Umberto Bindi
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Pagina ereditata da Atheia
GRANDE EVENTO PER UMBERTO BINDI finalmente a Genova
la locandina nel sito di Gianpiero Alloisio http://www.gianpieroalloisio.it/
Per vedere meglio la locandina andate nel sito di Alloisio e visualizzatela da lì (dovrebbe aprirsi automaticamente Adobe)
Conferenza musicale-teatrale condotta e diretta da Gian Piero Alloisio.
Gian Piero Alloisio presenta il risultato dell'opera di recupero dello straordinario patrimonio artistico del cantautore ligure Umberto Bindi.
Diciotto inediti musicali si potranno ascoltare per la prima volta grazie al lavoro di Alloisio, che ha selezionato digitalizzato e classificato circa 500 brani conservati dall'erede di Bindi, Massimo Artesi
Genova, mercoledì 30
settembre 2009 ore 21
Palazzo Ducale (Piazza
Ducale), Salone del Maggior Consiglio
Organizzazione e coordinamento: SIMONETTA CERRINI per l’A.T.I.D.
Assistente alla regia: MARTINA BENEDETTI
Fonica e luci: RICCARDO PELLE
INGRESSO LIBERO FINO AD ESAURIMENTO POSTI
Testimonianze:
MAURIZIO MAGGIANI
VITTORIO DE SCALZI
GIORGIO CALABRESE
MYRIA SELVA
MARCO SPICCIO
Fondazione Luzzati - Teatro della Tosse
Contributi artistici:
GIAN PIERO ALLOISIO
FEDERICO SIRIANNI
GIUA
SISMICA
ADOLFO MARGIOTTA
ROBERTA ALLOISIO
ANDREA MORA
IL CORO “4 CANTI” diretto da Gianni Martini
DINO STELLINI e BARBARA BOSIO
SARA DANZATORE
MARTINA BENEDETTI
Contributi letterari e video originali:
GIULIANO GALLETTA
BRUNO LAUZI
GAD LERNER
MONI OVADIA
GINO PAOLI
SI RINGRAZIANO LA RAI E IL PROGETTO GEUM
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Ho iniziato a sviluppare questa pagina per il sito di Atheia (www.atheia.net) ancora prima che Umberto Bindi morisse. Quello che segue è quanto ne è venuto fuori, con le opportune modifiche ed aggiornamenti.
Voglio parlare anche di questo cantautore, anzi, proprio colui per il quale questo termine é stato inventato. Ora, 24 Maggio 2002, è morto e nello scorso Aprile il suo caso è venuto alla ribalta nei telegiornali, sui quotidiani e alla trasmissione RAI "Buona Domenica": dopo una operazione al cuore e altri problemi di salute il perenne problema fiscale di Bindi lo aveva costretto ad abbandonare ancora una volta una casa da lui valorizzata ed abbellita per accontentarsi di un piccolo appartamento sulla Cassia bis. Gino Paoli e Giorgio Calabrese, tra gli altri, si sono mossi per fargli riconoscere una pensione ai sensi della legge Bacchelli, e ciò è avvenuto con inusitata celerità. Come si sa, infatti, ancora a seguito della disonestà di chi doveva versare per lui tasse e contributi fin dagli anni '60, e a investimenti sbagliati e fallimentari, i diritti di autore di Umberto Bindi finiscono ancora adesso, in tutto o in parte, direttamente al fisco.
Sono dalla parte delle personalità scomode e non posso essere che dalla parte di una persona che ha subìto un'operazione di voluto ostracismo e persecuzione che ha dell'incredibile. Ognuno di noi ha il suo carattere e anche Umberto Bindi, per sua stessa ammissione, ha commesso degli errori di leggerezza, ha ostentato, in un certo senso, la sua omosessualità in un periodo in cui ciò non era "di moda". Gli anni '60 in Italia erano esclusivo appannaggio della Democrazia Cristiana e della chiesa cattolica e Bindi, pur essendo cattolico, faceva "scandalo". Non era possibile tollerarlo. E, dopo uno strepitoso successo italiano e mondiale, hanno voluto, scientemente, annientarlo. L'unica che ha voluto avvisare Bindi di ciò che si stava preparando é stata la sua amica Mina. Ma Umberto non potè impedire che avvenisse. Non gli hanno più rinnovato i contratti, le serate, le apparizioni in televisione: terra bruciata, insomma. E molti giornali hanno cominciato a denigrarlo e, secondo alcuni, in modo feroce: io non ho potuto finora vedere questi giornali molto vecchi e chissà che, prima o poi, riesca a fare un po' di indagini per appurare la verità.
Bindi si é ritirato in silenzio e ha proseguito nella provincia e nei piano bar come poi, per altre cause, hanno dovuto fare anche Gino Paoli, Sergio Endrigo e Bruno Lauzi. Il suo carattere timido, la sua mitezza d'animo e a volte anche la sua scontrosità e mancanza di tatto (tutti lati del suo carattere) non lo hanno certo aiutato.
Sviluppando questa pagina lo seguirò dagli inizi ai giorni nostri, ripercorrendo il suo e il nostro magnifico concerto.
Donato D., un appassionato di Bindi, tempo fa mi ha inviato un file con la registrazione di parte di una trasmissione a Radio 2 del 1996 dc, presenti Umberto Bindi ed Ernesto Bassignano: con clamoroso ritardo (maggio 2016 dc) lo pubblico qui, buon ascolto!
Sempre dalla stessa fonte ecco due immagini con l'articolo di una rivista sulla tragica morte della madre di Umberto: prima e seconda.
Jàdawin di Atheia
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Ciò che segue é liberamente tratto (e integrato con parole mie) da "Umberto Bindi. È stato solo un arrivederci"" di Ernesto Bassignano e Marco Ranaldi, interessante piccolo libro edito nel 1996 da Pieraldo Editore di Roma per la collana "Quaderni i maestri della musica".
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Umberto Emilio Bindi nasce a Genova il 12 Maggio 1932, con il destino segnato di musicista.
A 12 anni inizia lo studio del pianoforte sotto la guida del Maestro Tretti, arrivando dopo diversi anni a un livello medio, e nello stesso tempo suona con la stessa passione la fisarmonica. Ha rapporti solo con Tenco e con Lauzi al quale si lega maggiormente, tanto da trovarlo al suo fianco negli anni '70. Bindi conosce Paoli negli anni '60, quando al Teatro Lirico di Milano viene presentato da Nanni Ricordi in una memorabile serata che aveva come ospiti l'intero cast di "Rocco e i suoi fratelli" di Luchino Visconti, antico estimatore.
La prima canzone, "T'ho perduto", Bindi la scrive nel 1950, caratterizzata dalla tonalità insolita di Re minore. Bindi, però, fin dall'infanzia conobbe appieno l'opera lirica, e questa passione rimane in lui ancora oggi così forte da fargli possedere una invidiabile discoteca con le opere più strane di tutte le epoche. Ma Bindi é affascinato anche dal teatro leggero: musical, operetta e commedia musicale, e segue con attenzione le musiche dei film dei grandi maestri austriaci trapiantati in America. Nel 1952 compone "La passerella", uno dei pochi lavori non inseriti nel repertorio romantico e sinfonico. Nel 1954 scrive le musiche per una rivista rappresentata al Lido di Venezia con attori allora poco noti come Paolo Villaggio, Rosanna Schiaffino e la veterana Marisa Allasio. Di questo lavoro faceva parte una delle prime canzoni romantiche che, in seguito, diverrà famosa con il titolo di "Riviera". Nel 1955 nasce la canzone "Non so". Nel 1956 scrive le musiche per la commedia "I nodi al pettine" rappresentata al "Duse" di Genova. Anche i balletti qui presenti erano musica sua. Faceva parte di quest'opera la canzone "Piove a Roma".
Il compositore Franco Mannino lo scopre e gli commissiona un valzer alla francese dal titolo "Il barcarolo della Senna", prima composizione pubblicata. Nello stesso periodo Bindi si esibisce nei salotti genovesi e milanesi insieme al poeta Pier Maria Virgilio che decantava le sue poesie e a Joe Sentieri, interprete di canzoni dello stesso Bindi come "Aimèz vous Paris?". Questo nel 1957: l'anno dopo Bindi scrive le musiche per la commedia goliardica "Oscar non ti spogliare" interpretata da giovani studenti universitari in un giro di trasformismi dal femminile al maschile. Il regista Silverio Blasi lo incarica di scrivere le musiche della commedia televisiva "Non te li puoi portare appresso" con Sergio Tofano, Germana Paolieri e Boselli. Nello stesso anno Joe Sentieri lo fa arrivare a Milano per proporlo all'editore Sonzogno che però non lo apprezza. Allora, grazie a Tony De Vita approda alla Ariston dove esordisce con la difficile canzone "Odio".
All'inizio Bindi a Milano é spaesato e senza un sostegno economico di garanzia: lo aiuterà in questo Tony De Vita. Gli anni 1958 e 1959 sono decisivi. Bindi incontra Nanni Ricordi e Giampiero Boneschi. Marino Barreto jr. ascolta alcune canzoni di Bindi e sceglie, per un 45 giri della Philips, "Arrivederci" insieme alla già famosa "Angelitos negros". |
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Ed é il vero successo per
Umberto, e subito altri interpreti decidono di inciderla. Nel 1958 Alfredo Rossi
della Ariston pensa di presentare una sua canzone a
Sanremo ma la scelta di "I trulli di Alberobello" si rivelerà infelice. La
canzone, interpretata dal Duo Fasano, dal Trio Joyce e da Aurelio
Fierro (che cambia l'accentazione di alcune note)
non entra in finale. Ma rimane per tre settimane tra i primi dieci
nella hit-parade dei 45 giri del 1958.
Marino
Barreto jr. chiede a
Bindi altre due canzoni, che sono "Nuvola per due" e "Non so", entrambe su testo
di Giorgio Calabrese. Nanni Ricordi decide quindi di far incidere i primi
45 giri a Bindi stesso, il quale nel frattempo ha
intrapreso lo studio della composizione sotto la guida di Orazio Fiume e Bruno
Bettinelli.
Sull'onda del
successo di "Arrivederci" arriva il primo LP prodotto da Nanni Ricordi per la
Ricordi: "Umberto Bindi e le sue canzoni", che raccoglie,
oltre alla più famosa, diverse altre composizioni scritte da Bindi
precedentemente e mai incise. Tra le quali il grande
successo mondiale di “Il nostro concerto”, sempre con testi di Calabrese, e
incisa anche questa da Marino Barreto jr.
Questo pezzo, definito da alcuni, anche recentemente, “la più bella canzone mai
scritta”, ebbe un successo complessivo superiore ad
“Arrivederci” ed aveva un’introduzione strumentale di settanta secondi e una
durata totale di 5 minuti e 40 secondi. Davvero una rivoluzione nella canzone,
ma per i juke-box, come per l’altra, dovettero approntare versioni ridotte di
minor durata…
Dopo il 1960 Bindi passa dalla Ricordi alla RCA: con questa partecipa al Sanremo del 1964 con "Passo su passo", su testo di Migliacci, interpretata da Claudio Villa e Little Peggy March, ma non ottiene un grosso successo. Nel breve periodo con la RCA Bindi realizza quattro 45 giri con brani inediti: "Un ricordo d'amore" (Testo di Gino Paoli), "Vieni, andiamo" (Ofir-Bardotti), "Vacanze" (Rossi), "Ave Maria" (Siberna), "Un uomo che ti ama" e "Quello che c'era un giorno" (Rossi), "Il giorno della verità" (Paoli) e il grande successo di "Il mio mondo", su testo di Paoli, che diviene per Cilla Black "You're my world", rimanendo nella classifica inglese del 1964 al primo posto per 14 settimane. La canzone viene ripresa da Richard Antony divenendo prima nella classifica francese e belga: in seguito è interpretata da Dionne Warwick nel 1976 (arrangiata da Burt Bacharach) e rimane per diverso tempo prima nella classifica americana come in seguito fa Helen Reddy ottenendo lo stesso risultato. Infine è interpretata nel 1978 da Tom Jones.
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Nel 1965 Bindi è alla CGD di Sugar con il quale, per l'intervento di certe persone, non instaura un buon rapporto. Nello stesso anno Bindi scrive le musiche per "Turandot" di Carlo Gozzi diretto da Beppe Menegatti, con la partecipazione di Carla Fracci, Giulio Brogi, Ottavia Piccolo, Paolo Poli e dei ballerini del Maggio Musicale Fiorentino. Bindi è anche attore, partecipando alla tournée che dura tutta l'estate.
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È accolto nuovamente alla Ariston in vesti di autore: scrive "Di fronte all'amore" (Simoni) portata a Sanremo nel 1965 da Gianni Mascolo e Dusty Springfield. La canzone è poi ripresa da Richard Antony con il titolo "Le temps de comprendre". È nuovamente a Sanremo nel 1967 con il grande successo di "La musica è finita" (Nisa-Califano), interpretata da Mario Guarnera e Ornella Vanoni (per due settimane al primo posto in classifica) e a Sanremo 1968 con "Per vivere" (Nisa) cantata da Iva Zanicchi e Udo Jurgens.
Fra "Umberto Bindi" del 1961 e "Con il passare del tempo" del 1972 trascorrono undici anni nei quali Bindi passa da grandi successi a scottanti delusioni: soprattutto gli viene a mancare quel pubblico entusiasta dei suoi lavori, indirizzato dalla stampa verso giovani stelle nascenti, pulite, certamente inferiori musicalmente al Nostro ma rassicuranti per quell'Italia degli anni '70 che vive nel moralismo, nel rispetto dei costumi. Bindi inizia a divenire scomodo: la televisione di Stato, chiusa nel suo perbenismo e nella esagerata "censura intellettuale", non dà certo spazio ad un artista diverso.
Inizia il boicottaggio di cui ho parlato all'inizio. Per vivere Umberto Bindi decide allora di accettare di suonare nei pianobar e nelle migliori crociere: una soluzione fortunata che gli permette di stare a casa ad ascoltare la sua amata lirica e a scrivere melanconiche melodie. Ed è certamente la tristezza che lo accompagna in questo lungo periodo.
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Per "Con il passare del tempo" Bindi ha a disposizione il maestro della musica da film Bill Conti, in quel momento ancora poco conosciuto in Italia, una buona orchestra composta da maestri del Teatro alla Scala di Milano con l'aggiunta di batteria, percussioni e soprattutto da chitarre caratterizzate dalla personale scrittura di Conti. Il disco viene realizzato da una piccola etichetta di proprietà di Aurelio Fierro, la West Record, che deve certamente la sua breve sopravvivenza proprio grazie a questo LP, prodotto da Bindi stesso.
Musicalmente questo album è un vero capolavoro e contiene delle composizioni di vera maestria e di raffinato senso della scrittura. Anche i testi sono notevoli: Bruno Lauzi per la splendida "Io e la musica", canzone del ricordo, della solitudine, della citazione (di "Il nostro concerto"), Paoli per "Il mio mondo" che diventa subito un grande successo in questa riscrittura più raccolta della prima, di parecchi anni prima, ma molto incisiva. I testi di Caravaglios e Marengo in "Scusa" sono uno degli esempi di come Bindi stesso abbia più volte influenzato le parole delle sue canzoni. L'inconsueta "Per un piccolo eroe" è in realtà un vecchio pezzo con testo di Franca Mazzola: è raro trovare ancora adesso una canzone come questa nel panorama della musica leggera italiana. Anche i testi di Calabrese per le splendide "Un uomo solo" e "Due come noi" sono autobiografici, la prima con un arpeggiante pianoforte e la seconda un insolito samba che si trasforma in una dolce saudade interpretata da una sottile voce dell'autore. Canzone dell'invettiva e della ribellione a un rapporto passivo con una donna che non sa comprendere è "Invece no", quasi una introduzione alla canzone più complessa e particolare della produzione di Bindi che è "Con il passar del tempo", triste, sconsolata e comunque dignitosa nella rivendicazione di una vita finalmente tranquilla e serena. Versione ripensata e consona al disco è "Il nostro concerto" introdotta da un tema scarno al pianoforte, che si chiude con un coro femminile e l'intera orchestra senza più parole ma solo musica. Grazie a questo disco Bindi riesce a conquistare o meglio a rientrare nel cuore dei suoi non pochi estimatori che lo seguono acquistando il disco… Nel 1975 Amilcare Rambaldi lo propone per la Targa Tenco che sarà poi lui stesso a consegnargli, lo stesso anno, con la madre al suo fianco.
La Durium nel 1976 decide di realizzare il nuovo lavoro di Bindi, diverso dagli altri perché estremamente sinfonico e - unico nella storia della produzione discografica di allora - a contenere ben quattro pezzi solo orchestrali
Per "Io e il mare" Bindi avrebbe voluto Ennio Morricone ma il compositore, preso da altre partiture, consiglia al cantautore il nome del giovane chitarrista Bruno Battisti D'Amario, il quale lavora con impegno e professionalità, realizzando un album ricco di spunti e di ricerche sonore. Il lavoro è significativo perché Bindi è preso dalla tragica e controversa morte della madre, alla quale dedica il lavoro. Il cantautore, da sempre innamorato del mare, decide di confezionare l'intero disco come omaggio alla sua terra e alle sensazioni dell'acqua creando così un secondo album a tema, dopo "Con il passare del tempo".
Anche per "Io e il mare" Bindi ricorre ai testi ispirati di Bruno Lauzi, ricchi di assorta poesia contemplativa e di nostalgia. "Albatros", di Pallavicini, è una canzone incantata e sognante, il cui protagonista volante è l'oggetto delle riflessioni esistenziali dell'autore. Tutte le composizioni comunque si distinguono per l'arrangiamento d'archi e per un unico, lungo, ricorrente tema d'amore per il mare e per le sensazioni semplici e genuine.
