto  Andrew McAfee ed Erik Brynjolfsson, ricercatori  del MIT, nel loro libro "Race against the machine".

"In medicina, nella ricerca scientifica, così come nel diritto, nella finanza, nel commercio e nella produzione", la componente umana deve costituire l'elemento essenziale. Per il futuro, ci ha dichiarato qualche tempo fa il professor Emanuele Micheli, coordinatore didattico della Scuola di Robotica di Genova, "è plausibile che si prefigurerà uno scenario di professioni qualificatissime, intellettuali e/o creative, mentre ai droidi spetterà il compito  di sostituire l'uomo nelle mansioni più complesse e pericolose".

Il Paradismo, invece, elimina l'intervento umano nella gestione e in futuro anche nella realizzazione dei prodotti e dei servizi. Va perciò molto oltre quanto sopra riferito dai ricercatori che abbiamo citato. Tutto è affidato nelle mani degli instancabili robot, programmati per il cento per cento di efficienza. Solo per fare qualche esempio: si lavora allo sviluppo di materiali intelligenti che trasformeranno e che si trasformeranno in oggetti (ovvero la materia riprogrammabile o "Claytronics", quel settore emergente dell'ingegneria relativo a robot nanometrici riconfigurabili); stampanti in 4D (dove la quarta componente è il tempo); o macchinari che possono produrre tutto ciò che vogliamo o che possiamo immaginare. Insomma si lavora alla nascita di una "tecnologia che ci renderà liberi". 

In quella parola, Paradismo, sarebbe racchiusa la soluzione di salvezza globale sul nostro pianeta. Un movimento che ha alla radice l'idea di un sistema sociale, economico e politico che libererà l'uomo, come dicevamo, dalla schiavitù del lavoro e del denaro.

Per quanto paradossale ed utopica possa sembrare, l'idea del "paradiso in terra" sta accogliendo adepti in diverse nazioni del mondo (sono già 10 i paesi in cui si sta agendo concretamente) con la nascita di una serie di movimenti paradistici coordinati da un'organizzazione internazionale denominata 'Earth People Organisation', il cui slogan si può riassumere in: "Dai il lavoro alle macchine e libera le persone".  E che fa a capo ai raeliani: per intenderci, un movimento religioso (ma da loro definito ateo: nota mia) fondato negli anni '70 e basato sulla credenza che la vita sulla terra sarebbe stata creata da alcuni extraterrestri attraverso l'ingegneria genetica.

Gli utopici sostenitori del Paradismo desiderano che l'uomo dedichi la propria vita alla ricerca, alle arti, agli studi, o allo sviluppo personale. Insomma viva in una società del tempo libero. Il punto di partenza è che le gravi crisi economiche saranno sempre più frequenti e che il futuro della produzione passerà, comunque, quasi interamente nelle mani dei robot, anche se non possiamo sapere in quanto tempo si verificherà questa transizione e in che modo le economie verranno regolate con la sostituzione progressiva della forza lavoro. Per questo, affermano, la soluzione "radicale ed efficace" è concentrare gli "sforzi sullo sviluppo delle più moderne tecnologie, così da poter delegare ogni incombenza lavorativa alle macchine, redistribuendo gratuitamente ed equamente a tutta la popolazione la produzione di beni e servizi. Il proletariato verrà così sostituito da robot e computer, ed ognuno potrà gioire di un mondo senza più denaro". La loro teoria si basa sul concetto di "nazionalizzazione" dei beni e servizi  attraverso un "Governo Mondiale che elargirà reddito universale minimo e condividerà le risorse con saggezza". 

Intanto nel gennaio del 2011 è nato in Italia il primo Movimento per il Paradismo, già presente anche in Francia, Svizzera, Slovenia, Romania, Svezia, Australia, Belgio, Brasile e Costa d'Avorio.


16 Febbraio 2013 dc:

Riflessioni in itinere sulla campagna elettorale

Vi anticipo subito che il contenuto di questo intervento è, come potrebbero facilmente obiettare i detrattori intellettualmente più disonesti e in malafede, “demagogico e qualunquista”. Ma tant’è, me ne faccio orgogliosamente un motivo di vanto personale.

In questa campagna elettorale si è sentito proporre di tutto e il contrario di tutto, abbiamo assistito ad una “kermesse” assai variopinta e molteplice di “ricette anti-crisi”.

C’è chi insiste sui tagli ai costi della politica. Ebbene, riduciamoli drasticamente ma, se fosse per me, consegnerei tutto il potere politico direttamente nelle mani dei cittadini mediante l’istituzione di appositi organismi di autogoverno popolare, attraverso le procedure e i canali della democrazia assembleare a partecipazione diretta, che è un modello senza dubbio più utile e convenente sotto il profilo sia economico che politico.

Chiamateli consigli di fabbrica, comitati di quartiere, comitati popolari, coordinamenti territoriali, assemblee cittadine, consigli operai e via discorrendo oppure, più banalmente, “soviet”, insomma battezzateli come vi pare e piace, ma questi strumenti di partecipazione e di gestione diretta dei cittadini costituiscono un meccanismo di (auto)governo senza dubbio migliore, più equo e democratico, persino più efficiente rispetto ai vecchi e macchinosi ingranaggi istituzionali retti sul “cardine” della delega rappresentativa tradizionale, cioè il parlamentarismo borghese, ormai prigioniero dei comitati d’affari privati nominati dall’alto, ovvero dai vertici delle nomenclature di partito, per cui si tratta di strutture pseudodemocratiche composte da servi di partito e di casta, da funzionari e burocrati ottusi, elementi in gran parte corrotti, incompetenti e privilegiati che rappresentano solo i propri interessi personali e corporativi, nonché gli interessi capitalistici dominanti delle lobby e dei maggiori potentati economici, delle più grosse banche d’affari, dell’elite finanziaria mondiale, delle signorie oligarchiche e tecnocratiche che controllano le principali istituzioni decisionali a livello sovranazionale.

C’è altresì chi propone l’abbattimento degli investimenti militari. Ben vengano simili tagli, ma servirebbe rendersi realisticamente conto che nell’odierno panorama della globalizzazione imperversano proprio i profitti dell’industria bellica. Parimenti c’è chi caldeggia ipotesi di riduzione di altre spese pubbliche da parte dello Stato. Così come c’è chi suggerisce, più o meno timidamente, di ridurre gli stipendi dei supermanager delle imprese pubbliche e, magari, anche di quelle private, se si riuscisse a nazionalizzarle. E c’è chi azzarda persino proposte di nazionalizzazione in vari settori.

Nel contempo c’è chi avanza proposte in senso contrario, dirette alla svendita ed alla privatizzazione di pezzi consistenti dello Stato, a totale ed unico vantaggio delle forze capitalistiche che spadroneggiano e condizionano in modo quasi dispotico il mercato.

E c’è chi promette astutamente la restituzione dell’IMU, o l’abolizione della stessa, e l’eliminazione di altre imposte che la gente percepisce come inique, e via discorrendo in questa “sagra elettorale” di annunci, promesse, bufale, panzane, inganni e menzogne.

Dagli angoli più marginali e minoritari del panorama politico provengono proposte addirittura più estremiste e radicali in senso quasi bolscevico: si pensi a Marco Ferrando. Idee che nessuno, negli scenari parlamentari borghesi, prenderà mai in considerazione.

In questo enorme guazzabuglio di imbrogli e promesse menzognere, di contenuti e discorsi che spesso contrastano tra loro all’interno del medesimo programma e della medesima coalizione elettorale, non esiste alcuna possibilità di analisi e discernimento, nessuna possibilità di scelta consapevole da parte dell’elettore più onesto, libero e cosciente, per riconoscersi in modo netto, preciso e coerente in una formazione politica.