Passano ancora gli anni e Bindi viene ricordato da pochi o, meglio, pochi sono gli addetti ali lavori che lo ricordano, perché il pubblico che ha la fortuna di ascoltarlo è sempre pronto a tributargli il giusto plauso.
Il 30 maggio 1979 Umberto partecipa alla trasmissione televisiva "Secondo me" condotto da Ric e Gian, su Antenna Tre.
La foto sottostante dovrebbe riferirsi a quell'occasione.
Finalmente, però, la
piccola etichetta milanese "Targa Italiana", passata al grande pubblico con le
incisioni dei primi lavori di Vasco Rossi, nel 1982 decide di pubblicare "D'ora
in poi": tra i più convinti sostenitori di Bindi è il poeta Sergio Bardotti, che
scrive i testi dell'album, lo realizza e lo produce.
È un disco quasi
"pop", perché manca una grande orchestra a dare respiro alle composizioni del
nostro. "Le voci della sera" è una delicata melodia
molto soft e contenuta, in cui Umberto Bindi canta solo "sera", sostenuto da
un'altra voce maschile. "Caro qualcuno" è un altro capolavoro della nostalgia e
del pacato passare degli anni, dei bilanci nonostante
tutto positivi e della mancanza di rancore. "Signora di una sera" è la leggera
canzone di un incontro di una signora con uno gigolo:
ironia e ammiccamento. "L'impossibile idea" della libertà, della "nave pirata",
"l'aria e la libertà" giocate sul dipanarsi della melodia sul forte della voce
di Bindi.
Il disco si chiude
con un brevissimo strumentale di "Le voci del mattino" mentre di seguito il
cantante intona il tema di "Caro qualcuno" per chiudere con un altro frammento.
Nel 1985 Alfredo Rossi, il primo vero editore di Bindi, decide di rilanciarne la produzione in barba alla sfiducia che gli aveva dimostrato negli anni '60. E così decide di rendere uno dei primi omaggi discografici ad un artista ancora vivente: nasce così il long playng "Bindi" al quale partecipano Loredana Bertè, Antonella Ruggiero dei Matia Bazar, Anna Identici, Fiorella Mannoia, Ornella Vanoni, Celeste, Sonia Braga e Gruppo Vocale Kappy Y Nerey.
E in quell’occasione Bindi ricompare a sorpresa alla RAI ed esegue l’incredibile versione de “Il nostro concerto”, presente nel disco.
Bindi apre con una versione senza fronzoli di "Il nostro concerto", che ha però un particolare e accattivante arrangiamento. Duetta con Anna Identici in "Se ci sei", canta da solo "Lasciatemi sognare", da una versione pop di "Nuvola per due" con il gruppo vocale, di cui si sono poi perse le tracce. Loredana Bertè da una straordinaria interpretazione di "Il mio mondo" mentre un po' improbabile appare "Arrivederci" con Bindi e Sonia Braga. Suadente la voce di Bindi in "E' vero", duettando con Celeste. Di nuovo solo in "Amare te", con una bravissima Antonella Ruggiero in "Chiedimi l'impossibile e un arrangiamento accattivante, di nuovo solo nella lapidaria "Un ricordo d'amore". La particolare voce della Mannoia interpreta "Un giorno, un mese, un anno", Bindi da vita alla pessimistica "Il confine", a suo tempo incompresa, mentre chiude con Ornella Vanoni, quasi simbolicamente, con "La musica è finita". A ulteriore chiusura un frammento de "Il nostro concerto".
Da questo disco i tentativi di rientrare nel giro, almeno come veterano, sono difficoltosi. Da Sanremo viene escluso diverse volte e giudicato dal pluri-indagato Aragozzini come "non interessante"!
Al "Maurizio Costanzo Show" Bindi si lascia andare alle lacrime dopo aver rivelato quella diversità che lo aveva così condannato per anni.
Nel 1991 viene invitato al festival della canzone d'autore di Recanati e inizia lentamente una certa risalita o, meglio, la riscoperta da parte dei "critici" delle testate nazionali. Proprio a Recanati incontra il giornalista Ernesto Bassignano con cui collaborerà successivamente ai testi.
Nel 1992 viene realizzato un omaggio a Umberto Bindi: in un quaderno vengono raccolte testimonianze dei maggiori critici e storici della canzone in Italia.
Nel 1993 Umberto Bindi intraprende una tournée teatrale con l'antico amico Bruno Martino, co-autore di "Storia al mare". Ad uno dei concerti di Roma Bindi di nuovo si commuove ricordando l'amicizia che Bruno gli ha sempre riservato. Viene realizzato un CD, in vendita solo ai concerti, dal titolo, guarda caso, di "Il 'nostro' concerto".
Nel 1995 viene realizzata una pubblicazione con l’analisi di tutte le canzoni di Bindi, con note di Marco Rambaldi: “Umberto Bindi – Un sogno in una nuvola”.
Nel 1996 esce l'antologia "Il mio mondo", secondo noi troppo incentrata sulla prima produzione del cantautore: manca infatti tutta la produzione dal capolavoro "Con il passare del tempo" in poi.
Nello stesso anno partecipa a Sanremo con "Letti", con testi di Renato Zero, cantata con i New Trolls: su venti finaliste la canzone finisce 20^.....
Nello stesso periodo torna al “Maurizio Costanzo Show” cantando, da solo, “Letti” e dicendo che non prova rancore per il male che gli hanno fatto e che, sostanzialmente, ha “dimenticato”, e per questo riscuote sinceri applausi. Amedeo Minghi, in quell’occasione, difende il Sanremo di Pippo Baudo e la RAI di quel periodo che avrebbero avuto il coraggio di riproporre Bindi, ancora scomodo e ostracizzato.
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Sempre in quell'anno Renato Zero produce per la sua Fonopoli un nuovo lavoro di Bindi: "Di coraggio non si muore". Notevoli le canzoni: purtroppo Renato Zero interpreta da solo "È tutto qua" e non se ne capisce il motivo. È vero che ho sempre detestato Zero: e un motivo in più sarebbe anche il fatto che nella successiva e noiosissima sua trasmissione televisiva questo Zero, in mezzo a tanti ospiti, si sia ben guardato dall'invitare Bindi.....
Nel 2000 BMG Ricordi e Ricordi pubblicano "Umberto Bindi", un doppio CD per la serie "Flashback: I grandi successi originali". L'album, inizialmente, è venduto nei cataloghi per corrispondenza poi, dopo la scomparsa del musicista, compare anche in qualche negozio ma contiene, ancora una volta, solo la prima produzione.
Dopo la morte di Bindi Pippo Baudo annuncia che il CD celebrativo che aveva pensato di realizzare per aiutare il musicista malato verrà realizzato nell'autunno del 2002. Sono passati mesi, è passato l'autunno, è passato anche il Natale del 2002 e, per puro caso, il doppio CD è stato visto, nel gennaio 2003 (!), in qualche negozio di dischi.
È un doppio CD dal titolo "Umberto Bindi", è prodotto da BMG Italy-BMG Ricordi spa, ha il numero di catalogo 74321948922 e contiene, ancora una volta (!), la prima produzione e i cosiddetti "classici". Le uniche novità sono "Ave Maria", un'originale composizione che, per noi, è purtroppo da cancellare per il testo ultracattolico; "Flash", "Estasi", "Io e il mare" e "Albatros" da "Io e il mare". "Saltati" a pie' pari, di nuovo, "Con il passare del tempo", "D'ora in poi" e "Di coraggio non si muore". Da notare, invece, che sono state inserite canzoni opinabili o sdolcinate o mal riuscite come "Girotondo per i grandi" e "Ninna nanna di Natale". Coraggiosa la scelta, invece, di includere la difficile, anche musicalmente, "Odio": una canzone controcorrente per quell'epoca e, non a caso, difficilmente sentita e inclusa soltanto nell'antologia "Il mio mondo".
Ora che il suo concerto è finito avevamo purtroppo visto giusto. La sorte di Bindi non era delle più rosee: inseguito perennemente dai debiti e dall'ostracismo, da una salute sempre più precaria e dal disinteresse dei più, riesce però ora e, speriamo, anche in futuro ad essere nel cuore di chi ha amato le sue canzoni e di chi, come me, ancorché lontanissimo dalle sue convinzioni religiose e dai suoi gusti musicali per l’opera lirica e la musica classica, riesce a trovare veramente notevoli la musica e il testo della canzone, suonata nei concerti del 1994 e 1995, con cui chiudo la prima parte di questa pagina che, nelle mie intenzioni, doveva aiutarlo a farlo conoscere e ri-conoscere, non certo a commemorare la sua perdita….
Dal 2005 qualcuno ha preso l'iniziativa di un Premio Umberto Bindi per nuovi cantanti e musicisti compositori, che ha riscosso un notevole successo e si prepara alla quinta edizione del 2009: qui il sito http://www.premiobindi.com .
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"Ritratto d'autore", da L'isola che non c'era, luglio 2002 dc (aggiunte e correzioni mie sono in rosso)
Umberto Bindi
Musica che si fa poesia: da Giorgio Calabrese a Gino Paoli, da ornella Vanoni a Bruno Lauzi
di Paolo Jachia
Umberto Bindi, interprete e musicista, non propriamente cantautore perché mai autore dei versi delle sue canzoni, in una sua recente intervista affermava: "Sono genovese, abitavo da ragazzo nel quartiere Foce. I miei vicini e amici erano i fratelli Gian Piero e Franco Reverberi (gli alter ego discografici e musicali, con Nanni Ricordi, dei cantautori degli anni Sessanta). I Reverberi erano musicisti, come me e come altri ragazzi di cui divenni amico: Luigi Tenco e Bruno Lauzi. Da ragazzo avevo già molta dimestichezza con la musica. Appena entrato in conservatorio scrissi le musiche per 'Baistrocchi', una rivista goliardica che approdava nei teatri e da lì a poco, proprio per la neonata casa discografica di musica leggera Ricordi, incominciai a scrivere musiche per canzoni e sull'onda dei primi successi anche a cantare". Più precisamente, durante i suoi studi al conservatorio Bindi scopre l'arte musicale di Vivaldi e Puccini e mette a fuoco quello che sarà il suo progetto artistico, la sua poetica: coniugare la tradizione melodica della canzone italiana alla musica classica, e cioè dare a quella che era considerata la "canzonetta" una base e una struttura sinfonica. Alla luce di questo non stupisce che Arrivederci del 1959, una delle canzoni più belle del dopoguerra e uno dei suoi primi capolavori, sia "un brano di ispirazione classica, con una architettura complessa, un impianto solido" che apre la propria esatta costruzione musicale a suggestive variazioni di tono e di intensità, dando spazio a una vena malinconica tenue, crepuscolare ed esistenzialistica, da cui scaturiscono parole di tutti i giorni per un dolore così immenso che solo la musica può dire: "Arrivederci, dammi la mano e sorridi senza piangere...fingiamo di lasciarci solo per poco".
Non diverso il discorso per Il nostro concerto, un altro dei suoi grandi risultati artistici e uno dei suoi manifesti di poetica che coniuga - come afferma Felice Liperi - "tradizione melodica con linee armoniche di stampo classico". Detto questo, bisogna ora ricordare che entrambi i testi delle canzoni ora ricordate, e di molte altre quali Non mi dire chi sei, Un giorno un mese un anno, Vento di mare, Noi due ecc, furono scritti da Giorgio Calabrese, anch'egli genovese ed anch'egli tra i protagonisti, come paroliere e talent-scout, della nostra prima canzone d'arte degli anni Sessanta. I testi di Calabrese, come le musiche di Bindi e il suo modo di interpretarle si legano infatti a quella riscoperta esistenzialista della quotidianità che era il tratto distintivo e il motivo di vanto - rispetto alla canzonetta sanremese-italiana degli anni Cinquanta - della cosiddetta scuola genovese degli anni Sessanta. Naturale e quasi inevitabile, alla luce di quanto detto, l'incontro artistico e d'amicizia con Gino Paoli, ed ecco il loro capolavoro, Il mio mondo del 1960:"Il mio giorno è cominciato in te...il mio mondo finirà in te". Ancora in questa aura esistenzialista degli anni Sessanta si ricollega quella che forse è la più bella canzone di Bindi, La musica è finita del 1967, musica al solito di Bindi, parole di Califano e Nisa (il "paroliere" di Carosone), ma indimenticabile nell'interpretazione di Ornella Vanoni, una delle grandi amiche di Bindi, che seppe dare al brano un'aura indimenticabile di malinconia, rassegnazione, sensualità: "la musica è finita, gli amici se ne vanno, che inutile serata, amore mio..." (Da ricordare ancora, per inciso, che Ornella Vanoni, con lo stesso pathos, ha recentemente ripreso in "Una birra, un panino e...la tua bocca da baciare", l'altro capolavoro di Bindi, la sopra già ricordata Arrivederci). Coerenti con tutto questo percorso i due LP fatti da Bindi con l'amico Bruno Lauzi, Con il passare del tempo e Io e il mare, fortemente "genovesi"nell'impianto e nello svolgimento.
Due considerazioni finali: se è vero che Umberto Bindi - per limiti anche personali ma principalmente legati alla miopia e alla insipienza del pubblico e delle discografie italiane - non è riuscito a dare tutto quello che avrebbe potuto dare alla canzone d'arte italiana, è vero anche che la musica e la voce di Bindi hanno contribuito in maniera luminosa e determinante a cambiare il volto e lo statuto della canzone italiana in generale.
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Nel libretto di presentazione ai concerti del 1993, con Bruno Martino, c’è questo scritto di Ernesto Bassignano.
Umberto Bindi
“Se qualcuno tra di
voi vuol fare i conti sulla mia vita/se un altro saggio mi dirà che primavera è
già finita sicuro non lo seguirò, sicuro non lo sentirò/pazzo incosciente ma
sincero imperdonabile davvero…”
È la cicala Umberto
Bindi che canta e confessa, come al solito un po’
drammatico e un po’ ironico, rimettendo fuori le ali e facendo capolino cent’anni
dopo, curioso dopo il lungo, intenso letargo. Quella dell’artista che qualcuno
ogni tanto qua e là ha segnalato in qualche compiacente oscurità di night
davanti a qualche pianoforte in una qualche estate (ma non ne era sicuro), è
stata solo una lunghissima vacanza.
Negare che una
qualche amarezza e qualche recriminazione in lui siano affiorate, sarebbe
stupido. Ma il capostipite dei cantautori-compositori, l’autore di tre o quattro
straordinarie canzoni con le quali segnò
indelebilmente tutta la nostra musica leggera e poi si defilò…Non è mai stato
davvero né solo, né triste, è isolato. Ha continuato a suonare il suo amatissimo
pianoforte di giorno e di notte, ha collezionato ed
ascoltato qualche altro migliaio di dischi di classica
(nostra nota: e di lirica),
preparato minestroni per pochi e buoni amici chiedendo loro di raccontargli ed
aiutarlo a capire cosa diavolo stesse accadendo la fuori tra sirene, botti e
corse affannate, odii e antipatie lancinanti.
Elaborando costantemente la sua musica e raggiungendo sintesi ardite tra cinema,
teatro, balletto, ambientalismo e poesia, non ha dimenticato di registrarsi
centinaia di film in bianco e nero, di accudire cinque cani più un pappagallo,
una tartaruga e varie cocorite (nostra nota: e i
gatti?), vivendo placidamente nel ricordo di
De Andrè e Villaggio studenti alla filodrammatica che lo vedeva già in compagnia
di Tenco col suo sax, delle prime canzoni scritte in cucina
insieme a Giorgio Gaber, con Mina e Marino Barreto
che s’affacciavano a chiedere un pezzo nuovo per loro.
Della tournèe con
Gaber e la Monti e ancora Eddy Calve o Buscaglione;
delle gare di ballo con Jane Russel
Gasman in una Bussola ancora mitica, di corse pazze
in autostrada a bordo d’una Daimler del ’32 con al
fianco una Amalia Rodriguez che tentava di capire i segreti del pesto…Insomma,
più che nostalgia…Incapacità e pudore di vivere i nuovi tempi affollati e
affannati, troppo spesso fasulli, bugiardi, dominati dal business. Una carriera
spezzata, quella della cicala, “diverso” che mai si pentì e scandalizzò, vestito
di nero come uno chansonnier d’oltralpe, i benpensanti d’un
bel Paese di edere, mamme e vecchi scarponi. Da molti anni
i Tom Jones, le Shirley Bassey
e le Dionne Warwick non
portano più i suoi pezzi nelle classifiche internazionali, ma la cicala non se
n’è nemmeno accorta, tutto preso a comporre nuove ballate, cori e semplici
canzoni per chissà quali interpreti e quale domani. Qualche ammiratore è
riuscito a stanarlo e invitarlo nel suo locale, altri lo
hanno intervistato e studiato per capire le ragioni d’un tanto strano
isolamento.
Lui ha continuato a
suonare e ad accontentarsi di piccole ma preziose testimonianze d’affetto e di
stima, come quella dell’equipaggio d’una nave al termine d’una crociera, un
biglietto furtivo di Tiziana Fabbricini che lo
ringrazia di esistere, un lusinghiero pezzo di Bussotti
su una rivista, una telefonata di Dorelli al termine di uno sfogo televisivo
al Maurizio Costanzo Show. Io personalmente, dopo
aver fischiato e cantato i suoi successi dall’infanzia fino ad oggi, l’ho
scoperto di persona a Recanati ad un piccolo festival
di musica e poesia.
Accanto a me, al
termine della sua breve ma intensissima esibizione, ho visto duri colleghi
balzare in piedi altrettanto vergognosi della
propria commozione. Da allora scrivo parole per la sua nuova musica solo per
il gusto di sentirle poggiate a quei fraseggi colti e popolari, nel solco
della nostra grande tradizione melodrammatica.