Lucio Garofalo


3 Febbraio 2013 dc

A proposito di classe, coscienza di classe e partito

È assolutamente innegabile il fatto che, nell’attuale momento storico, segnato da una crisi non solo economica e strutturale, ma anche ideologica, politica e morale, che investe le radici stesse del modello di sviluppo occidentale che ha dominato il mondo negli ultimi decenni, serva la costituzione di un partito nuovo che si batta in nome e a fianco dei lavoratori, un partito che sia un’organizzazione di classe e rivoluzionaria, da creare ora e subito, o al più presto possibile. Serve in quanto è l’unico strumento davvero idoneo a promuovere una chiara coscienza della crisi e una coscienza di classe.

Ma ciò a cui alludo non è esattamente un partito inteso nel senso classico e tradizionale, né tanto meno un partito professionistico di stampo post-leninista, o giacobino. Dico “post” non a caso, poiché la storia raccontata sul partito leninista è un cumulo di menzogne e mistificazioni. In ogni caso, neppure il vero partito leninista sarebbe oggi adeguato alla morfologia dell’odierno proletariato, che consiste nel precariato diffuso.

Oggi non servono né la supponenza degli apparati gerarchici e delle nomenclature burocratiche, né tanto meno l’arroganza e l’ottusa autoreferenzialità dei funzionari e dei mestieranti della politica. Serve piuttosto un altro tipo di formazione politica del proletariato e dei lavoratori, possibilmente una forma auto-organizzata. Vediamo quale.

Parto da ciò che asseriva Marx: “il proletariato si costituisce in quanto classe in opposizione al capitale”. Ciò implica l’esigenza di un partito come prodotto della classe, al di là dell’assunto per cui la coscienza di classe è esterna alla classe stessa. Serve dunque un partito che risponda alle istanze reali del proletariato, che oggi è rappresentato soprattutto da quei lavoratori (sotto)salariati più deboli e indifesi, vale a dire i giovani precari e i migranti, e ciò può determinarsi solo attraverso l’acquisizione e la crescita dei contenuti, dei gradi e delle forme della sua consapevolezza come classe.

In tal senso, il compito essenziale di un partito rivoluzionario non è quello di essere una “avanguardia” in chiave sostitutiva rispetto alla classe, ma promuovere e diffondere nella maturazione di questa coscienza rivoluzionaria i principi elementari del socialismo scientifico, propagandare i presupposti e gli strumenti organizzativi di un’autentica “democrazia proletaria” che tenda all’unità e alla solidarietà proletaria, rappresentare in modo chiaro, coerente, concreto, la prospettiva internazionalista della lotta di classe.

È evidente che non si può postulare a priori un modulo organizzativo a prescindere dal modo in cui si svolgeranno le dinamiche di classe, né prefigurare o mutuare forme storicamente esaurite. Il partito deve porsi come uno strumento duttile e dinamico, in grado di adeguare la sua stessa organizzazione a seconda di come si dipana il gomitolo degli avvenimenti, un mezzo di lotta e di organizzazione immerso nelle lotte dei proletari e dei lavoratori auto-organizzati, per cui deve agire senza pretese messianiche.

Bisogna valutare il modo in cui si sono determinati alcuni eventi di notevole importanza sintomatica: si pensi ad alcune iniziative e manifestazioni di lotta del moderno proletariato precario. Non hanno avuto affatto bisogno della “potente macchina organizzativa del partito”, come sostenevano gli stalinisti e neppure il vecchio PCI, nonostante disponesse di una grande macchina organizzativa, è mai riuscito a mobilitare due milioni di persone in piazza in pochi giorni. Eppure, ciò accade oggi in Italia e in quasi tutti i Paesi europei. Ciò che manca a questi eventi è la razionalità delle forme di lotta, ovvero la coscienza di essere una classe e non un coacervo di persone disperate.