“Arrivederci”, “Il nostro concerto”, “Il mio mondo”,
“La musica è finita”!” La cicala questa volta è sopravvissuta al lungo inverno e
le formiche la vedranno volare alta di nuovo…
***
Il numero di Marzo 1999
del mensile “Babilonia” dedica un articolo-intervista a Umberto Bindi,
subito dopo il Festival di Sanremo
Musica: Umberto Bindi
IL SOLE OLTRE SANREMO
di
Enrico Salvatori
A pochi giorni dal Festival “più amato dagli italiani”, un
omaggio al grande musicista, che ci racconta delle venature che percorrono
l’ambiente dello spettacolo
Febbraio: il mese
del Carnevale e di Sanremo. E il Festival, ormai alla 49ma edizione, è sempre
lì. Piaccia o non piaccia. Tanti artisti sono passati
per il palco dell’Ariston…e i desaparecidos sono parecchi! Tra i tanti,
merita di essere citato Umberto Bindi, uno dei migliori compositori di musica
leggera della canzone italiana. Sensibile e cordiale,
come pochi sanno essere, ha accettato di incontrarci
nella sua villa a Bracciano, vicino a Roma, in una fredda mattina di fine
inverno.
Sei stato uno dei
pochi musicisti a rivoluzionare la musica italiana, negli anni in cui trionfava
il testo…
Beh, il
“cantautorato” è stato sempre un equivoco. Il cantautore era
colui che scriveva le sue canzoni: da De Andrè – che per me è il massimo
– fino a perdersi nei meandri di Fidenco e altri.
Veramente, per essere abbastanza selettivo, dovrei definire “cantautore”
colui che scrive testi e musica: e quindi Cocciante,
Battisti e, all’estero, Becaud non dovrebbero essere
considerati tali (nostra nota: e allora neanche Bindi visto che, ufficialmente,
scriveva solo la musica….). Il termine “cantautore” è stato coniato nei primi
anni Sessanta, quando era riferito a un certo Bindi, più che a
un Modugno, che ha dato comunque una forte spallata
alla canzone italiana (nostra nota: continuiamo a non vedere quale
“rivoluzione”abbia portato Modugno: solo per aver scritto una canzone che non
parla d’amore?). Con il cantautore, infatti, nasceva una nuova espressività
musicale, più sofferta, più attenta, più attuale sicuramente, perché
veniva registrato il malessere comune.
Le tue composizioni sono state definite
“sinfoniche”…
Dalla stampa
venni prima tacciato di “barocchismo”…Col tempo
questa attenzione alla composizione e la mia “completezza musicale” sono state
apprezzate. Un paroliere come Giorgio Calabrese ha poi valorizzato le mie
composizioni con dei “signori testi”. Non scordarti che, all’epoca, regnava
il 45 giri, che relegava il 33 giri a una semplice
raccolta di brani. Di conseguenza un pezzo come Arrivederci, che durava
5 minuti e 40, era penalizzato nei juke-box, in
radio…
Com’era il tuo rapporto con l’industria
discografica?
Era ed è difficile.
Anzi, direi conflittuale. Non sono mai entrato nel sistema. A parte il fatto che
sono sempre stato isolato nelle scelte e nelle frequentazioni, e quindi mi sono
ritrovato fuori dal giro. Con una casa discografica dovresti accettare
determinate imposizioni. Finché vendi va tutto
bene…Oddio, a volte sei fortunato a trovare un discografico che abbia la
sensibilità di capire i problemi dell’artista. All’inizio della mia carriera ho
avuto la fortuna di conoscere Nanni Ricordi e Franco Crepax, gente di una
sensibilità unica, che hanno fatto, all’epoca, scelte difficili e che sono stati
ricompensati nel tempo dalle vendite di Gaber, Endrigo, della Vanoni, di Gino
Paoli, Battisti, Jannacci e Lauzi. Il cantautore aveva talvolta una voce
sgraziata, ma questo costituiva la sua forza, così come in campo lirico la
Callas rivoluzionò il bel canto: mi si perdoni il paragone, ma all’epoca la
musica lirica era davvero molto seguita…E poi, io ci son cresciuto! Vedi, oltre
all’ascolto della lirica, io sono cresciuto con la canzone d’autore francese:
con Becaud e Trenet, che
allora emergevano…E poi, nel dopoguerra, con il grande musical americano, perché
bisognava riempirsi gli occhi!
Quindi
anche la Wandissima…
[ride]…ma
la rivista era più “autarchica”!
Immagino che
l’influenza culturale francese derivi dal fatto che Genova è vicina al confine e
che la lingua straniera più conosciuta fosse qui il francese. Insomma, nel
dopoguerra l’America era un paradiso lontano…
È così: pensa che,
all’epoca, vedevamo film americani usciti dieci anni
prima: la Garbo per noi era una novità, mentre in America già non recitava più!
A proposito di
film: tu hai partecipato nel 1959 a un curioso film, Urlatori alla sbarra,
accanto a Mina, Cementano e tanti altri giovani cantanti d’allora!
Ah sì, cosa non si
fa per arrivare! L’unica cosa pregevole di quel film era la versione per tromba
di Arrivederci, eseguita da Chet
Bacher. Però, rivedendolo,
credo vi si respirasse un’atmosfera nuova per allora. L’abbiamo girato
divertendoci: era un po’…ruspante! Pensa che la mia prima composizione
andò a Sanremo 1958: s’intitolava I trulli di
Alberobello, ed era cantata da Aurelio Fierro e
dal Duo Fasano…un pezzo simpatico, quasi naif…(nostra nota: peccato che
sia stato giudicato da tutti, compreso chi l’ha cantato, la cosa peggiore
scritta da Bindi…) L’anno dopo ci fu il boom di Arrivederci che, secondo
la critica, chiude gli anni Cinquanta e apre un nuovo solco nella musica
leggera. Per me si aprì il periodo, che durò tre-quattro
anni, in cui ero più noto al pubblico, ed ero quindi un “personaggio”.
E questo “personaggio” di esistenzialista che,
tuo malgrado, interpretavi aveva agganci con la
realtà?
Indubbiamente sì:
non riuscivo a comunicare, non amavo cantare, odiavo i servizi fotografici, al
contrario di Gino Paoli, che pure era considerato “un duro”…
Come cantante sei stato due volte a Sanremo:
nel 1961 e nel 1996. Cos’è cambiato?
La prima volta,
come tutti i cantautori e gli urlatori presenti in gara,
venni penalizzato dalla vecchia guardia. L’edizione del 1996…beh, spero
che rimanga un episodio, perché è stata un’esperienza “discutibile”. Erano
preponderanti le scelte di Renato Zero, a cui
peraltro voglio molto bene…con due personalità a confronto, l’una più “discreta”
(nel senso che a volte dovresti mostrare le palle!), e l’altra più forte, è
chiaro che il mio lavoro è stato penalizzato dalle sue scelte. Se avessi
dovuto scrivere una canzone per Sanremo cantata da Umberto Bindi e i New
Trolls non avrei scritto Letti: avrei
composto un’altra cosa. E qui si torna al tema dei contrasti con le case
discografiche. Alla fine sono tutti scontenti: autore, produttore e pubblico.
Spero che con i nuovi lavori possa riappropriarmi della mia personalità.
Tra l’altro, hai composto per Mina E’ vero,
che lei presentò a Sanremo ’60…
Fu la sua prima
grande interpretazione. La conobbi alle edizioni Ariston che era giovanissima…
Hai composto per Mina, per la Vanoni,
Cilla Black,
Dionne Warwick. Quali
sono le difficoltà del comporre per una donna?
Non è mica tanto
facile! Forse adesso lo è di più perché, fortunatamente, le voci delle cantanti
si vanno avvicinando al tono delle soprano: prendi
una Celine Dion o questa giovane Giordano, che ha rifatto Vissi d’arte.
Con la mia canzone, in Italia, ho avuto dei problemi: le interpreti erano
impegnate sul versante sudamericano-jazzistico (come l’Ornella), oppure su un
certo tipo di cantautorato e io mi sono sempre
trovato un po’ spiazzato da queste impostazioni vocali.
Hai avuto varie esperienze come autore di
canzoni per Sanremo: si sta meglio davanti o dietro il palco?
Ho seguito l’iter
“normale” che hanno seguito un po’ tutti quelli della
mia generazione. A un certo punto mi hanno proposto di cantare, mi hanno fatto
un provino…Ma forse, se tornassi indietro, rinuncerei a cantare: visti e
considerati i risultati e le amarezze che ho avuto, debbo
dire che avrei rinunciato…
E c’entra qualcosa la tua omosessualità?
Mmh…vedi,
c’è una forma di razzismo nel parlarne, anche benevolmente…Ma perché? Sono fatti
miei! Ma ragazzi! Non per fare il portiere – anzi, la
portiera – della situazione, parlando d’altri che “sicuramente”, “si dice”…ma il
mio ambiente ne è pieno! D’accordo: un giorno io ho detto che la mia defezione
dalla musica leggera era dovuta a questo. Ma ne ho
parlato una volta, poi basta! Ma se mi dite
che “non è un problema, perché siamo nel 2000”, allora perché ne parliamo?
Eppure c’è sempre quest’assillo…C’era un’Italia diversa, ma in fondo è cambiato
poco, pochissimo, siamo dei razzisti terribili, ci vendichiamo del nostro
passato. Ieri eravamo ignoranti, oggi non lo siamo più: ma siamo sempre dei
grandi razzisti.
Quindi
di te si parlava come di un personaggio…
…scomodo. E allora
noi, dato che siamo “moderni”, allora ne parliamo!
“Ma io sono una persona normale! Ero vulnerabile, e
non ho mai saputo difendermi. E non riesco a cambiare: invecchio, ma non
cambio. È l’involucro che invecchia, ma io non
maturo: che ci posso fare? In fondo con la gente ho un buon rapporto… È con la
stampa che ne ho sempre meno, perché è indiscreta. A Sanremo non hanno capito
che ero una persona serena, ero rinato dopo un’operazione chirurgica, e quelli
mi vanno proprio a chiedere “Come mai lei è così buono,
nonostante tutte le cattiverie che le hanno fatto?”! Questo pietismo mi ha
infastidito. Quando poi mi hanno chiesto della mia
omosessualità li ho guardati come per dire “Ancora?!”. Sono ritornato a
Sanremo dopo 35 anni, e questi qui mi chiedono ancora
questo? Avevano poco da dire e poco hanno detto! A
proposito di Sanremo: quest’anno faccio parte della giuria che sancisce la
vittoria finale, insieme con la Pivano ed altri.
Saremo maledetti e benedetti ma…chi se ne frega! Io cerco di fare il mio dovere
con trasparenza, perché provo tenerezza per Sanremo, mi ricorda tante cose…
***
Articolo diffuso da ADNKronos il 6 Aprile 2002
Bindi:
''Il mondo è troppo cinico per me''
''L'ostracismo per la mia omosessualità? Personalmente ho superato quei problemi, anche se un po' mi pesa ancora''
Roma, -
''Il mondo è sempre più cinico e distratto, succedono cose anche più
gravi di quelle che capitano a me''. Umberto Bindi commenta così gli attestati
di affetto che sono arrivati ieri in suo favore. ''All'inizio
sono rimasto sorpreso e impreparato dall'affetto degli amici che ho sentito
intorno a me -spiega Bindi, ancora molto affaticato
per le precarie condizioni di salute- Poi mi ha fatto sicuramente piacere
vedere, da parte di alcuni miei colleghi, grande entusiasmo e voglia di starmi
vicino in questo momento''.
Bindi non entra nel
merito delle sue difficoltà finanziarie: ''Sono cose
più grandi di me -dice- io non capisco molto di vicende materiali, non ho mai
dato loro peso. Ma se Gino Paoli ne ha parlato nel suo appello, mi pare
credibile che le cose stanno come le riporta lui''.
''Per me -spiega Bindi- in questo momento non
è tanto importante che questi aiuti arrivino ora che la situazione è precaria e
che non siano arrivati prima. La cosa importante è che la situazione si scuota e
che le istituzioni dimostrino ogni tanto di essere un po' più attente.
Sul fatto che io
sia stato dimenticato, beh, vorrei dire che in buona parte è anche colpa mia:
c'è chi è capace di bussare alle porte e chi non lo è. E
io sicuramente non lo sono. C'è stata grande disattenzione nei miei riguardi,
sicuramente, ma è il risultato del mondo in cui viviamo: il mondo oggi è quel
che è, ci sono ingiustizie ancora più grandi della mia, purtroppo il mondo è
distratto e cinico, troppo cinico per uno come me,
siamo oberati dalla mattina alla sera da tragedie immani''.
''Dunque -prosegue
il cantautore- a un certo punto mi sono stancato di
frequentare alcune persone che avrebbero potuto aiutarmi, mi sono stancato di
chiedermi il perché di certi atteggiamenti. Ne ho preso atto, mi ci sono
abituato.
L'ostracismo per la
mia omosessualità? Personalmente ho superato quei problemi, anche se un po' mi
pesa ancora''. Bindi ringrazia dunque ''gli amici
veri, quelli che ho avuto vicino, da Bruno Lauzi a Gino Paoli, da Giorgio
Calabrese a Sergio Endrigo a Sergio Bardotti. Lauzi ha ragione nel sostenere che
io non ho mai chiesto aiuto a nessuno: non sono uno che si piange addosso quando
hai problemi, si può piangere, certo, ma a casa e da soli''.
''Mi piacerebbe
ringraziare tutti -conclude
Bindi- magari in occasione del concerto che so che stanno cercando di
organizzare. Farò di tutto per esserci anche se in
questo momento seguo il consiglio che mi hanno dato tutti: ristabilirmi in
salute. Il più bel regalo sarebbe essere presente di persona per abbracciare chi
mi è stato vicino''.
***
Il “Corriere della Sera” del 10
Aprile 2002 pubblica un ampio articolo-intervista di
Mario Luzzato Fegiz
Incontro con il cantautore genovese, 70
anni, per il quale dovrebbe essere approvato il ricorso alla legge
Bacchelli
Umberto Bindi: sono stato una cicala
“Ammalato e senza soldi, ma non è una tragedia”. E il suo compagno:
“Ha sempre regalato tutto”
Viterbo.
Monterosi è un paesino sulla Cassia bis, a metà
strada fra Roma e Viterbo. Da due anni Umberto Bindi ci vive con il suo amico
Massimo, artigiano calabrese abilissimo sia nel creare composizioni con le
piastrelle sia nel giardinaggio. Umberto Bindi, 70
anni il 12 Maggio, siede sul divano nel salottino: l’appartamento, modesto, è un
bilocale a pianterreno in una palazzina che sorge dove la campagna ha cessato di
essere tale per lasciar posto a un’urbanizzazione stracciona e incompiuta.
Bindi porta un
pigiama, bianco a coste, e sopra un maglione di lana fatto a mano, dello stesso
colore. Il volto è scavato, ma lo sguardo è sempre vivace, la voce bassa,
flebile ma ferma, il pensiero veloce. Due cellulari suonano in continuazione. Il
prefetto di Viterbo vuol conoscere l’esatto indirizzo di Bindi e le sue
generalità. Maurizio Costanzo lo chiama per rassicurarlo: gli dice di aver
saputo per certo che gli verrà riconosciuto il
vitalizio previsto dalla legge Bacchelli. Il
Consiglio dei Ministri potrebbe occuparsene già oggi. Da un lato Umberto Bindi
si mostra contento, dall’altro cerca di minimizzare.
Com’è andata la
storia?
“Io sono solo un
cantante, autore abbastanza famoso che è rimasto
senza soldi e senza salute. Senza soldi sicuramente per colpa mia.
Perché sono una cicala, non una formica”.
“Ha regalato sempre a tutti…” prova a
intervenire Massimo, ma viene prontamente zittito.
Bindi, ma una casa sua non
ce l’ha?
“No, ho sempre
abbellito le case in affitto, e quelle altrui. E al momento
dello sfratto…tanti saluti. Lo ripeto: la mia non è una tragedia.
Anche se, in effetti, continuando così, senza salute e senza
soldi, potrebbe anche diventarlo”.
Fa fatica a parlare e a respirare…
“Non mi reggo in
piedi. È tutta colpa di questa maledetta ritenzione di
liquidi”.
Si interrompe. Domanda:”È
suo l’autista che aspetta fuori? Lo faccia entrare a bere
almeno un caffè con noi”. Rientra Massimo: “Sta dormendo”. “Allora non
svegliatelo”.
Riprende Bindi: “Da due anni ho un rene fuori uso, quattro by-pass, un’angioplastica,
il fegato che non funziona con un principio di cirrosi.
Ma il vero guaio è una debolezza terribile e quell’acqua che
mi si forma dappertutto e che mi devono togliere con la siringa”.
Di quali cure avrebbe bisogno?
“Devo essere rimesso
a nuovo. Tengo sempre il capo reclinato, non è una bella posizione. La voce ha
avuto un grosso calo, come se non ci fosse più grasso nelle corde vocali”.
Sembra che l’Italia
si sia accorta improvvisamente di lei…
“Io non ho mai
chiesto nulla a nessuno. Anche di fronte a chi non rispettava con
me impegni contrattuali ho preferito sorvolare. A un
certo punto Gino Paoli si è messo in testa che bisognava occuparsi di me, e
quando lui decide qualcosa…chi lo ferma? D’altra parte non riesco ad accettare
nessuna proposta di lavoro. Però non voglio
elemosine. Di tutti i progetti, quello che mi piace di più è
una serie di concerti con le mie canzoni e tanti ospiti”.
Quando ha
cominciato ad avere i primi guai con la salute?
“Ormai è parecchio
tempo. Due anni or sono mi si gonfiavano i piedi e non riuscivo più a infilare
le scarpe. Ma sa qual è la cosa peggiore? In
condizioni normali io ascolto musica classica per sette ore
al giorno (nostra nota: ci sembrerebbe comunque esagerato anche se fosse
rock, folk, leggera e jazz alternata…) . Adesso mi da
come un dolore allo stomaco, mi fa star male”.
E la televisione?
“Ho guardato il
Festival di Sanremo. E ho visto tanti cantanti dotati di talento. Bravi.
Più bravi per voce e presenza di quelli della mia
generazione alla loro età. Mancavano però le canzoni. Mi è piaciuta
quella di Gino Paoli, semplice ed essenziale. Brava anche la
Nava. I
Matia Bazar mi sono sembrati soprattutto un fenomeno televisivo”.
Da uomo e da
artista che cosa ha imparato in questo pellegrinaggio fra cliniche e ospedali?
“Che non c’è paragone
tra ospedale pubblico e cliniche private.
Nell’ospedale pubblico ti curano meglio. Lavorano con molto più entusiasmo. Lo
scoprii già anni fa al San Camillo di Roma dove fui
ricoverato per un’ulcera”.
E i soldi? Non le
arriva niente dalla SIAE, i diritti sulle sue canzoni famose?
“Come no, ma si prende tutto il fisco.
Vede, chi doveva provvedere al pagamento di tasse, IVA e contributi per il mio
lavoro non lo ha fatto”.
Intanto suona il
telefono: lo chiama la zia Natalina,
82 anni, per sapere come sta. Poi anche la sorella
Marisa, che di anni ne ha 72. Arriva il direttore
della sua ultima band – La fabbrica dei miracoli – e gli porta in regalo un
microfono Shennaizer, quello che lui usa nelle
serate.
Stanco, a un certo
punto Bindi sembra assopirsi. Massimo, approfittando del pisolino del maestro,
prende coraggio e confessa: “Ci sono cassetti pieni di
inediti e anche cassette audio. Lui crede di
registrare sempre sulla stessa, cancellando le vecchie incisioni, ma io di
nascosto le sostituisco con altre, nuove”.
Umberto ci guarda, come se non avesse davvero sentito, riprende a parlare:
“Siamo finiti in questo paesino per caso.
È tranquillo, anche se Roma è così lontana…”.
“Fai un giro in
giardino” gli propone Massimo, che ha sistemato il verde con le sue mani, dal
prato ad alcuni piccoli alberi da frutto, macchie di fiori, una zona a
ciotoli.
“No, adesso sono stanco e non voglio incontrare
nessuno in questo stato”.
Sembra esausto, ma i
pensieri non si fermano. Tornano a Genova, agli amici della Foce, a quelli che
si sono fatti vivi come Paoli, Lauzi, Calabrese, e a quelli che non possono più
farlo, come Fabrizio De Andrè: momenti belli, qualche addio. E il ricordo di
certi funerali gli ispira una battuta, di un’eleganza
interiore che povertà e malattia non possono cancellare: “Sa una cosa…trovo che
l’applauso, soprattutto in chiesa, sia una gran mancanza di classe”.
(mia nota: mi dispiace dissentire, caro Umberto, ma per noi atei, si sa, è la
stessa esistenza delle chiese che è ben peggio che
una mancanza di classe….)
***
l’Unità, Sabato 25 Maggio 2002, pubblica, come tanti giornali, i commenti sulla morte di Umberto Bindi. Pubblica anche un articolo dello stesso cantautore scritto poco prima della scomparsa.
Così nacque il mio “Concerto”
di
Umberto Bindi
Lo ammetto. E’
passato qualche annetto, da quella fatidica sera in cui mio zio, mio zio tenore,
volle portarmi con sé al teatro a vedere un’incredibile
Madame Butterfly”! Chissà…forse proprio
quella sera al teatro Paganini, rapito da Puccini, misi
le basi del mio stile un po’ melodrammatico e un po’ sinfonico.
Certo nacque la mia
prima ispirazione fondamentale, tra quelle poltroncine, rapito da quelle note e
quella storia che rifletteva tanto bene i mie sogni
dell’epoca…chissà.
Certo che in quegli
anni, tra dopo-guerra ed echi americani, la Francia dei grandi chansonnier e la
voglia di studiare uno strumento seriamente, applicandolo ai classici della
musica, Genova con i suoi colori e il suo mare…Genova con la sua Bohème era un
crogiuolo giustissimo per passare dal conservatorio alle soffitte, dalla
spiaggia alla Foce, dalla lanterna ai paradiso.
E da quella sera (e
dalla prima fisarmonica) il passo fu breve verso la fame totale continua di
buona musica e la voglia di mescolarla, sempre con un orecchio a quella a stelle
e strisce, a Trenet e la Piaf e l’altro orecchio a
sognare la grande orchestra, concentrato sull’operetta e le grandi colonne
sonore…Le mie prime composizioni? Non furono certo né canzonette né cose
facilmente etichettabili. E neppure quel primo grande successo che fu
“Arrivederci”, nonostante i dischi venduti e le interpretazioni in tutto il
mondo, facile ed intrigante fu evidentemente il testo
del nuovo importante amico e complice Giorgio Calabrese, facile e bello anche se
in contrasto netto con le storie dell’epoca, tutte con lieto fine. Giorgio,
conoscendo fin troppo bene il mio carattere romantico quanto irascibile, aveva
scritto apposta quella cosa ispirandosi ad una delle
mie tante, forse troppe storie d’amore tremende, che finivano male…malissimo.
Forse con quell’Arrivederci tenero e tutt’altro che drammatico aveva però
tentato di insegnarmi una nova strada…chissà…
Certo Don Marino
Barreto fece il miracolo: pochi giorni dopo il
lancio, una mattina ascoltai il fornaio che – alla
sua maniera popolare e gridata, strappacuore – interpretava quel saluto. Alla
stazione, qualche ora dopo, dei viaggiatori salutarono
l’amata nella stessa maniera: ero raggiante. Gli esperti però si accorsero di
quel difficilissimo inciso in scala esagonale. I colleghi ancora di più,
visto che, dopo le prime strofe, si accorgevano
quanto spesso non potessero arrivare a quelle inusuale e improvvise scalate…
Ma ora veniamo al
vero e proprio “boom”, dopo quel primo seppur grande
successo che altri mi aiutarono a far deflagrare. Veniamo a quel “Concerto” che
ancor oggi continua ad essere
reinciso e interpretato (ultimamente da Baglioni, Zero, la Berti, la
Zanicchi e Spagna): un concerto che stavolta avrei cantato io e fatto crescere
da solo grazie alle mie passioni liriche e d’autori d’oltralpe. Quello che
io e Giorgio chiamammo “Il nostro concerto”
era anche più difficile da interpretare di “Arrivederci”, ma con un po’ di
esercizio e mille stratagemmi ci seppi arrivare, pur con l’ugola non
particolarmente dotata che possedevo.
Tutto nacque in una
sera bella e limpida a Faenza, dopo che Mina aveva portato al successo la
mia “E’ vero” e le serate si susseguivano l’una alle
altre. Mi trovavo in quella cittadina con la mia band (e dico
band perché ero uno dei pochissimi, forse l’unico
autore, a girare non accompagnato soltanto dal piano, ma da un camioncino al
seguito con dentro un monumentale organo Hammond e
relativo organista). Ero là e fui lasciato solo per metà pomeriggio dal maestro
Eddy Calvert e da Giorgio Gaber, miei partner della
serata. Mi trovai dunque nella penombra di quel teatro settecentesco e i brividi
che essa mi diede furono l’esca per lo sgorgare delle note dell’inciso. Dovendo
io partecipare ad una rassegna organizzata dal
“Corriere Lombardo”, pensai subito che quel tema potesse funzionare all’uopo.
Anche il mio
editore Rossi e Giorgio Calabrese lo trovarono interessante. Completai il brano
e mi accorsi che durava quasi sei minuti, avendolo io
corredato di un’introduzione lunghissima. Forse anche per questa sua struttura
(che qualcuno disse rivoluzionaria) arrivai solo terzo, ma proprio lui
(Calabrese, ndr) aveva dovuto adattare le sue parole all’idea del concerto,
dell’eco del concerto che aleggiava in quel luogo per
l’eternità, in qualsiasi luogo: un po’ di me, del mio pianoforte a coda, sarebbe
rimasto a presidiare per sempre quell’amore.
Intanto avevo
lasciato Genova, così, senza grandi rimpianti. Per un gruppo e una “scuola” che
in realtà non esistevano se non nella penna dei
giornalisti. Ero dovuto andare a Milano dove c’erano
i grandi produttori e il grande business. In realtà scappavo da tutti e da
tutto. Continuai a scappare perché erano già
nati i primi scandali attorno alla mia scandalosissima
“diversità” e io non sapevo né volevo rispondere. L’Italietta
mi aveva già bollato per sempre! Ma sono contento,
oggi, di poter dire che, con tutto quello che hanno detto e scritto su di me, i
pochi veri amici (con Lauzi stiamo progettando grandi cose) più i miei gatti e i
miei cinque o sei brani (che le enciclopedie chiamano immortali) mi fanno una
splendida compagnia. I tempi d’altronde sono quelli che sono…e bisogna sapersi
accontentare…
***
Alcune trascrizioni parziali di trasmissioni televisive con Umberto
Bindi, grazie al contributo dell'amico ed estimatore di Bindi Donato
D'Alessandro:
Con il passar del tempo - recital per Umberto Bindi – secondo canale 1973
Programma di Giorgio Calabrese – Durata: 38’
[Bindi è seduto al pianoforte]
Bindi: …Genova conservatrice…quando ho cominciato io il musicista aveva solo due aspetti: questo
[Bindi al piano come un pianista classico suona in playback un concerto per piano di Tchaikovsky]
o questo:
[Bindi al pianoforte con sigaretta in bocca e con alcolici sul piano fa musica da saloon]
Non era ancora stata trovata tra l’una e l’altra immagine la giusta via di mezzo.
[Bindi canta “Io e la musica” dal vivo su base orchestrale del disco]
…
…
B.: …ho una certa invidia per la gente spigliata.
Calabrese: Allora parla con me!
B.: E tu chi sei? Ho troppa luce negli occhi.
C.: Tutti quelli che fanno il tuo mestiere hanno luce negli occhi.
B.: …
…
[DA ORA HO LA REGISTRAZIONE]
[Bindi esegue in playback “Con il passar del tempo”]
C.: Senti, visto che siamo in argomento. Come sopravvive al passare del tempo un autore e cantante del tuo tipo?
B.: Beh, non è una impresa facile. Ci sono cantanti che riescono a tirare avanti di prepotenza, aggredendo il pubblico imponendosi.
C.: Beh, ti dirò, alle volte non ha neanche importanza quello che cantano, voglio dire, hanno una gran voce e così ti aggrediscono e buonanotte, ma non mi sembra il caso tuo, vero?
B.: No, non è assolutamente il caso mio. Io non sono nemmeno un cantante, tra l’altro, perché sono soprattutto un compositore che scrive delle canzoni. E tra l’altro direi anche di avere un carattere non del tutto popolaresco. Anche il night club per esempio per me non è proprio congeniale, perché la gente non sta nemmeno a sentire. D’altronde non posso nemmeno urlare canzoni tipo questa, ecco…
[Bindi canta “Due come noi” al piano in playback]
C.: Fino a questo momento abbiamo parlato soltanto di canzoni di oggi, no? Quindi mi sembra giusto parlare anche un momento delle canzoni di ieri. Qui però io non posso darti una mano, non ti posso aiutare, perché secondo me i ricordi sono una materia talmente strettamente personale sulla quale sarebbe veramente scorretto intervenire. Al massimo, guarda, posso passarti qualche immagine.
B.: Ah, sì, questo è don Marino Barreto jr. nel 1959. [cenno al piano di “Arriverderci”] Mina, nel 1960. [cenno al piano di “E’ vero”] Peppino Di Capri, nel 1961. [Cenno di “Noi due”].
Io vorrei anche ricordare altre due canzoni che hanno avuto successo in quel periodo. Non so se ti ricordi questa. [cenno di “Riviera” – Io ti voglio qui con me, sous le ciel de la Riviera, come in una favola d’amor] Il mio mondo, del ’64 [“Il mio giorno è cominciato in te, la mia notte mi verrà da te. Un sorriso ed io sorriderò. Un tuo gesto ed io piangerò”] Poi, non so, per venire ai giorni nostri: [Zanicchi sullo schermo canta “Per vivere” al Sanremo 1968] Sanremo 1968, “Per vivere”.
La musica è finita in una bella interpretazione di Ornella Vanoni, Sanremo 1967 [video della Vanoni]
C.: E a un certo momento sembrava veramente che la musica fosse finita. Come mai?
B.: Beh, sai, quanto ti crolla intorno un mondo che ti eri creato, hai un momento di paura, di smarrimento, non sai più neanche in che direzione muoverti; poi pian piano ricominci a prendere coscienza…
C.: …anche perché una volta che hai iniziato una strada la devi seguire, a un certo momento la tua vita diventa quella, viene un momento in cui tui rendi conto che non sai fare altro e comunque devi andare avanti. Allora, nel tuo caso direi che non è vero che la musica è finita, anzi direi, la musica continua.
[Bindi canta in playback e in piedi “Invece no”]
C.: E a questo punto vorrei farti una domanda: secondo te la canzone può essere autobiografica, deve essere autobiografica, o non deve essere autobiografica? Voglio dire, deve essere mediata o immediata? Guarda, io leggo malissimo, lo so, comunque vorrei leggerti alcune righe, un brevissimo passo dal Tonio Kröger di Thomas Mann. Dice letteralmente Mann: “il sentimento, il caldo sentimento che riempie il cuore è sempre banale e inutilizzabile, e sono artisti che soltanto … e le estasi … del nostro sistema nervoso … del nostro sistema nervoso di artisti. Bisogna essere qualche cosa di fuori di umano, di inumano” e conclude dicendo: “il sentimento … non ha gusto”. Proprio così.
B.: Beh, è tutto esatto se si riferisce tutta questa opera d’arte soprattutto alla figura estremamente romantica dell’artista, a cui voleva riferirsi Thomas Mann. La canzone però si pone in un rapporto diverso; rimane vero soprattutto il fatto che occorre osservare gli uomini.
C.: Sì, son d’accordo, ad esempio non so, cinquant’anni fa l’uomo delle canzoni era il conquistatore di donne, quello che le spezzava con le coppe di champagne, insomma, se una volta magari andava male sprofondava il suo dolore in un baratro di risolutezza e si annegava nell’assenzio, oppure in via più rapida si sparava e buonanotte.
B.: Oggi no. Oggi l’uomo, a parità di diritti si accosta con umiltà maggiore alla donna, riesce a fare un esame di coscienza, di parlarne anche in musica, anche per il tramite di una canzone.
[Bindi canta “Scusa”.]
C.: In definitiva mi sembra di aver capito che si possono fare benissimo delle canzoni senza tradire né la musica, né la buona fede di chi sta ascoltando, e soprattutto una cosa che è proprio per fare della canzone, la figura del musicista non dev’essere né questa
[Bindi al piano come un pianista classico suona in playback un concerto per piano di Tchaikovsky]
né questa…
[Bindi al pianoforte con sigaretta in bocca e con alcolici sul piano fa musica da saloon]
…ma che esiste, come dicevi tu prima, una giusta via di mezzo. Ma adesso io ho finito, concludi tu, cos’hai da aggiungere?
B.: Beh, solo una cosa. Il mio discorso in musica non è finito. Avrei ancora tante cose da dire. Vorrei solo che mi lasciassero parlare e soprattutto vorrei che ci fosse qualcuno disposto a starmi ad ascoltare.
[Bindi interpreta “Il nostro concerto”]
1986, “I cantautori e…” - Tema della puntata: il mare
Programma condotto da Bruno Lauzi
…
[Bindi canta al piano “Riviera”]
…
Lauzi: …ma sentiamo piuttosto cos’ha da cantarci Umberto Bindi.
Bindi: Su versi di Bruno Lauzi, “Io e il mare”.
[Bindi canta “Io e il mare”, al piano su base musicale del disco]
L.: Bravissimo Umberto, vieni qui
B.: Ho preso certi strafalcioni...
L.: No, è andata benissimo
B. a Paoli: hai una sigaretta?
[Bindi e Paoli fumano]
etc…
Finisce con Lauzi, Paoli e Bindi che cantano “Senza fine” con al piano Santino Palumbo.
1999 Trasmissione omaggio a Bindi, trasmessa il giorno dopo la sua morte da RaiDue, con testimonianze di amici (alcune molto stupide) e con immagini della serata omaggio a lui del 1999
[Bindi canta “Non so”, live al piano con sax del collega di Michele Micarelli che è alle tastiere]
[Bindi e Lauzi seduti a una fontana]
Lauzi: Lo conosco da quando ero alto così. Lo conosco da una vita. Mi ricordo i primi tempi che scrivevi con la fisarmonica “Il vento che soffiava su Genova soffiava nella tua fisarmonica”.
B.: Il vento che “correva” su Genova soffiava nella mia fisarmonica.
L.: Non mi ricordo neanche più quello che scrivo. Comunque ricordo che scriveva le musiche per le riviste studentesche. Eri un filino più grande di me, quindi ti guardavo con una certa invidia, ero lì che guardavo questi qua che erano già bravi, che già lavorano ad alto livello.
[Bindi canta “Non so”]
Calabrese: Siamo alla vigilia? No, direi, siamo a un passo dal cominciare questa serata dedicata a Umberto Bindi, primo successo 1959, “Arrivederci”, don Marino Barreto, continuano i successi per fortuna sua ancora oggi, 1999. Vi dico solo una cosa. Sono stato il suo paroliere, quello che volete, abbiamo lavorato insieme, ma siccome le cose … riportare su se stessi, io dico, sono 50 anni che conosco Umberto Bindi, sono 45 che lavoriamo insieme, se non mi avesse invitato a questa serata mi sarei incazzato come una belva!