Oggi gli Indignati hanno individuato il nemico, cioè le banche e l’alta finanza internazionale (e questo è già un fatto di primaria importanza), ma ancora non riescono ad afferrare la necessità, o quantomeno il modo, di rompere la catena del comando capitalistico. È semplicemente una fase transitoria, ma estremamente significativa. Per cui occorre un partito per affermare esattamente che l’attuale crisi non si può superare nel quadro del capitalismo, ma bisogna riorganizzare la produzione economica andando oltre il capitalismo stesso. Il superamento di un sistema economico e sociale ormai degenerato e fallito quale il capitalismo, non può prodursi solo con la protesta e l’indignazione, ma serve un’azione cosciente e volontaria per abolirlo. E serve un partito per costruire il senso comune di questa necessità, per prefigurare uno sbocco rivoluzionario, vale a dire una fuoriuscita dalla crisi in una diversa formazione sociale.

La necessità di un partito è un limite dovuto alla difformità dei gradi di acquisizione della coscienza di classe, ma è una necessità storica immanente, cioè intrinseca all’attuale momento storico. Non servono, dunque, modelli organizzativi precostituiti, ma servono l’azione e la creatività del proletariato moderno per conferirgli una forma duttile e dinamica in grado di respirare all’unisono con la classe stessa. Paradossalmente il proletariato vincerà esattamente quando cesserà di esistere in quanto classe sociale.

Concludo evidenziando l’assoluta e irriducibile incompatibilità delle posizioni esposte finora a proposito di coscienza di classe e partito, con quanti celebrano ottusamente la sacralità del “Partito”, ragionando e comportandosi esattamente come quei cattolici fanatici e irredenti che esaltano dogmaticamente la sacralità della loro “Chiesa laica”.

Lucio Garofalo


28 Gennaio 2013 dc

Voto utile, ma per chi?

La questione del “voto utile” è molto più ampia, complessa e controversa rispetto a come viene impostata normalmente. Cosa significa “voto utile” e “utile” per chi o per cosa? Per un comunista è davvero utile votare con questo sistema elettorale, e per chi?

Chi ci rappresenta e come ci rappresenta? Come e da chi siamo stati rappresentati noi lavoratori negli ultimi anni? E’ davvero utile recarsi alle urne? E per votare chi? Per una lista che non ha nemmeno il coraggio di usare un simbolo comunista? A me la richiesta del “voto utile” pare una soluzione comoda per chiunque si candidi ad essere eletto. Ma può essere utile anche non recarsi alle urne e scegliere consapevolmente di non votare per nessuno. Scegliere di non sprecare il proprio voto e non rendersi più complice di questo sistema politico-elettorale che non rappresenta le classi lavoratrici, gli operai, i pensionati, i proletari. Al contrario, li massacra, li deprime e li mortifica sempre di più.

Qualcuno, in buona fede, sinceramente appassionato alla Politica, potrebbe ritenere giusto esprimere il proprio impegno o la propria “fede” politica attraverso un “voto utile” per delegare chi lo rappresenti. Ma il punto è esattamente questo e lo ribadisco.

Chi ci rappresenta? Chi è in grado di farlo ed ha le credenziali per farlo? Chi ha dimostrato in passato di poterlo fare e non l’ha fatto? Perché forse non ha voluto o potuto. Ma al di là del passato, che non è mai sepolto del tutto, chi, nell’odierno panorama politico ufficiale, ha davvero la forza, la volontà, la possibilità di rappresentare in modo “utile” il nostro voto, cioè il nostro impegno tradotto e declinato in un voto di procura, ossia di delega? Io credo che non ci sia nessuno in grado di farlo, specie in un momento storico in cui la sovranità della politica è sempre più esautorata e limitata dallo strapotere dell’alta finanza e del grande capitale anonimo e cosmopolita.