Maurizio Costanzo: La mia generazione deve a Umberto Bindi certamente alcune serate magiche nei locali dove suonavano le sue canzoni più famose. Io personalmente gli devo un grande aumento di sincerità davanti alle telecamere. Ormai sono passati un po’ di anni, ma nel mio programma dal Parioli una sera Umberto Bindi con grande imbarazzo confessò per la prima volta davanti alle telecamere la sua omosessualità. Oggi lo fanno molti con grande disinvoltura e addirittura con sfrontatezza. Lui l’ha fatto con grande ritrosia, con grande imbarazzo, con grandissimo disagio ma con altrettanta eccezionale verità. E io gli sono debitore, perché chi fa un talk-show cerca brandelli di verità dai propri ospiti e lui fu molto sincero. Quindi caro Umberto, ancora, grazie.
[continua…]
***
Alcune cose su Umberto Bindi tratte dalla stampa (di tutto quello che sono riuscito a leggere ho volutamente evitato di citare quello che ha scritto “l’Avvenire”: SEMPLICEMENTE VERGOGNOSO…)
Musicisti, intellettuali e
politici ricordano il cantautore scomparso. "Massacrato dalla stampa e dal
pubblico perché omosessuale", ricorda Gino Paoli.
Gino Paoli: “Negli ultimi giorni sentivo Umberto e la persona che gli vive vicino. Ma ormai non voleva più vivere. Ha voluto chiudere lui la sua storia, purtroppo credo sia andata così”. Negli ultimi tempi il cantautore genovese aveva provato ad aiutare Bindi “Speravo di riuscire a dargli un po’ di tranquillità economica per più tempo -spiega Paoli- ma le cose sono andate troppo velocemente, la situazione è peggiorata, nessuno se lo aspettava”.
“Bindi -ricorda Paoli- è stato dimenticato perché è stata commessa un’ingiustizia, è stato massacrato dalla stampa e dal pubblico perché era omosessuale in un’epoca in cui evidentemente era considerata una colpa. Io gli sono sempre stato vicino perché ho sempre pensato che ognuno ha diritto di vivere come vuole. Lui era un grande artista per quello che scriveva e per quello che faceva, la sua vita privata non doveva riguardare nessuno se non lui. Quella storia - prosegue Paoli - gli ha toccato la carriera. Quando ho lanciato l’appello per la Bacchelli c’è stato un coro di amici affettuosi che gli ha sicuramente fatto piacere. Ma quel che gli mancava di più era il contatto con il pubblico. L'isolamento ha continuato a rattristarlo. Ed è la cosa che avrei davvero voluto fargli riavere, l’affetto del pubblico. Purtroppo non ci sono riuscito”.
Secondo il musicista, Bindi è stato “il primo a scrivere canzoni diverse da quelle che si componevano alla fine degli anni ‘50. Lo aveva scoperto Joe Sentieri, che lo aveva portato a Milano a farlo conoscere a un editore milanese e lo aveva fatto lavorare come autore. Nei primi anni Sessanta ha scritto canzoni che hanno fatto il giro del mondo, sono state interpretate da grandi artisti internazionali e hanno venduto milioni di copie. Poi - conclude amaramente Paoli - ha continuato a scrivere. Ma non è più stato preso in considerazione”.
Bruno Lauzi: “È stato il miglior compositore italiano, il nostro George Gershwin”. Il cantante genovese, amico da 50 anni di Umberto Bindi, ricorda con commozione il musicista. “E' stato il più geniale nel fondere la cultura classica con il folk, e soprattutto è stato il più sfortunato -dice Lauzi- È stato vittima della difficoltà di essere intelligente e, di conseguenza, solitario. Ma era molto amato da quei pochi che lo amavano. Lo avevo sentito due o tre giorni fa, mi aveva detto “Cerchiamo di vederci, ci abbracciamo ancora una volta”. Ma sapeva che sarebbe stato difficile”. Lauzi manda un appello: “Non battete le mani al funerale di Umberto -dice- è ora di finirla con questa specie di trionfo dell'operetta. Per i musicisti esiste il 'tacet', anche il silenzio è musica e chi va ai funerali dei musicisti dovrebbe saperlo”.
Renzo Arbore: “Per noi ragazzi degli anni Cinquanta che abbiamo fatto il night Bindi era un grande punto di riferimento e un capostipite dei cantautori che poi hanno rinnovato la canzone italiana”. E aggiunge: “Era inevitabile eseguire all’epoca Il nostro concerto e Arrivederci - ricorda Arbore - pensavamo a lui come al più raffinato cantautore in un’epoca in cui le canzoni ancora non erano troppo raffinate. Mi spiace solo - conclude Arbore - che sia stato sfortunato nel corso della sua vita”. Per Arbore, comunque, il fatto di essersi dichiarato omosessuale non ha influito sulla sua carriera: “Questo non ha nessun valore. Forse ha subito i pregiudizi quand'era giovane, negli anni Cinquanta e Sessanta. Ma noi artisti non facciamo caso a queste cose. Siamo talmente abituati ad avere dei geni, degli artisti eccelsi in quella categoria, che non ci facciamo proprio caso...'' (mia nota: intanto Bindi non si è affatto “dichiarato omosessuale”: lo sapeva chi lo vedeva in giro perché lui, ingenuo e spontaneo, non si nascondeva certamente. Poi, caro Arbore che in modo truffaldino hai chiamato la tua Orchestra Meridionale col nome impostore di Orchestra Italiana, non è affatto vero che non “ha influito sulla sua carriera”, è la realtà dei fatti ad averlo dimostrato. Inoltre, visto che è così, ai tuoi numerosi spettacoli – ANCHE TU! – non lo hai mai invitato….)
Ornella Vanoni: “È un bene che se ne sia andato. Era davvero troppo malmesso, soffriva troppo”. Ornella Vanoni parla con tristezza del cantautore scomparso. Nel corso della sua carriera la cantante ha spesso interpretato vari successi del musicista genovese, primo tra tutti “La musica è finita”. “Era un bel musicista, che ha avuto grandi respiri in certi momenti - spiega la Vanoni - ma era anche una persona molto triste. Me lo ricordo così 40 anni fa, quando cercavo canzoni: c’era sempre un’ombra scura sul suo cuore, di lui ho un ricordo molto triste”.
Tony Renis: “Umberto Bindi è stato l’orgoglio di questo Paese, per la grande musica che lui ha scritto e per tutto quello che ha rappresentato”. Tony Renis ricorda con commozione il cantautore ligure appena scomparso. “Bindi ha scritto pagine indimenticabili della nostra canzone, un grande musicista. Ma anche un uomo con una straordinaria sensibilità. Io sono particolarmente costernato perché è stato un grande amico degli inizi della mia carriera”. Oltre alle condoglianze alla famiglia, Renis ha espresso il suo affetto “a tutti gli amici, tutti quelli che gli hanno voluto bene. Come Gino Paoli, animo nobile, e Maurizio Costanzo. Sono loro che si sono interessati a lui, che gli sono stati molto vicino fino alla fine”.
Vittorio De Scalzi (uno dei fondatori dei New Trolls): “Una perdita grandissima per la canzone d'autore nata a Genova e per tutta la musica italiana”. “Avevo sentito Umberto Bindi una quindicina di giorni fa - ricorda ancora De Scalzi - per concordare alcuni concerti estivi con il suo gruppo e come in altre occasioni mi ha confessato di sentirsi un po’ dimenticato dalla sua città, ma soprattutto molto stanco e con problemi di salute che contava, però, di superare”.
Franco Grillini (presidente ARCIGAY e deputato DS): “Ci vorrebbe un po’ d’autocritica da parte di chi lo ha maltrattato” e aggiunge, “uno dei primi omosessuali ad uscire alla luce del sole”. Per il presidente di ARCIGAY il cantautore ligure rappresenta “un pezzo di storia felice, bella, creativa, gentile e affettuosa della comunità omosessuale italiana. Il mondo gay nel suo complesso prova una sincera gratitudine nei suoi confronti”. “Bindi ha pagato duramente, sulla sua pelle, il fatto che la sua omosessualità fosse nota – ha detto Grillini - Ma, ironia della storia, la legge Bacchelli è arrivata tardi. Per questo la legge andrebbe rivista”. Grillini poi ricorda che Bindi partecipò alla prima diretta tv sull'omosessualità, su Raitre. “Era il 28 giugno 1991 - dice - il programma era condotto da Gad Lerner dal Teatro Testoni di Bologna. Io ero tra gli ospiti. C’era anche Carlo Giovanardi, attuale ministro per i Rapporti con il Parlamento, che disse che l’omosessualità è un ‘binario morto’... Il programma, che durò un paio d’ore, si aprì con Bindi che cantava una delle sue memorabili canzoni. Ora è morto in miseria e questo non fa certo onore all’Italia. Bindi - conclude - è un po’ l’immagine dell’omosessualità nella passata generazione, di chi ha pagato la cultura omofobica e di chi ha paura del diverso”.
Giuliano Urbani: il Ministro per i Beni culturali si è detto “molto rattristato” per la scomparsa di Umberto Bindi. “E’ una notizia molto triste - ha detto Urbani, che un mese fa aveva ottenuto la concessione dei benefici della legge Bacchelli per il cantautore - anche in considerazione della difficile situazione che Bindi ha dovuto vivere negli ultimi anni, assolutamente immeritata visto il contributo che ha dato alla musica italiana”.
Vittorio Sgarbi: “La concessione dei benefici della legge Bacchelli ad Umberto Bindi - sottolinea il sottosegretario Vittorio Sgarbi commentando la scomparsa del cantautore - dimostra la lungimiranza e la sensibilità per i problemi della musica leggera del ministro Urbani, che ci hanno consentito di dare un segnale di attenzione verso un grande cantautore finché era in vita”.
Giuseppe Pericu (sindaco di Genova): “aveva una grande personalità artistica che ha dato moltissimo alla musica italiana'' ed ha lasciato “un segno indelebile nel mondo della canzone d’autore che ha le sue origini proprio nella nostra città”. “Le sue composizioni - prosegue Pericu - pregevoli, delicate, spesso di struggente malinconia, rimarranno nel tempo e accompagneranno nel ricordo, la nostalgia del passato”.
***
Da un articolo su “La
Stampa”, 25 maggio 2002, di Marinella Venegoni
La musica è finita, Bindi se n’è andato
“Umberto deve tutto
a Joe Sentieri – ci ha raccontato ieri Gino Paoli – una delle persone più buone
del mondo. Lui cantava sulle barche e così fu scoperto dall’editore Alfredo
Rossi. Si ricordò del suo amico Umberto bravo a scrivere e glielo presentò.
Fu Rossi a far lavorare Bindi, mandandolo a Sanremo come
autore... Gli aprì la strada".
Paoli
ha sempre seguito le peripezie del vecchio amico.
Sorvola sui termini dell’umana solidarietà, preferisce raccontare l’amico:
“Umberto ha fatto tanto per altri, che non lo hanno
contraccambiato a causa di un particolare che non ricordo. E su un giornale di
Firenze cominciarono le rivelazioni sulla sua omosessualità: oggi servirebbe
come promozione, l’essere gay. A quel tempo invece si
creò nel pubblico un rifiuto per quell’omosessualità che i giornali presentarono
nel suo cotè grottesco. Ne uscì
rovinato”. Iniziò per Bindi la prima di tante crisi depressive.
Emarginato, senza scritture, però poi riacchiappato dalla
RCA: “Melis, una persona intelligente, lo mise sotto
contratto. Era il ’63, e Umberto aveva i suoi
risvolti da divo, era difficile trattarci. Mi chiesero di parlargli, non
eravamo grandi amici ma lo diventammo. Insieme abbiamo scritto tre canzoni, “Un
ricordo d’amore”, “Il mio mondo”, un’altra l’ho dimenticata (nostra nota: “Il
giorno della verità”). Quell’anno la RCA si rifiutò di andare a Sanremo e fece
un suo festival al teatro Greco di Taormina. Stavo con Stefania Sandrelli e mi
ricordo che noi tre eravamo sempre insieme. Presi
come arrangiatore Bacalov, Bindi rispettava quel che
faceva ed era esigentissimo: quando uscì sul palco prese
dei bei fischi, ma poi cantò “Il mio mondo” e ci fu un’ovazione. Uscì piangendo
e mi abbracciò. Ed è un po’ la storia che ricominciava adesso, stavo cercando di
aiutarlo ad avere un applauso, perché noi dell’applauso
abbiamo bisogno. Avevo già parlato con Red Ronnie, per il suo programma di
Retequattro (nostra nota:
che in anni di vaccate, dopo quella “Rotonda sul mare” in cui Bindi aveva
battuto, stranamente, il suo rivale del momento, non si è mai ricordato di
Umberto Bindi…. Per non parlare di Paolo Limiti, che si è limitato a brevi
accenni ma, dopo aver riesumato i peggiori cadaveri ambulanti di quegli anni, si
è ben guardato dall’invitare il ben più meritevole Umberto….):
quel che mancava a Umberto era proprio l’amore del pubblico.
Spesso l’ho perduto di vista, ogni volta lo ricercavo: per quarant’anni sono
stato la sua spalla, ma spariva da malato, non voleva pietismi”.
L’Italia dei Sessanta era
tanto bacchettona, Paoli?
“Figurarsi. La RAI
rifiutò Mina perché era mamma senza un matrimonio, a me tagliarono una canzone
perché si parlava di lenzuola. Era la TV democristiana, che
metteva i mutandoni alle ballerine”.
***
Da “il Giornale” del 25
Maggio 2002
Bindi – Addio al poeta della canzone italiana
di
Cesare G. Romana
(estratto)
Se n’è andato
certamente in silenzio, lui che il silenzio sapeva
farlo cantare e al quale la malattia andava togliendo, ormai, anche il fiato per
parlare. E sarà anche per questo, o sarà che il dolore, come tutti i moti del
cuore, ha i suo nonsensi, se la prima cosa che mi
torna in mente, ora, è la sua loquacità così amena, quando si parlava di
argomenti che lo appassionavano e il flottare delle parole, per una sorta di
pudore da ligure, ricorreva allo sberleffo per dissimulare l’entusiasmo. Era il
suo, del resto, un umorismo mai confinante con la rabbia, semmai con l’allegria:
quella che fa da antidoto a tanto cantautori,
costretti per tutta la vita a cantare la vita, che allegra non lo è mai troppo.
Forse per
questo Umberto, che le ferite della vita le conosceva
tutte, sapeva essere così ridanciano: con quella risata che gli spalancava la
bocca e gli accendeva gli occhi, figlia dell’anima, quelle irresistibili
barzellette sulle checche, quelle parodie di colleghi che tramutavano in vero
teatro, grazie a lui, le lunghe cene con Beppe Grillo, Michele, Antonio Ricci.
Fino alla gag finale: arrivava il vassoio dei caffè,
lui ghermiva una tazzina annunciando, con tono da gran dama: “Prima le signore”.
E rideva, rideva, contagiandoci.
Non è un caso che i
suoi esordi, Umberto, li abbia vissuti sul palco della
Baistrocchi, la rivista en travestì da cui
hanno preso le mosse anche Villaggio, Tortora, De Andrè: era una fucina
di sghignazzi e goliardia, la Baistrocchi, lui
arrivava in scena, magro come la fame, con la fisarmonica che aveva uno sbrego
nel mantice e ansimava come un asmatico. Umberto intonava
Tzchaikovskij, l’amplificazione dilatava l’ansito fino a trarne rantoli
laceranti, e la contegnosa platea genovese schiattava di risate.
Era uno dei tanti
modi di sbarcare il lunario, per il timido studente di conservatorio che per una
vita avrebbe fatto sua la massima di Cervantes, secondo cui “dove c’è musica non
può esserci cattiveria”. E infatti era un uomo buono
come pochi, e la sua voglia di dare era grande come raramente s’incontra,
nell’egotismo di tanti suoi colleghi. La vita non lo ripagò con eguale amore,
anche se lui, chissà se più generoso o più orgoglioso, mi disse, appena due mesi
fa: “Ci sono, al mondo, guai peggiori dei miei”. E a parlare era un genio ormai
misconosciuto, avviato alla morte, incalzato da angustie economiche come accade,
a volte, più agli artisti grandissimi che ai venditori di nulla.”
…Era il
58. L’età dei cantautori sarebbe decollata di lì a
due anni…”A volte cantavamo davvero male, eravamo sgraziati e un po’ tetri ma,
rispetto ai tanti cantautorini d’oggi che vivono di
sola immagine, avevamo quello che a loro manca, le canzoni”, come mi disse di
recente, in uno dei suoi rarissimi accessi di causticità.
…Durò poco, il
successo: l’omosessualità non era ancora di moda, in quei remoti anni ’60, e poi
“Non sono mai stato bravo – ammetteva lui stesso – a occuparmi di cose
materiali”, come l’amministrazione dei propri guadagni. Ma soprattutto l’amore
di Umberto per la musica era troppo puro per
lasciarsi inscatolare nelle meschinità bottegaie del marketing.
***
Da “il Corriere della Sera” del 25
Maggio 2002
Addio a Bindi, cantore della solitudine
di
Mario Luzzato Fegiz
(estratto)
Non voleva
disturbare, crear fastidi. Ora, se sapesse che in Campidoglio, a furor di
popolo, verrà aperta una camera ardente, direbbe che
è un’esagerazione.
…Considerato
cantautore, ma in realtà qualcosa di più, Bindi si colloca nella realtà musicale
dell’epoca come un “diverso” in tutti i sensi. “Abitavo da ragazzo nel quartiere
Foce – ci confidò al Festival di Sanremo del 1996, dove approdò grazie a Renato
Zero e ai New Trolls – I miei vicini e amici erano
i fratelli Gianpiero e Franco Riverberi.
Musicisti come me e come altri ragazzi che incontrai a casa
loro e di cui divenni amico: Luigi Tenco e Bruno Lauzi…Ero anche schizzinoso:
rifiutai di lavorare in una rivista in cui cantava una ragazza stonata.
Più tardi scoprii che si trattava di Rosanna Schiaffino”.
“Allora a Genova –
ricordava Bindi – l’artista era un buono a nulla, un
fannullone, uno che non aveva voglia di lavorare. Mamma
Bice, alla quale devo molto, col tempo mi ha capito”.
…Bindi si
presentava in scena con pellicce vistose, anelli e
gioielli stravaganti e atteggiamenti che richiamavano la sua omosessualità
(dichiarata apertamente allo show di Costanzo (nostra nota: più di trent’anni
dopo…)). Che fu fonte di notevoli problemi: da un lato l’ostracismo della RAI e
di molti impresari e luoghi di spettacolo, dall’altro piccoli guai con la
giustizia come una condanna per atti osceni nel 1958 a Milano.
Senza contare altri problemi connessi con la sua vita un po’
sregolata: denunce per frode fiscale, insolvenza, guida senza assicurazione
(nostra nota: tutte cose dovute all’aver affidato a dei ladri senza scrupoli la
propria amministrazione…). Le compagnie che
frequentava non erano delle migliori: fra le conseguenze un pestaggio
subito nella pineta di Viareggio dopo uno spettacolo alla Bussola e la continua
spoliazione dei suoi beni a opera di falsi amici.
Nel ’67 aveva
piazzato un successo clamoroso con “La musica è finita”, composta con
Califano e cantata da Ornella Vanoni. In tutto il
mondo Umberto Bindi è conosciuto per brani come “Il nostro concerto”, “Il mio
mondo”, “Arrivederci”. Eppure la canzone che ci confidò di amare di più era “Io
e la musica”, scritta con Bruno Lauzi nel 1972, quando la sua stella cominciava
ad appannarsi (nostra nota: la sua stella era già appannata
da tempo e il disco di cui quel pezzo memorabile fu la colonna, “Con il
passare del tempo” fu, nel 1972, un ritorno dopo anni di silenzio, almeno in
Italia, e fu un disco eccezionale. Ma quasi nessuno ne ha parlato e ne parla e
lo stesso Bindi, come altre volte abbiamo detto,
sbagliò a riproporre insistentemente, nelle raccolte, sempre e solo la prima
produzione). Riflettendo sulle ragioni del suo declino una
volta disse: “Forse mi sono rincretinito. Passo la vita a inaugurare
piano-bar e probabilmente ho perso il senso del mio mestiere, della mia
immagine. Vivo alla giornata. Sono un carattere mite. Faccio quello che mi si
chiede, vado dove mi vogliono, ma non spingo mai per
partecipare a uno show tv o avere un’intervista”.
Nell’agosto 1975 la
madre muore, all’età di 70 anni, uccisa
accidentalmente in casa da un colpo di pistola (nostra nota: e anche qui la
disinformazione della stampa è vergognosa. Alcuni giornali hanno detto che fosse
stata uccisa da un ubriaco, altri addirittura durante una rapina. Sembra che, in
realtà, in casa ci fosse una festa tra amici e che uno di questi, maneggiando un
fucile (!) che però era carico, per pura fatalità colpisse a morte, davanti a
tutti, la madre di Bindi…).
…(Massimo)
Aresi è stato nominato erede nel testamento. Il
“patrimonio” consiste solo in un gran numero di canzoni inedite. Negli ultimi
giorni Bindi appariva stanco e provato. “Io sono solo un cantante, autore
abbastanza famoso che è rimasto senza soldi e senza
salute. Senza soldi sicuramente per colpa mia. Perché sono
una cicala, non una formica”. Doveva tornare in scena Giovedì 30 (Maggio
2002, ndr), al Festival Ferrè di San Benedetto del Tronto.
Ma la “cicala” ha finito di cantare prima.
L’intervista
Villaggio: “Era un grande artista.
Subì la ferocia degli intolleranti”.
“Umberto viveva
male l’intolleranza verso la sua omosessualità”. Così Paolo Villaggio, genovese
come il musicista scomparso, ricorda il carattere di Bindi con il quale ha
condiviso gavetta ed esordi negli anni Cinquanta. Assieme a loro, negli stessi
locali, c’era anche Gino Paoli, pienamente d’accordo con l’attore. “Gli hanno
rovinato la carriera – accusa – la sua omosessualità è stata messa alla berlina,
è stato crocifisso”. Colleghi come Ornella Vanoni e
Renzo Arbore, Franco Grillino a nome della comunità
gay, personaggi come Baudo e Costanzo hanno reso omaggio ieri a quello che
Villaggio dipinge ancora come “un giovane, piccolo, con i capelli neri che non
si separava mai dalla sua fisarmonica a tasti (nostra nota: ci sembra, da
ignoranti, che le fisarmoniche siano SOLO a tasti…).
Villaggio, quando
conobbe Bindi?
“In una tripperia,
l’ultima che ancora resiste a Genova, nel 1952. Era un locale nel quale si
andava verso il tardo pomeriggio per bere brodo di trippa e mangiar
‘fagiolane’. Entrambi
sapevamo chi era l’altro, ma da buoni genovesi non ci si salutava.
La prima volta che parlammo fu proprio quando gli chiesi
della sua fisarmonica”.
E poi?
“In quegli anni
nasceva ‘la Rametta’, la
vineria degli artisti di Genova. Io ci andavo con De Andrè per fare dei numeri
comici, poi c’era Bindi che proponeva musica concertistica. E lì tutte le sere
c’erano anche Tenco, Paoli, Lauzi. Siamo diventati culo
e camicia in quel periodo. Siamo stati compagni di strada e
carriera in una Genova che ormai si è persa e che non riconosco più”.
Come viveva la sua
condizione di omosessuale?
“Non
ha mai esibito i suoi ‘amici’, anche se a volte
veniva accompagnato da ‘ragazzini’ dei quartieri poveri. Nel gruppo non c’era
razzismo nei suoi confronti. Anzi. Era quasi una sacca di tranquillità che lo
aiutava a dimenticare. Nella zona dove abitavamo, invece,
era perseguitato e costretto a subire il subibile dalla ferocia degli
intolleranti”.
Che musicista era?
“Aveva molto
talento creativo, era un grande musicista. L’unico del
gruppo della Rametta che la sapeva lunga avendo
fatto il conservatorio”.
Amici e anche
compagni di carriera?
“Nel ’56 eravamo
nel cast di una rivista al Duse di Genova. Si
chiamava “Come, quando, fuori, piove”. Le musiche, tra le quali successi come
“Arrivederci” e “Il nostro concerto”, erano sue. Due anni
dopo un’altra rivista, poi le strade si sono separate”.
Sapeva delle sue
difficoltà?
“Sì. Ha vissuto
gli ultimi anni infelice, con pochi soldi, ammalato e
senza che i suoi meriti venissero riconosciuti. La legge
Bacchelli è stata solo retorica di uno Stato
carente”.
***
Da “la Repubblica” del 25
Maggio 2002
Una
infinita malinconia
di Gino
Castaldo
Melodie impalpabili
e raffinate, da cantare con un fruscio vellutato o con slancio sinfonico, tra le
prime a dare in Italia la sensazione che la canzone potesse essere
decisamente una forma d’arte. Il talento del genio
innovatore ce l’aveva, da vendere, ma era tanto,
troppo scomodo per essere riconosciuto come tale. E infatti
Bindi queste canzoni le cantava nella dorata e maliziosa intimità dei più noti
night-club italiani. Zone franche di permissività, ma
dalle quali era proibito uscire, pena la mortificazione inflitta dal solito
oceano di ipocrisia, non tanto quella recente della ostentata trascuratezza nei
suoi confronti, delle radio che promuovono le classifiche e ignorano tutto ciò
che è gusto e bellezza, dei festival che cercano il “tutto e subito” dell’Auditel,
quanto dell’Italia di allora, che rinasceva nel boom economico e non poteva
ancora comprendere l’effeminata sensualità del suo stile, tanto meno la sua
omosessualità, in quegli anni nascosta, ma rivelata impietosamente dalle sue
stravaganti pellicce di foca e dalla cronaca rosa a caccia si scandali.
Ma quel tempo è passato, a noi resta la melodia della
sua enorme, infinita malinconia.
La testimonianza
La rabbia dell’amico: “Che ipocrisia, lo stesso accadde anche per
Tenco”
Paoli: dimenticato da tutti e adesso lo
applaudono
di
Flavio Brighenti
Roma. Quanta
ipocrisia, attorno a Umberto Bindi. Il vecchio amico Gino
Paoli si ribella: “La verità è che, a parte pochi intimi, lo avevano dimenticato
tutti quanti. E adesso non mi stupisce più di tanto che ci si affretti a
tesserne le lodi, che lo si definisca ‘il più bravo’”.
Era accaduta la stessa cosa alla morte di Luigi Tenco, di Piero Ciampi, di
Fabrizio De Andrè. “Ma quel che più mi fa rabbia” continua Paoli “è
successo quarant’anni fa. Quando la stessa società, che oggi
fa la gara a chi applaude più forte Umberto, arrivò a massacrarlo nella forma
più subdola e cattiva”.
Cosa accadde,
esattamente?
“Iniziò un attacco
perfido contro la sua persona, le battute dette a mezza voce, i ritratti
beffardi e sfottenti. Poi gli diedero brutalmente della ‘checca’, ne fecero
un’orrenda caricatura. E la sua carriera finì praticamente
lì, malgrado Umberto abbia scritto anche successivamente molte canzoni
notevoli”. Che Bindi fosse inadeguato al suo Paese, come autore e come
interprete, lo dimostra la sorte toccata a uno dei suoi brani più fortunati, “Il
mio mondo”, di cui proprio Gino Paoli aveva scritto il testo.
“È una canzone che ha fatto il giro del mondo, vendendo due
o tre milioni di copie, all’epoca, ripresa in centinaia di versioni diverse.
Ma la verità è che a fare i soldi furono soprattutto
Richard Antony sul mercato francese e
Cilla Black su quello
anglosassone (mia nota: è pur vero che Bindi
guadagnò tantissimo anche con i semplici diritti d’autore, ma le sue
disavventure economiche e finanziarie, come investimenti e soprattutto
amministratori ladri e la sua smisurata generosità, mai ripagata, e il suo
essere “cicala”, per sua stessa ammissione, influirono pesantemente….).
A dimostrazione che la canzone era buona ma che il personaggio Bindi non era
accettato. Malgrado la sua statura fosse
evidentemente internazionale”.
Pochi mesi fa Paoli
si fece promotore dell’iniziativa tesa a salvare Bindi dall’indigenza attraverso
i benefici della legge Bacchelli.
“L’ho fatto per amicizia, naturalmente, e per contribuire a
riscattare Umberto da quell’infamia che gli appiopparono quarant’anni fa.
E devo ringraziare quelli che si sono mossi per la causa, da Marco
Molendini a Maurizio Costanzo.
Non è servito a molto, però…”. Però il nome di
Umberto Bindi è uscito dall’insopportabile cappa di silenzio che era calata su
di lui, e gli è stato almeno riconosciuto un ruolo di caposcuola. Pochi come lui
hanno fatto la storia musicale di un paese che ha
sempre la memoria corta. “Volevo farlo stare bene, fargli
avere un ultimo applauso. Perché Bindi ha avuto il grande merito, da un punto di
vista musicale, di usare canoni classici, sinfonici, operistici, per scrivere
canzoni di enorme qualità. E poi sì, forse è vero che i suoi capolavori
appartengono a una prima, felice stagione” concorda Paoli “ma è anche vero che
la vena più fervida di un artista è collegata alle sue vicende umane, e la
campagna di denigrazione architettata contro di lui nei primi anni Sessanta lo
recise dal calore del suo pubblico, sottraendogli energia. Poi il suo pudore, il
suo divismo, nel senso buono del termine, hanno fatto
il resto”.
***
Nel ricordo di Bindi l’8° Festival Ferré
30-31 Maggio 2002,
San Benedetto del Tronto, Teatro Calabresi
Parte della cronaca
da “Musica!” di “la Repubblica”
Una forte ondata
emotiva ha investito il Festival Ferrè, quest’anno. A sorpresa e senza annunci
il sipario si è aperto su Gino Paoli che ha reso a Umberto Bindi un omaggio
fuori da ogni retorica con il medley improvvisato di “Arrivederci” e “Il nostro
concerto”, un segno di profondo rispetto per l’amico scomparso….Tutta la serata
è fatta di poesia e di emozione con la voce di Bindi che evoca Ferrè e con la
partecipazione di Lucio Matricardi, Alessio Lega ed
Enrico Medail la cui canuta nuvola di capelli
ricorda quella di Leo. Poi ancora l’omaggio di Pippo Pollina, la cui voce sicura
ha incantato la platea con una straordinaria e personale versione de “La memoria
e il mare”, di Leo (scritta a quattro mani con Moustaki)
e di “Gracias a la
vida” dedicata a Bindi il cui Trio ha chiuso lo
spettacolo in piena tensione emotiva con le più belle canzoni del musicista
genovese…
***
Tullio De Piscopo, nell'intervista di Paola De Simone per www.musicaitaliana.com, parla così di Umberto Bindi
....E allora proviamo a dare un contributo. Secondo te come dovrebbe cambiare la discografia?
La discografia dovrebbe avere innanzitutto rispetto per chi ha fatto la storia, vedi Umberto Bindi. L'hanno ammazzato! Mettiamoci una mano sulla coscienza tutti quanti. Bindi è stato abbandonato da tutti, radio, televisione, discografie, impresari, musicisti, ma cosa aveva? La peste? La discografia non vuol sentir parlare di nomi storici ...(omissis)...Però non c'è spessore, non c'è qualità. Con Bindi abbiamo avuto un esempio lampante. Che fine pazzesca ha fatto, senza un lira, ma stiamo scherzando? Uno che doveva fare recital con teatri strapieni. Io non ci sto a questo, assolutamente...
***
Il 24 maggio 2006 a Mantova, nell'ambito del "Mantova Musica Festival 2006", si è svolto un
Omaggio a Umberto Bindi
tra i cantanti che hanno interpretato i brani di Umberto Bindi:
Ricky Gianco, Gino Paoli, Bruno Lauzi, Franco Battiato, Antonella Ruggero, Giorgio Calabrese (paroliere di Bindi), Cristiana Polegri (ha pubblicato un disco-omaggio a Bindi in chiave jazz), Maria Perantoni Giua (vincitrice della scorsa edizione del festival)
Estratto da "La Gazzetta di Mantova" on line del 24 maggio 2006 (articolo di Cristina Del piano) http://espresso.repubblica.it/dettaglio-local/Il%20Mantova%20Musica%20apre%20stasera%20ricordando%20Bindi/1296088 :
Quali i brani che proporranno? Renato
Sellani presenterà un mix al piano di ‘Il
mio mondo’, ‘La musica è
finita’, ‘Arrivederci’ e ‘Il nostro concerto’.
Maria Pierantoni Giua
(vincitrice della scorsa edizione del Mmf)
‘Un giorno, un mese, un anno’ mentre Cristiana
Polegri (che ha pubblicato da poco un cd
omaggio a Bindi in chiave jazz) canterà ‘Rame’ e ‘Basta una volta’. La
coinvolgente Antonella Ruggiero proporrà ‘Arrivederci’,
Carlo Fava ‘La musica e’ finita’ e ‘Girotondo per i grandi’.
Gino Paoli ha scelto invece ‘Il nostro concerto’
mentre Ricky Gianco ‘Non mi dire
chi sei’. Tra gli ospiti anche l’attesissimo Franco Battiato
che canterà ‘Il mio mondo’. Morgan
proporrà invece ‘Amare te’ e ‘Odio’ mentre
Bruno Lauzi ‘Io e il mare’. Una prestigiosa
serata dedicata alla canzone d’autore che aprirà ufficialmente la quattro giorni
musicale. A presentare gli ospiti ci penserà Pamela
Villoresi e per questa inaugurazione ufficiale, da Striscia la
Notizia, dovrebbe arrivare anche Dario Ballantini
nei panni di Gino Paoli (nella prima edizione del
Mantova Musica si era presentato cammuffato da Tony
Renis).
Nell’ambito della serata verrà assegnata la ‘Targa
Bindi’, una scultura dell’artista Mario Molinari, al musicista Franco
Piersanti, recentemente insignito del David di
Donatello per le musiche del film di Nanni Moretti ‘Il Caimano’’. Viste le
richieste di informazioni arrivate agli
organizzatori, non è difficile immaginare che oggi piazza
Sordello accoglierà il grande pubblico. La serata, lo ricordiamo, è a
pagamento e il pubblico seguirà il concerto seduto in tribuna o nelle
poltroncine (prezzi: tribuna 12 euro, platea 15
euro).
***
Discografia, canzoni, testi, musiche:
Non si garantisce
l'esattezza di questi elenchi: se avete correzioni, precisazioni
ed integrazioni da segnalarci, siete invitati a
farlo.
La discografia,
soprattutto di 45 giri ed EP, è stata corretta il 26
Gennaio 2009 dc grazie alle indicazioni contenute
nel sito
http://digilander.libero.it/gianni61dgl/umbertobindi.htm
LP (33 giri)
1960
- BINDI E LE SUE CANZONI - Volume I - Ricordi MRL 6003 Note: è questa la
preziosa edizione, ormai per collezionisti, a forma di album. Alle
mostre-mercato del disco da collezione lo si è visto
in vendita, ed esposto tra i pezzi rari, a 250.000 lire, fino al 2001. Il
previsto "Volume II" non è stato mai prodotto.