Oggi, a che serve e a chi serve (a maggior ragione ad una sinistra che si professa comunista) un ruolo di testimonianza, o di sponda, quando stiamo vivendo una fase storica attraversata da una feroce offensiva neocapitalistica, di cui l’agenda Monti è solo l’espressione dell’ultimo anno? Insomma, limitarci a testimoniare la nostra esistenza attraverso il voto, in quanto comunisti, può servire davvero ad incidere e ad essere protagonisti rispetto ai processi storici che stiamo vivendo, rispetto alle lotte e alle conflittualità sociali radicali come quelle che sono esplose in Grecia oppure in Spagna?

In Grecia e in Spagna contano molto di più gli anarchici, che non a caso rifiutano il voto, anche solo per esprimere o testimoniare la propria presenza, preferiscono astenersi, ma sono molto più presenti ed incisivi nelle lotte reali. Che ci sia qualcuno che in Parlamento, o nelle istituzioni borghesi in generale, possa testimoniare, denunciare, sollevare determinate questioni e rivendicare un ruolo critico rispetto alla crisi del capitale, ma soprattutto rispetto alla crisi del lavoro, è un bene, non c’è alcun dubbio.

Ma a me non basta più. Tutto qua. Resta, dunque, irrisolto, il nodo cruciale. Insisto su questo punto per sottolineare il mio dissenso e la mia distanza rispetto ad una politica ufficiale che non mi rappresenta e non esprime quelli che sono i miei ideali, le mie ragioni e le mie posizioni politiche, oltre che i miei interessi e le mie rivendicazioni concrete, in quanto lavoratore. Non è colpa mia se non riesco a riconoscermi in nessuno degli schieramenti politici presenti in questa competizione elettorale. Poi, sul fare qualcosa, sono d’accordo. Io ho sempre cercato di fare qualcosa di concreto e di utile per la “causa”, come si dice. Magari anche solo scrivendo, oppure impegnandomi nel mio settore professionale, visto che sono un insegnante. Oppure spendendomi in altri ambiti, per provare ad incidere sul reale e a cambiare l’esistente attraverso iniziative di tipo politico. In passato ho militato persino dentro Rifondazione comunista, ma sono stato deluso troppe volte dalle scelte compiute dal partito a livello nazionale e locale.

In sostanza, quando una persona è ripetutamente tradita, ingannata e disillusa, alla fine ci pensa non una, ma cento, mille volte, prima di commettere ancora lo stesso errore.

Lucio Garofalo


da Democrazia Atea il 28 Gennaio 2013 dc

Monti dei Paschi

La vicenda del Monte dei Paschi di Siena non è la solita storia italiana.

Per riepilogare.

Il Monte dei Paschi di Siena negli anni passati si era avventurato nell'acquisto di derivati tossici, ovvero di quei titoli inventati dalla fantasiosa, a tratti geniale, criminalità finanziaria americana, poi spalmati negli istituti di credito italiani e rivenduti a ignari risparmiatori come se fossero bottigliette dell'acqua di Lourdes: tutti sanno che non serve a niente ma la speranza che possa servire vale più della falsa promessa.

Il Monte dei Paschi di Siena in questa avventura ha potuto contare sull'avallo di una classe politica compiacente e forse complice, e si è confortato nella certezza che altri istituti italiani stavano compiendo lo stesso passo, tanto più che simili operazioni avevano superato il controllo della Banca d'Italia.

Ebbene il Governatore della Banca d'Italia, all'epoca delle spericolatezze del Monte dei Paschi di Siena, era Mario Draghi.

Negli anni dal 2002 a 2005 quando la Goldman Sachs cartolarizzava i titoli tossici nella previsione di piazzarli in Europa, Draghi faceva parte del management di quella banca.

Draghi non era il solo italiano a far parte del management della Goldman Sachs negli anni delle cartolarizzazioni tossiche, con lui c'era anche Mario Monti ed entrambi non potevano non sapere che quei titoli erano spazzatura perchè questa circostanza era già prepotentemente emersa in una testimonianza resa dai dirigenti della Goldman davanti al Congresso degli Stati Uniti.