Le
tracce:
È vero / Non
so / Un giorno, un mese, un anno / Appuntamento a
Madrid / Luna nuova sul Fuji-Yama / Lasciatemi
sognare / Arrivederci / Nuvola per due / Il confine / Girotondo per i grandi /
Odio
1961
- UMBERTO BINDI - Ricordi Special MRL 6012 Note:
Anche questo LP è stato visto nelle mostre-mercato del disco da collezioni a
prezzi sul livello del primo LP.
Le
tracce:
Il nostro concerto / Chiedimi
l'impossibile / Appuntamento a Madrid / Se ci sei / Amare te / Non mi dire chi
sei / Riviera / Noi due / Ninna nanna di Natale / Girotondo per i grandi/ Un
paradiso da vendere / Vento di mare
1970 - UMBERTO BINDI - antologia
con sequenza e scelta di canzoni diverse dagli LP precedenti, Dischi
Ricordi - Collana Orizzonte -ORL 8142, con busta semplice e immagine
completamente rossa di un tramonto.
Le tracce:
Il
nostro concerto/Un giorno, un mese, un anno/Luna nuova sul
Fuji-Yama/Lasciatemi sognare/Non mi dire chi sei/Se ci
sei/Arrivederci/Un paradiso da vendere/Chiedimi
l'impossibile/Appuntamento a Madrid/È vero/Riviera
1972 - UMBERTO BINDI - Family Records SFR-RI 627 Note: È la riedizione del primo LP. Appare in copertina Bindi al pianoforte ripreso dal basso, foto in bianco e nero (la stessa foto compare nel precedente), la confezione è semplice, a una busta sola.
1972
– CON IL PASSARE DEL TEMPO - West Record WLP 102. Note: a forma di album
apribile, foto di un tramonto di campagna a colori in prima di copertina,
disegno di un mulino all’interno, risvolto nero sulla
terza con parole di Bindi, sulla quarta, su fondo nero, compare la foto a colori
in alto in questa pagina.
le
tracce:
Io e la
musica / Via Cavour in quel caffè / Il mio mondo / Scusa / Per un piccolo eroe /
Un uomo solo / Due come noi / Invece no / Con il passar
del tempo / Il nostro concerto
1976
– IO E IL MARE – Durium ms A1 77374. Note: forma ad
album, in prima una foto di mare aperto in leggero tramonto, all’interno foto di
Bogliasco virata in giallo e blu, presentazione di
Cesare G. Romana, i testi delle quattro canzoni (quattro sono strumentali) e la
dedica alla madre.
le
tracce:
L’alba
(strumentale)/ Io e il mare / Il ragazzo dell’isola / Flash (strumentale) /
Estasi / Genova (strumentale)/ Albatros / Bogliasco
notturno
(strumentale)
1980 - I MIEI SUCCESSI...(sul dorso il titolo è senza puntini), ristampa di "Con il passare del tempo" in busta semplice, copertina azzurra e la foto, al rovescio, che compare sul retro dell’originale del 1972. La ristampa porta la scritta Lineazzurralongplay, numero LA 97029, ed è frettolosa perché i finali sono leggermente sfumati.
1982
– D’ORA IN POI – Targa TAL 1405. Note: busta semplice, in
prima disegno di, pare, Venezia sormontata da un cavallo bianco alato.
le
tracce:
Le voci della sera
(strumentale) / Caro qualcuno / Signora di una sera / Andante cantabile
(strumentale) / L’impossibile idea / Profezia (strumentale) / Interludio
(strumentale) / Le voci del mattino
1985 – BINDI – Ariston TAB/LP 12422. (Antologia). Note: busta semplice in azzurro carta di zucchero e il nome “Bindi” a intaglio, sul retro ringraziamento dell’autore alle cantanti (Fiorella Mannoia, Ornella Vanoni, Celeste, Antonella Ruggiero, Loredana Bertè, Anna Identici, Sonia Braga e Gruppo Vocale Kappy Y Nerey) .
le tracce:
Il nostro concerto / Se ci sei (con Anna Identici) / Lasciatemi sognare / Nuvola per due (con il gruppo vocale Kappy Y Nerey)/ Il mio mondo (con Loredana Bertè) / Arrivederci (con Sonia Braga) / È vero (con Celeste) / Amare te / Chiedimi l’impossibile (con Antonella Ruggiero dei Matia Bazar) / Un ricordo d'amore / Un giorno, un mese, un anno (con Fiorella Mannoia) / Il confine / La musica è finita (con Ornella Vanoni) / Il nostro concerto.
Note alla discografia: da segnalare
·
un LP con vari
interpreti degli anni ’60. Sul retro, tra le immagini, compare Bindi in una foto
già con i capelli lunghi
·
un LP
antologico in coppia con Nico Fidenco.
Copertina divisa verticalmente in due parti, con le foto dei due.
CD
(Compact Disc)
1994 – IL “NOSTRO” CONCERTO (con Bruno Martino). Note: edizione in vendita solo ai concerti del 1994-1995 dei due autori, amici stretti. In prima del booklet, che fa anche da prima di copertina, i due autori seduti e sorridenti. Sul retro l’elenco dei brani.
1996 – IL MIO MONDO (Antologia). Note: in prima una foto a mezzo busto di Bindi al microfono nei primi anni ’60, foto virata in seppia gialla.
1996
– DI CORAGGIO NON SI MUORE –
Fonopoli Sony Music. Note: in prima una
strana foto che ritrae Umberto Bindi di spalle col codino, che portava in quel
periodo, e una simbologia relativa alla tastiera di
un pianoforte. Secondo le note nel disco Umberto Bindi non suona né piano né
tastiere.
le
tracce:
L'approdo (strumentale)/ L'eco
/ Chiara / Un volo / Pianoforte / Letti (con i New
Trolls) / È tutto qua (cantata da Renato Zero) / Riflessioni
medley a) Il mio mondo b) Il nostro concerto c) La musica è
finita
2000 – UMBERTO BINDI (Antologia) - BMG Ricordi/Ricordi – serie
“Flashback: I grandi successi originali”.
Note: il doppio CD è venduto nei cataloghi per
corrispondenza e, raramente, in qualche negozio e contiene, ancora una volta,
solo la prima produzione. In copertina Bindi dal vivo, in bianco e nero e quasi
di spalle, in completo grigio, pare.
2002
- UMBERTO BINDI (Antologia) - BMG Italy/BMG Ricordi. Doppio
CD celebrativo. Il libretto contiene una biografia di Fernando
Fratarcangeli, che si distingue per un errore
clamoroso affermando che nel CD "Di coraggio non si
muore" Bindi canta INSIEME a Renato Zero il brano firmato da entrambi,
mentre invece lo canta solo Renato Zero! Sono
riprodotte alcune copertine dei suoi dischi e una discografia con alcuni errori:
"Io e il mare" ha il numero di catalogo Durium ms AI
77374 e non Durium AI 77347. Inoltre non
vengono elencate le due antologie del 1996 e del
2000. Un bel servizio, davvero!
1996 - LE VOCI DELLA SERA.
Note: la riedizione in CD di "D'ora in poi"
2005
- IL MIO MONDO....UMBERTO BINDI - RTP 0082, prodotto
da Oceano Edizioni Musicali e Rai Trade. Prima di
tutto il titolo. Geniale! Geniale veramente un titolo che mette insieme,
appunto, titolo ed autore (tanto da non sapere dove
finisce uno e dove comincia l'altro) e che si confonde mirabilmente con
l'antologia del 1996. Cercarlo in Internet, ovviamente, è impossibile se non c'è
l'anno di produzione. Trovarlo nei negozi di dischi? Seeee,
buonasera! È stata un'impresa.
A
parte il primo pezzo, l'inedita e bellissima "Da una vita stiamo insieme", ci
sono i soliti evergreen. Nel secondo, diciamo così, "lato" del
CD ci sono degli inediti strumentali raggruppati dal
titolo "I racconti". Francamente: mi sono apparsi parecchio noiosi. Dolci,
romantici, tutto quello che volete: ma noiosi! Sono sicuro che Umberto Bindi
abbia scritto di molto meglio. Il piano, poi! È suonato
nota per nota, tasto per tasto, non c'è l'ombra di un accordo.....
le
tracce:
Da una vita stiamo insieme / Il
nostro concerto / Se ci sei - È vero (Medley) /
Il mio mondo / La musica è finita / Arrivederci // I racconti (brani
strumentali) : Il sogno / Quando finisce un amore / La passione /
L'indifferenza / La riflessione / Il gioco delle coppie
2008
- IL MIO MONDO (Antologia) - Azzurra Musica srl - TBP11463. Scoperto per caso in
un supermercato a € 5,90, questo è proprio un cd molto strano, confezionato
veramente male, e dimostrerò subito perché.
Innanzitutto la copertina: ci vuole una certa fantasia malata per mostrare la
stessa foto di Bindi al piano sul fronte del pieghevole a quattro pagine, che
funge da copertina iniziale, stamparla al contrario e con diversi colori sulla
quarta pagina, e riproporla identica sia sul cd
stesso sia sull'interno della retrocopertina della custodia!
In
copertina appare la scritta dell'autore, Umbeto
Bindi, la scritta "Il Mio mondo" che sarebbe il
titolo, alquanto "originale" e stra-usato, come ho già fatto notare in
precedenza, e in basso i titoli di due canzoni, Arrivederci e Il
nostro concerto, che messi lì così non hanno alcun senso se non fossero
seguito almeno da un etc o eccetera
o e altri.
All'interno del pieghevole su entrambe le pagine, oltre la scritta "ITALIAN
Stars COLLECTION", che compare sul cd, sull'interno
e sull'esterno della retrocopertina della custodia, e che non corrisponde ad
alcuna collana del catalogo di Azzurra Musica srl (questo cd, stampato nel 2008,
non compare da alcuna parte nel catalogo on line di
www.azzurramusica.it consultato il 26
Gennaio 2009 dc!), c'è un
testo su Umberto Bindi che è copiato di sana pianta da
Wikipedia, senza citare la fonte, ed anche
pedestriamente perché compare la scritta "[citazione necessaria]", che è
una delle convenzioni di Wikipedia (a mio modo di
vedere, peraltro, senza senso alcuno), a seguito dell'affermazione "Bindi in
particolare è quello meglio preparato musicalmente...".
Ma
veniamo al contenuto.
Nell'ultima di retrocopertina ci sono i pezzi, e sono 8,
ma solo il 4 Il mio mondo, il 5 Arrivederci ed il 6 Il nostro
concerto sono cantati ed eseguiti da Bindi, tutti e tre live (e
Arrivederci non ha una buona qualità di registrazione, il suono è troppo
ovattato). L'1 dovrebbe essere un inedito, Davanti
all'orizzonte, di Castelnuovo-Bindi, il 2 è
L'impossibile idea ed il 3 è La musica è finita, cantanti bene da una
voce femminile ed eseguiti altrettanto bene, ma da perfetti sconosciuti: non c'è
un nome né della cantante, né dell'eventuale gruppo stabile o estemporaneo che
li ha registrati.
Il
7 e l'8 sono due pezzi strumentali,
Umberto's theme
di Roberto Lazzari e Inseguendo il domani di
Giuseppe Lazzari, sono due pezzi interessanti e
molto gradevoli ma, anche per questi, nessun credito sugli esecutori.
Sinceramente non se ne capisce però la presenza in una
antologia di Umberto Bindi. Non li ha scritti lui, quindi?
E per
finire la chicca, il mistero, l'inspiegabile: dopo l'ultimo titolo compare la
scritta "Conversando con Umberto (Pillole di un'intervista informale del 2001)":
nel disco, scandagliato in tutti i modi al computer, non c'è traccia di questa
intervista.
Se ne
avete voglia, cari sporadici lettori di questo sito, scrivete ad Azzurra
Music srl e chiedete spiegazioni: io non ne ho
voglia, troppe volte ho polemizzato e senza avere a volte
proprio risposta, ora mi sono un po' stancato.....
CD
e MiniCD in vario modo dedicati a Umberto Bindi:
CD
2006 - BINDINJAZZ-Cristiana Polegri (Omaggio a Bindi in chiave jazz)
Pregevole impegno per la giovane musicista e cantante che, al contrario di altri omaggi jazzistici a Bindi, in questo album riesce a mantenere molto del tessuto originale della scrittura musicale di Bindi, riuscendo a sprigionare la fantasia del jazz senza snaturare completamente i pezzi originali. Delicata, dolce e sognante anche la voce, per una operazione nel complesso ottimamente riuscita. Umberto Bindi non avrebbe niente da recriminare e ne esce preziosamente ringiovanito. Grazie, Cristiana!
2003 - PER UMBERTO BINDI-Renato Sellani. Etichetta: Philology. Disponibile, al 20 Settembre 2006, su Internet Bookshop www.internetbookshop.it
Album monotono e complessivamente noioso, tutto solamente al piano con solo un intervento di sax. I pezzi di Bindi ne escono irriconoscibili e, a mio parere, Sellani non ha fatto un favore a Bindi con questo album.
MiniCD
2003-Armando Corsi: RIVIERA. OMAGGIO A UMBERTO BINDI. Note: editato dalla Regione Liguria
S45 giri (se disponibili vengono indicati i pezzi di entrambe le facciate/lati) e altro
In testo normale i titoli delle canzoni e delle musiche mai incise da Umberto Bindi ma incise da altri in 45 giri o di cui non si conosce se incise in qualche modo
In testo grassetto i titoli delle canzoni incise da Umberto Bindi in 45 giri
In testo grassetto i titoli delle canzoni incise da Umberto Bindi solo su 33 giri o CD
Accanto a questi titoli vengono indicati, se
conosciuti, i dati identificativi del 45 giri e/o l'anno in cui la canzone è
stata scritta (non è detto che coincida con l'anno di incisione).
1950-T’ho
perduta
1952-La
passerella
Le musiche per una rivista al Lido di Venezia, tra cui Riviera – 1954 e Non so – 1955
Le
musiche per la commedia
“I nodi al pettine”, tra cui
1956-Piove
a Roma
1956-Il
barcarolo della Senna,
prima canzone pubblicata
1957-Aimèz vous Paris?, interpretata da Joe Sentieri, con il quale si esibiva nei salotti genovesi e milanesi, insieme anche al poeta Pier Maria Virgilio
1958-Le musiche per la commedia goliardica “Oscar non ti spogliare”
1958-Le musiche per la commedia televisiva “Non te li puoi portare appresso”
1958- Odio - Ricordi SRL 10-029
1959-Arrivederci/Odio
- Ricordi
1958-Angelitos negros
1958-I
trulli di Alberobello
1958-Vento
di mare (Bindi/Calabrese) - Ricordi SRL 10-198
---------
le
seguenti canzoni sono state incise dal 1959 al 1964
1959-Tu
(Bindi/Buffoli/Beretta)/Non so (Bindi/Calabrese) –
Ricordi
Il confine – senza data precisa, primi ‘60
1959-Amare
te (Bindi/Calabrese/De Simone)/Nuvola per due (Bindi/Calabrese) - Ricordi
SRL 10-030
1959-Girotondo
per i grandi (Bindi/Buffoni/Calabrese)/Basta una volta (Bindi/Testa) – Ricordi
SRL 10-033
Non
so (Bindi/Calabrese) – Ricordi SRL
10-052
Non
so (Bindi/Calabrese) – Ricordi ERL 128
1960-Un
giorno un mese un anno (Bindi/Calabrese)/Lasciatemi sognare – Ricordi SRL 10-084
1960-Appuntamento
a Madrid (Bindi/Calabrese)/Il confine - Ricordi
1960-È vero (Bindi/Nisa)/Luna
nuova sul Fuji Yama (Bindi/Calabrese) – Ricordi SRL
10-102
1960-Un
giorno un mese un anno/Lasciatemi sognare – Ricordi SRL 10-141
1960-Se
ci sei (Bindi/Calabrese)/Chiedimi l'impossibile - Ricordi (ERL 169 ?)
Chiedimi l’impossibile – Ricordi SRL
10-155
1960-Un
paradiso da vendere (Bindi/Cason)/Marie Claire (Bindi/Rosselli/Massone)-
Ricordi
(SRL 10-160 ?)
1961-Non
mi dire chi sei (Bindi/Calabrese)/Amare te (Bindi/Calabrese/De Simone)- Ricordi
(SRL 10-179 ?)