Mario Draghi e Mario Monti sono andati via dalla Goldman Sachs e anche i titoli tossici della Goldman e di altre banche d'affari americane, hanno attraversato l'oceano.

Certamente non erano nelle loro valigie personali, ma di sicuro Draghi e Monti ne conoscevano origine ed effetti.

Dunque Draghi era Governatore quando la Banca d'Italia ha autorizzato le manovre speculative del Monte dei Paschi di Siena e Monti era Presidente del Consiglio quando per sanare quelle manovre il Governo ha regalato a quella banca una somma pari all'incasso dell'IMU.

Le colpe dell'avvocato Mussari non sono solitarie, c'è un consiglio d'amministrazione di nomina politica in quota al PD, non mancano i consiglieri in quota alla Curia di Siena, e per non offendere nessuno includiamo nel novero dei responsabili la Banca d'Italia e la Presidenza del Consiglio.

In questo vortice di intrecci e complicità tutto finirà con qualche rinvio a giudizio, con qualche nome messo nel frullatore in campagna elettorale, purché tutto rimanga immutato.

La ricetta è tutta nella legislazione bancaria che dovrebbe separare le banche di risparmio dalle banche d'affari e di speculazione.

Lo sa Draghi, lo sa Monti, e lo sa anche Bersani.

Ma continueranno tutti a comprare la bottiglietta dell'acqua santa di Lourdes aspettando il miracolo.

Carla Corsetti
Segretario nazionale di Democrazia Atea


da Democrazia Atea il 28 Gennaio 2013 dc

Wikipedia, l'enciclopedia libera

ma non troppo

Uno strano concetto di libertà vige su Wikipedia Italia e siamo alle solite, l'accesso alla famosa enciclopedia elettronica ha perso l'imparzialità è divenuto difettoso, vincolato da codici e misure che possono essere oltrepassati solo dalle realtà che rispondono ai canoni compatibili con la "moralità" religiosa o in sintonia col regime di controllo.

Wikipedia doveva essere l'enciclopedia del popolo per il popolo e, forse, un tempo era fedele a questo concetto democratico.

Oggi non è difficile essere censurati quando si tenta di inserire una pagina informativa, basta non essere in linea con le ideologie degli amministratori, sembra di avere a che fare con una dittatura che non disdegna l'uso di metodi poco corretti.

Ce ne siamo accorti a nostre spese, il nostro partito politico Democrazia Atea è oggi presente alle elezioni del 2013, con immensi sforzi, il più delle volte contrastati da forme oppressive di matrice religiosa, siamo riusciti ad essere presenti nelle cabine elettorali, in sostanza siamo diventati una realtà storica e politica.

Forti dell'idea che Wikipedia fosse garantista ed imparziale, che la stessa fosse un'enciclopedia del popolo per il popolo, abbiamo pensato di inserire la nostra natura politica evidenziando i punti base che ci animano, le proposte politiche, le note storiche.

Non solo ci siamo visti censurati dopo cinque minuti ma addirittura ci siamo accorti che ci è impossibile inserire un semplice link al nostro sito ufficiale perchè all'invio appare un messaggio in cui veniamo avvisati di essere presenti nella lista nera, quella degli spammer, delle pubblicità non gradite inviate a raffica.

Mentre stiamo meditando un'azione legale, ci preme mettere a conoscenza i cittadini di quanto l'informazione apparentemente libera sia vincolata e pilotata a loro discapito.

È vero, siamo un partito giovane ma fortemente attivo, tanto attivo da essere presente alle prossime elezioni.

Siamo consapevoli di non rispondere ai canoni richiesti da Wikipedia ed utilizzati solo per i partiti politici, però ci siamo accorti che molti partiti sono ugualmente presenti nell'enciclopedia pur non rispondendo a nessuno dei canoni richiesti, fra questi partiti spicca il Movimento Fascismo e Libertà.

Vediamole queste regole:

 

Criteri di enciclopedicità per partiti politici

In assenza di un'inequivocabile enciclopedicità dovuta a motivi storici o politici innegabili, e fermi restando i criteri generali, sono considerate voci automaticamente enciclopediche e quindi inseribili senza specifico vaglio da parte della comunità quelle relative a partiti o movimenti politici che soddisfino almeno uno dei seguenti criteri:

1) abbiano ottenuto almeno un milione di voti in una qualsivoglia elezione;

2) abbiano espresso un capo di Stato o capo del governo, al momento dell'elezione;

3) abbiano espresso il presidente di un Parlamento di uno Stato, o di una Camera dello stesso, al momento dell'insediamento;

4) rappresentino il principale partito d'opposizione al governo di uno Stato, in qualsivoglia elezione come percentuale o come consistenza numerica del gruppo parlamentare al momento dell'insediamento;

5) abbiano espresso il presidente o sindaco di una suddivisione territoriale di qualsivoglia livello con più di un milione di abitanti, al momento dell'elezione;

6) siano arrivati al governo di uno Stato tramite qualsivoglia mezzo (elezioni democratiche, rivoluzioni, colpi di Stato, ecc.);

7) rappresentino il governo de jure di uno Stato, riconosciuto da almeno una fra le maggiori organizzazioni internazionali di Stati (ONU, OSCE, Unione Africana, Unione Europea, Consiglio d'Europa, Commonwealth, Lega Araba, UNASUD, CELAC, PIF, SPC); abbiano eletto col proprio nome/simbolo almeno un eurodeputato al Parlamento europeo;

9) abbiano eletto col proprio nome/simbolo almeno un deputato nel parlamento di uno Stato;

10) abbiano costituito un gruppo parlamentare autonomo in almeno una Camera del Parlamento di uno Stato, non formato da sotto-componenti;

11) abbiano raggiunto almeno i centomila iscritti documentati in qualsivoglia periodo storico;

12) siano fusioni o confederazioni di altri partiti o movimenti politici già enciclopedici.

Riformulo il pensiero, riformulo la domanda: perché partiti politici compiacenti al sistema teocratico di controllo sociale sono presenti su Wikipedia anche se non rispondono a nessuna di queste caratteristiche? Movimenti fascisti come "Movimento Fascismo e Libertà" che non hanno nulla di enciclopedico sono su Wikipedia e noi, cattivi anticlericali non possiamo esserci, censurati addirittura etichettati come spammer?

Nulla in contrario che il Movimento Fascismo e Libertà abbia una pagina su Wikipedia, siamo in democrazia ed hanno il diritto di esprimere il loro pensiero ma deve essere un diritto di tutti non solo di chi è compiacente ad un disegno che viene ormai rigettato con vigore dai cittadini italiani.

Questo denota che Wikipedia sia viziata da condizioni in contrasto con l'era della comunicazione, fra queste motivazioni si intuisce che "solo gli eletti" hanno il diritto di gestire l'informazione della propria realtà, "solo i protagonisti" fanno la storia (nel caso politico la distruggono) e le iniziative nobili gestite dal popolo non possono passare, debbono restare al di fuori di chi ricerca qualcosa in cui identificarsi. Wikipedia non è l'enciclopedia del popolo ma un abbaglio contro di esso, tempo perso a questo punto. Ciò che ci distingue e ci eleva è il fatto che noi siamo il signor nessuno!

Più che una sorgente informativa e comunicativa Wikipedia è il solito minestrone disinformativo e filtrato con l'uso della legge del più forte (che necessariamente non è per forza la legge del più evoluto).