1961-Riviera
(Bindi/Testa/Moustaki)/Vento di mare - Ricordi
1961-Ninna
nanna (Bindi/Calabrese)/Girotondo per i grandi (Bindi/Buffoni/Calabrese) –
Ricordi SRL 10-220
1962-Jane
(Bindi/Buffoni/Beretta/Pallavicini)/Carnevale a Rio
(Bindi/Calabrese) – Ricordi SRL 10-149
Odio/Nuvola per
due-Amare te (Bindi/Calabrese/De Simone) – Ricordi ERL 126
Lasciatemi sognare/Appuntamento a Madrid/Il confine – Ricordi ERL
151
Chiedimi l’impossibile/Un paradiso da vendere (Bindi/Cason)
1962-Un
ricordo d’amore (Paoli/Bindi)/Vacanze - RCA
Vacanze (Rossi/Bindi) – RCA PM 45-3214
1963-Il
mio mondo (Paoli/Bindi)/Vieni andiamo (Ofir/Bardotti/Bindi)
– RCA PM 45-3235
1964-Ave
Maria (Siberna/Bindi)/Un uomo che ti ama – RCA PM
3275
1964-Quello
che c'era un giorno (Rossi/Bindi)/Il giorno della verità (Paoli/Bindi) – RCA PM
45-3292
1968-Per
vivere (Nisa/Bindi)/Storia al mare (Pallavicini/Bindi)
- Ariston AR 0243
-----------------
1969-Mare
(Salerno/Bindi)/Ma perché (Limiti/Bindi) – Variety
FNP-NP 10132
1964-Passo
su passo (Migliacci/Bindi) –
1965-Le musiche per “Turandot” (in cui recita)
Di
fronte all'amore (Simoni/Bindi) (anno sconosciuto)
1967-La musica è finita (Nisa/Califano/Bindi)
1972-Io e la musica (Lauzi/Bindi)
1972-Scusa
(Caravaglios/Marengo/Bindi)
1972-Via
Cavour
1972-Per
un piccolo eroe (Mazzola/Bindi) (la canzone era dei primi anni ma mai incisa)
1972-Un
uomo solo (Calabrese/Bindi)
1972-Due come noi (Calabrese/Bindi)
1976-Albatros
(Pallavicini/Bindi)
1976-Io e il mare (Lauzi/Bindi)/Flash (Ventre/Sorci/Bindi) - Durium Ld A1 7913
1976-L’alba (Bindi) (strumentale)/Bogliasco
notturno (strumentale) – Durium
Ld A1 7937
1982-Caro qualcuno (Bardotti/Bindi)
1982-Le voci della sera (Bardotti/Bindi)
1982-Signora di una sera (Bardotti/Bindi)
1982-L’impossibile idea (Bardotti/Bindi)
1989-C'è voluto tempo (per imparare a vivere da solo) (Calabrese/Bindi)
(Eseguita dal vivo negli spettacoli concerto con Bruno Martino, a Roma nel 1994-1995, e non inserita nel CD relativo)
1994-Imperdonabile davvero (Bassignano/Bindi)
1996-Pianoforte (Bassignano/Bindi)
1996-Chiara (Bassignano/Bindi)
1996-Letti (con i New Trolls)/Chiara (Bassignano/Bindi)/Miracolo miracolo (solo New Trolls) - Fonopoli Stage
Da una vita stiamo insieme (Calabrese/Bindi) non si sa l’anno
EP (formato del 45 giri ma con più pezzi del solito)
1959-La sua voce, il suo
pianoforte e le sue canzoni - Ricordi
Arrivederci/Odio/Nuvola per due/Amare
te
1959- Girotondo per i grandi -
Ricordi
Girotondo per i grandi / Basta una volta / Tu / Non
so
1960 Un giorno, un mese, un
anno -Ricordi
Un giorno, un mese, un anno / Lasciatemi sognare / Appuntamento a Madrid / Il
confine
1960 Il nostro concerto -
Ricordi
Il nostro concerto / Chiedimi l'impossibile / Un paradiso da vendere / Se ci
sei
i Testi
Arrivederci (Bindi/Calabrese) – 1958
Arrivederci,
dammi la mano e sorridi
senza piangere
arrivederci
per una volta ancora
è bello fingere
abbiamo sfidato l'amore
quasi per gioco
ed ora fingiam di lasciarci
soltanto per poco
arrivederci
esco dalla tua vita
salutiamoci
arrivederci
questo sarà l'addio
ma non pensiamoci
con una stretta di mano
da buoni amici sinceri
ci sorridiamo per dirci
arrivederci
Vento di mare (Bindi/Calabrese) - 1958
La calma della sera
il mare intorno a noi
respira
fiorisce un agave
sulla scogliera
dopo cent'anni
vento di mare
non so dove sei
ma se i tuoi sogni
somigliano ai miei
il vento non sa
che avevi anche tu
sapore di mare
sulle labbra
per quanto tu sia lontana
il vento verrà
caldo dal mare
vento di mare
non so dove sei
ma se i tuoi sogni
somigliano ai miei
per quanto tu sia lontana
stanotte verrai
correndo da me
col vento che verrà
caldo dal mare
insegui il vento e
verrai da me
Il nostro concerto (Calabrese/Bindi) - 1958
Sull'eco del concerto
Che insieme ci trovò
Ripeterò ancor la strada
Che mi porta a te
Ovunque sei, se ascolterai
Accanto a te mi troverai
Vedrai lo sguardo
Che per me parlò
E la mia mano
Che la tua cercò
Ovunque sei, se ascolterai
Accanto a te mi rivedrai
E troverai un po' di me
In un concerto dedicato a te
Ovunque sei, ovunque sei
Dove sarai mi troverai
Vicino a te
Il confine – senza data precisa, primi ‘60
Al di là del confine
c'è gente che ride
c'è gente felice
di qua ci sono io
al di là del confine
c'è gente che ama
parole gentili
carezze affettuose
di qua ci sono io
solo
con la mia nostalgia
di non so che
Il mio mondo (Paoli/Bindi) -
circa 1964
Il mio mondo è cominciato in te
la mia notte mi verrà da te
un sorriso ed io sorriderò
un tuo gesto ed io piangerò
la mia forza me l'hai data tu
ogni volta che hai creduto in me
tu mi hai dato quello che
il mondo non mi ha dato mai
il mio
mondo è cominciato in te
il mio mondo finirà con te
e se tu mi lascerai
in un momento io morirò
tu mi hai dato quello che
il mondo non mi ha dato mai
il mio
mondo è cominciato in te
il mio mondo finirà con te
e se tu mi lascerai
in un momento così
tutto per me finirà con te
La musica è finita (Nisa/Califano/Bindi)
– 1967
Ecco, la musica è finita
Gli amici se ne vanno
Che inutile serata, amore mio
Nascondendo la malinconia
Sotto l'ombra di un sorriso
Ecco, la musica è finita
Gli amici se ne vanno
Che inutile serata, amore mio
Ho aspettato tanto per vederti
Ma non è servito a niente
Cosa non darei
Per stringerti a me
Cosa non farei
Perché questo amore
Diventi per te
Più forte che mai
Ecco, la musica è finita
Gli amici se ne vanno
E tu mi lasci solo
Più di prima
Un minuto è lungo da morire
Se non è vissuto insieme a te
Non buttiamo via così
La speranza di una vita d'amore
Io e la musica (Lauzi/Bindi) - 1972
Il vento che correva su Genova
soffiava nella mia fisarmonica
nasceva piano la mia musica
e dentro al cuore solitudine
com'ero io, com'ero io
Così diverso per l'abitudine
di raccontare tutto alle nuvole
sopra un cortile senza alberi
il mio concerto se ne andava via
da casa mia, volava via
giorni di favola e poi
la luce terminò
e come fu non so
io mi ritrovo qui
un vento freddo volta le pagine
di questa storia senza miracoli
ricordo ancora i giorni inutili
gli errori fatti e perdonati mai
ma c'era lei, la musica
giorni più amari che mai
nessun amico che
credesse ancora in me
ma adesso sono qui
e credo in me
in quello che ho
con una cosa in più
l'amore
d'accordo, è poco
in questo mondo che
non crede più
in questo mondo che
non crede più
Scusa (Caravaglios/Marengo/Bindi)-
1972
Avere solo cento lire
fa un freddo cane da morire
avere tante strade avanti
avere i piedi troppo stanchi
chiedere scusa se ho sbagliato
e non potere rimediare
[con una pena in fondo al cuore
ti chiedo scusa se ho pensato
solo all'amore, solo a te
scusa se amarti è troppo poco
se oggi non capisco niente
di quello che sai fare tu
(scusa per questo ed altro
se adesso ti deludo
se son rimasto come sono
un uomo che ama veramente
che non diventerà mai niente
ma resta sempre insieme a te) ]
andare a caccia e non sparare
dire agli uccelli di fuggire
tornare a casa a mani vuote
senza il coraggio di ammazzare
chi vola in alto ed è sicuro
che al nido suo può tornare
[ () ]
Via Cavour - 1972
Via Cavour in quel caffè
non bastò un sorso in più
per calmare l'ansia che
era in fondo agli occhi tuoi
continuavi a dire no
lui è un uomo come gli altri
ma il tuo orgoglio non bastò
prima donna più non sei
fiori di lacrime per te
ma non pensarci più
c'è sempre un bacio troppo amaro
dopo un sorriso
fiori di lacrime per te
ma intanto cosa vuoi
non puoi avere il mondo in pugno
ma non pensarci
no non dirmi è stato meglio
lascia perdere l'orgoglio
lo si vede dai tuoi occhi
quanti sogni sono morti
no, non è fatalità
la vita prende quanto dà
tanto torna come il sole
anche il tempo dell'amore
fiori di lacrime per te
ma non pensarci più
c'è sempre un bacio troppo amaro
dopo un sorriso
fiori di lacrime per te
ma intanto cosa vuoi
non puoi avere il mondo in pugno
ma non pensarci
via Cavour in quel caffè
via Cavour in quel caffè
via Cavour in quel caffè...
Per un piccolo eroe (Mazzola/Bindi) (la canzone era dei primi anni ma mai incisa prima del 1972)
Ti hanno dato una medaglia
perché hai vinto una battaglia
t'hanno detto ch'eri grande
quando hai perso braccia e gambe
e per questa tua vittoria
ti hanno scritto nella storia
poi han fatto un monumento
per la polvere del tempo
un eroe, chi fu?
E un "chi fu" non vive più
ma non hanno scritto mai
tutti i piccoli tuoi guai
e che tutto nella vita
ti sfuggiva tra le dita
le promesse che ogni sera
poi cambiavano bandiera
e che un giorno per amore
tu gridavi di dolore
un eroe, chi fu?
E un "chi fu" non vive più
(voglio farti un monumento
per quei sogni andati a male
e per battaglie perse
voglio farti generale
voglio farti generale)
non han scritto nella storia
di quei giorni di miseria
quando solo tra la gente
ti sentivi come un coccio
eri come un vecchio straccio
per avere una ragione
poi cercasti l'occasione
e per questo sei un "chi fu"
e un "chi fu" non vive più
()
()
voglio farti generale
Un uomo solo (Calabrese/Bindi)-
1972
Vestire i panni dell'eroe
pur di non accettare mai
ne il compromesso ne la resa
non risolve niente visto che
malgrado tutto in fondo a te
la solitudine è di casa
tu come ogni uomo prima o poi
di quel che pensi e quel che fai
senti il bisogno di parlare
e finisci per parlarne a chi
non gliene importa di chi sei
e non ha voglia di sentire
e ti vien voglia di morire
lo so ma
un uomo solo come fa
a non sbagliare come me
a dare tutto e non
avere in cambio niente
niente ma
un uomo solo come fa
a non sbagliare come me
ad ascoltarsi mentre parla
e non capire
e finisci per legarti a chi
non gliene importa di chi sei
e pensi ad altro che all'amore
e ti vien voglia di morire
lo so ma
un uomo solo come fa
a non sbagliare come me
nel dare ancora e non
avere in cambio niente
niente ma
un uomo solo come fa
a non sbagliare anche con te
pur di non essere più
solo ad impazzire
Caro qualcuno (Bardotti/Bindi)- 1982
Caro qualcuno come stai
scusa se non ti scrivo più
non ho da dirti quasi niente
sto qui da solo come sempre
va tutto bene cioè così
sono tranquillo sono qui
cercare ancora non ha senso
non sogno più però in compenso
grandi dolori non ne ho
e tu, sei poi andato in Asia?
O la sola idea ti basta
si è fatto quello che si può
si è imparato anche a dire di no
no, caro qualcuno non è questo che vorrei
si dice basta troppo spesso e non sai mai
se questa notte parte un treno e dove va
e dentro e intorno s'era fatta sera ormai
dimmi tu che figura ci fai
caro qualcuno è tutto strano
ricordi il vecchio capitano
che navigava sopra il lago
con quell'inutile espressione
di uno che aspetta l'uragano?
Dove la vita è l'avventura
dietro la vecchia serratura
ma è davvero tutto qui
è finita davvero così
no, caro qualcuno non è questo che vorrei
si dice basta troppo presto e non sai mai
se questa notte parte un treno e dove va
e dentro e intorno s'era fatta sera ormai
dimmi tu che figura ci fai
C'è voluto tempo (per imparare a vivere da solo) (Calabrese/Bindi) - 1989
E' rimasto il sorriso
Quando il peggio è passato.
Non ho mai dimenticato,
Anche se non parlo mai…
Arrangiandomi a convivere
Con le piccole abitudini,
grandi gesti, grandi drammi
non ho meditato mai.
Ho accettato, ma che altro vuoi fare?
Circostanze costrittive ed amare,
ripetendomi ogni tanto "Forse, non finisce qui…"
C'è voluto del tempo
Per imparare a vivere da solo.
Così difficilmente solo
Sopravvivere ai ricordi, fuori della verità.
E quanto tempo
Per ricordarti senza starne male
E in questo tempo sempre uguale
Fare a meno di pensarti
Era la serenità.
Anche quando la vita
Corre sulle tue dita
Non puoi sempre disegnarla
Come la vorresti tu.
Le parole ti travolgono,
le occasioni non ti cercano
e anche dire "Avrei dovuto…"
ormai non serve più.
C'è voluto tempo
Per imparare a vivere da solo
Così difficilmente solo
Con un filo di speranza
Con un mare di ansietà
Per un amore
Leggero e allegro come un aquilone
Legato in cima a una canzone
Per non aspettare solo
E non rinunciare mai….
E mi è rimasta una canzone
Per non aspettare solo
E non rinunciare mai….
Imperdonabile davvero (Bassignano/Bindi) - 1994
Da mille secoli dentro una favola imperdonabile davvero
Irraggiungibile nelle mie nuvole senza passato né futuro
Sul filo mi allontanerò oltre la valle sparirò
Nei mille palpiti d’una girandola e solo nei miei sogni spero
Irriducibile sulla mia zattera non ho mai preso parte al coro
Senza fanfara me ne andrò sul filo mi allontanerò.
E se qualcuno tra di voi vuol fare i conti alla mia vita
Se un altro saggio mi dirà che primavera è già finita
Sicuro non lo sentirò sicuro non lo seguirò
Pazzo incosciente ma sincero imperdonabile davvero.
Imprevedibile senza una regola non so chi sono né chi ero
Forse una nottola forse un Pierrot Lunaire forse il guardiano del mio faro
Forse soltanto chi per te un giorno volle farsi re
Re per un giorno forse ma musica per l’eternità.
E se qualcuno tra di voi…
Vi ho dato tutto quel che ho sul filo mi allontanerò
Sicuro non vi seguirò imperdonabile…lo so
(Suonata solo dal vivo nei concerti 1994-1995)
Si, la mia risposta al cielo è sempre quella, ancora si
No, da qualche tempo non la grido al vento ma è ancora si
Si, son mezzo bianco e mezzo nero, è questa la mia verità
Se non sono nato per star solo
Ho dato un senso a questa libertà
Si, ricordo bene il giorno in cui lo dissi quel primo si
no, quel temporale non coprì il rumore del primo si
Io so quel che è falso e quel ch'è vero vi giuro non è vanità
Se non sono nato per star solo
La grande orchestra un giorno capirà
Voi, voi tutti bianchi, tutti sani e senza scrupoli
Voi, tutti in branco, teleschermo dei miracoli
Che occhi avete, cosa guardate?
Io sono diverso perché vivo nelle favole
E metto in musica la forma delle nuvole
Che c'è di male? Son le mie sere!
Si, se cado in volo non sarà una rete a dirmi si
No, non sentirete grida dalla strada, soltanto un si
Io non sto invecchiando per davvero, un pianoforte non ha età
Se non sono nato per star solo spiegatemi cos'è normalità
Voi, voi tutti bianchi, tutti sani e senza scrupoli
Buttate il cuore sempre prima degli ostacoli
Ma quanti siete, quanto pagate?
Io sono diverso perché vivo nelle favole
E tra le note voglio continuare a fremere
Che c'è di male? Posso volare!
Si a questa vita com'è sempre stata, ancora si
No, senza rimpianti io lo grido al vento, ancora si
Solo, sempre così.
Chiara (Bassignano/Bindi) - 1996
Ma nera, quella notte nera no non sarà
Le stelle ci vedranno ritornare
Da riva un punto solo all'orizzonte e più in là
Più fuoco, Comandante, nel motore
E chiara, chiara, chiara solo un'alba saprà
Chi madri e figli stringeranno al cuore
E quante donne dormiranno sole
Se sono gli occhi stanchi o le lampare
Che rubano al mattino mentre sale
La luce d'un'immagine d'amore
Ma nera, quella notte nera no non sarà
Sul molo vi vedremo sventolare
E chiara, chiara, chiara solo un'alba saprà
Chi madri e figli stringeranno al cuore
Per una campanella in fondo al mare
La storia, quella storia vera
Presto, presto ch'è già sera
Chiara, chiara, chiara, chiara
Nera no…non sarai.
Da una vita stiamo insieme (Calabrese/Bindi) (non si sa l’anno)
Dovremmo dirci, finalmente,
se è vero tutto quanto o non è vero niente,
però non so se ci conviene o non conviene…
E da una vita stiamo insieme.
Siamo arrivati a detestarci,
a sbattere le porte sul punto di sbranarci,
a rimbeccarci con insinuazioni sceme,
ma da una vita stiamo insieme…
Anche i vicini sanno già
Le nostre ostilità scoppiate all’improvviso
E inevitabili, qua e là,
gli insulti in libertà, pugnali col sorriso.
Scene d’amore quasi vere,
le tattiche scoperte, le astuzie del mestiere.
Quasi orgogliosi di mentirci così bene.
E quante volte non lo so,
sparandoci dei “Noi”, ci siamo detti “Basta!”
ma dopo, a ripensarci su,
non son partito più. Tu, invece, sei rimasta…
Potrebbe essere, chissà,
la conflittualità fra il torto e la ragione
che scioglie la scontrosità
di un cuore che non ha ricambi di stagione…
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