Wikipedia può anche credere che Democrazia Atea non rientri nell'interesse enciclopedico e che il sole giri attorno alla terra, però sta utilizzando due pesi e due misure, se è vero che vi sono codici e criteri che vincolano la presenza di un partito su Wikipedia è anche vero che vi sono presenti nelle loro pagine partiti che oltre a non rispondere alle caratteristiche essenziali sono anche un oltraggio all'intelletto dei lettori.

Questa è la motivazione degli amministratori di Wikipedia per avere rimosso la pagina (la trascrivo compresi gli errori grammaticali e di forma) :

La pagina è stata cancellata

"Partito politico di recente costituzione che non ha partecipato a competizioni elettorali e non dispone rappresentaza parlamentare, IMHO non ancora enciclopedico.

> Per me è da immediata: stando alla voce il partito ha degli obbiettivi futturi, ma non ha ancora fatto niente; non enciclopedicità palese. --Gelatopistacchio (msg) 17:51, 17 apr 2011 (CEST)

> Anche secondo me era da immediata. Con ogni evidenza non rientra nei requisiti (avere almeno un rappresentante eletto) e quindi andrebbe cancellato. A votazione aperta, però, intanto voto MM (msg) 18:48, 17 apr 2011 (CEST)

> Visto che è stata cancellata più volte in immediata e reinserita, ho preferito metterla qui per poi poterla cancellare per C7"

In sintesi per noi è attualmente impossibile condividere la natura storica del nostro partito, tra l'altro l'unico partito che si degna di non adottare forme di coalizione con altre realtà politiche, di non ricevere finanziamenti pubblici ma di autofinanziarsi, di affrontare un nemico temuto da tutti e di farlo nel pieno rispetto democratico chiedendo l'abrogazione dei patti lateranensi.

Democrazia Atea oggi vanta di essere autonoma ed autosufficiente, di essere arrivata ad un grande obiettivo, quello di essere presente in cabina elettorale. La capolista? L'astrofisica Margherita Hack con alle spalle oltre 70 anni di storia contro i soprusi religiosi, in favore dell'identità e dell'orgoglio femminile, in favore della libertà della ricerca scientifica in uno stato laico. Tra l'altro, oggi, la ricerca non si muove, è vincolata dalla teocrazia, non ha alcun finanziamento e subisce forme di censura inquisitoria quotidianamente.

Ma questo non è materiale enciclopedico, ovviamente per l'enciclopedia di Wikipedia, l'enciclopedia libera

Marco Dimitri

Candidato Democrazia Atea


da Democrazia Atea 27 Gennaio 2013 dc

Noi difendiamo la Costituzione

Se la divisione storica europea individua nella sinistra i partiti progressisti, socialisti, libertari e anarchici, la destra individua i partiti conservatori e filo-religiosi.

In Italia il centro è sempre stato impropriamente "occupato" dai partiti conservatori cattolici, privi di spunti progressisti e orientati a confinare la popolazione italiana nel piattume della repressione moralista con la negazione di diritti fondamentali.

In centro va ridisegnato.

Democrazia Atea si pone al centro dello schieramento parlamentare non trovando alcuna prospettiva in una sinistra cattolica e filo-clericale, né tanto meno in una destra cattolica, filo-clericale oltre che fascista.

Se dovessimo dare una collocazione ideale alla Costituzione, dovremmo porla al centro, non potendo relegarla né a destra né a sinistra, perchè costituisce, o dovrebbe costituire presupposto imprescindibile per l'azione democratica di tutti i partiti politici, ma purtroppo non è più così.

In Italia la difesa dei diritti costituzionali non appartiene da tempo né alla sinistra italiana né tanto meno alla destra italiana.

Porre al centro della propria azione politica la difesa della Costituzione è senza dubbio la priorità di Democrazia Atea.

La Costituzione italiana sta al centro e la sua difesa non può trovare collocazione diversa.

http://it.wikipedia.org/wiki/Democrazia_Atea (pagina che Wikipedia ha cancellato)

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