Aldiss
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Anche Aldiss è uno dei miei autori di fantascienza preferiti, e ricordo con piacere la lettura di Galassie come granelli di sabbia, editato alla fine degli anni '60 dalla gloriosa Galassia de La Tribuna di Piacenza.
Una breve rassegna dal web
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Dal sito di Wikipedia Italia http://it.wikipedia.org
Brian Wilson Aldiss (East Dereham, 18 agosto 1925) è uno scrittore britannico di narrativa e di fantascienza.
Nel 1943 si è arruolato nel reggimento Royal Signals, e ha partecipato ad azioni in Birmania; il suo incontro con la foresta pluviale, a quel tempo, potrebbe aver in parte contribuito ad ispirare Hothouse, mentre l'esperienza nell'esercito è stata fonte di ispirazione per il primo ed il secondo volume di Horatio Stubbs. Dopo la Seconda guerra mondiale ha lavorato come libraio a Oxford.
Oltre ai racconti brevi di fantascienza per varie riviste, egli scrisse una serie di novelle sulle vicende di un immaginario negozio di libri che attrassero l'attenzione di Charles Monteith, della casa editrice Faber and Faber. Da ciò nacque il primo libro di Aldiss: The Brightfount Diaries (1955). Nel 1955, il giornale The Observer lanciò un concorso per racconti ambientati nell'anno 2500 che Aldiss vinse con una storia dal titolo "Not For An Age". The Brightfount Diaries ebbe un moderato successo e Faber chiese ad Aldiss se aveva altro materiale da proporre per la pubblicazione. Così fu pubblicato il suo primo romanzo di fantascienza Space, Time and Nathaniel. A questo punto i guadagni ottenuti con la scrittura eguagliavano quelli ottenuti al negozio di libri così Aldiss decise di diventare uno scrittore a tempo pieno.
Alla World Science Fiction Convention del 1958 fu votato "Nuovo autore più promettente" ed eletto presidente della British Science Fiction Association nel 1960. Attorno al 1964 lui e il suo collaboratore di lunga data Harry Harrison fondarono il primo giornale di critica per la letteratura fantascientifica, Science Fiction Horizons, che durante la sua breve vita di due soli numeri pubblicò articoli e recensioni di autori del calibro di James Blish, C.S. Lewis, e Kingsley Amis e un'intervista a William S. Burroughs.
Oltre che come autore, Aldiss ebbe grande successo anche come antologista. Per Faber curò Introducing SF, una collezione di storie rappresentative di vari temi della fantascienza e Best Fantasy Stories. Nel 1961 curò un'antologia di ristampe di racconti per l'editore inglese di libri economici Penguin Books con il titolo di Penguin Science Fiction. Il successo fu tale da generare numerose ristampe e due ulteriori antologie, More Penguin Science Fiction (1963), e Yet More Penguin Science Fiction (1964). Queste ultime ebbero lo stesso successo della prima e alla fine furono pubblicate insieme come The Penguin Science Fiction Omnibus (1973), che ebbe anch'esso numerose ristampe.
Negli anni settanta Aldiss realizzò diverse collezioni di successo di fantascienza classica: Space Opera (1974), Space Odysseys (1975), Galactic Empires (1976), Evil Earths (1976), e Perilous Planets (1978). Sempre di questo periodo è il volume di grande formato Science Fiction Art (1975), una selezione di illustrazioni tratte da riviste e pulp magazine.
In occasione delle missioni esplorative su Venere da parte di sonde spaziali negli anni sessanta e settanta, che mostrarono quanto il pianeta fosse lontano dall'immagine della calda giungla tropicale spesso dipinta dalla fantascienza, Aldiss e Harry Harrison pubblicarono l'antologia Farewell, Fantastic Venus!, ristampa di storie basata sulla vecchia concezione di Venere. Infine si ricorda la serie di antologie The Year's Best Science Fiction (1968-1976?).
Nel 2005 gli è stato conferito il titolo di Ufficiale dell'Ordine dell'Impero Britannico per meriti letterari dalla Regina Elisabetta II.
* The Brightfount Diaries (1955)
* Space, Time and Nathaniel (1957) Antologia di racconti; tutti i racconti
pubblicati sino allora incluso "T", la sua prima opera pubblicata, e "Not For an
Age". Aldiss aveva allora al suo attivo tredici racconti soltanto, e un
quattordicesimo fu scritto in fretta e furia per arrotondare.
* Viaggio senza fine (Non-stop, 1958) La storia di una piccola tribù in una
giungla molto strana, che compie inquietanti scoperte sulla natura del loro
mondo. Fu pubblicata negli USA con un titolo diverso, che svela l'ispirazione di
base della trama
* Equator (1958)
* Galassie come granelli di sabbia (The Canopy of Time, 1959) Raccolta di
racconti: pubblicata in forma lievemente diversa negli USA come Galaxies like
Grains of Sand
* Un despota sulla Terra (The Interpreter, 1960; titolo USA Bow down to Nul) Un
romanzo breve sull'enorme e antico impero galattico dei Nul, una razza di alieni
civili giganti e dotati di tre arti. La Terra non è altro che una modestissima
colonia governata da un tiranno Nul, i cui stratagemmi ingannevoli, insieme ai
tentativi benintenzionati ma inefficaci di un firmatario Nul di chiarire gli
abusi, e con la disorganizzata resistenza dei Terrestri, riflettono le complesse
relazioni esistenti tra imperialisti e razze sottoposte a cui lo stesso Aldiss
ebbe la possibilità di assistere durante il suo soggiorno in India e Indonesia
negli anni quaranta.
* Descalation (The Male Response, US: 1959, UK 1961)
* La lampada del sesso (The Primal Urge, 1961)
* Il lungo meriggio della Terra (Hothouse, 1962) Ambientato in un futuro
lontanissimo, in cui la Terra ha smesso di ruotare, il Sole ha aumentato la sua
emissione di energia, e le piante sono soggette a una ininterrotta frenesia di
crescita e decomposizione, come in una foresta tropicale mille volte più attiva;
pochi piccoli gruppi di uomini ancora vivono, sull'orlo dell'estinzione, sotto
il banian gigante che copre il lato diurno della Terra. Pubblicato
originariamente in the Magazine of Fantasy and Science Fiction, il direttore
della rivista richiese una consulenza scientifica su un aspetto del racconto.
Gli fu risposto che le relative dinamiche orbitali implicavano che fosse una
sciocchezza, ma l'immagine della Terra e della Luna fianco a fianco nell'orbita,
avvolte da ragnatele intessute da ragni vegetali giganti, era così scioccante e
affascinante che la pubblicò comunque. Gli appassionati di fantascienza
approvarono la decisione, con l'attribuzione un premio Hugo. L'edizione
originale americana (sostanzialmente modificata) era intitolata The Long
Afternoon of Earth (Il lungo meriggio della Terra); secondo quanto riferisce
Aldiss fu l'editore a insistere per questo titolo, affinché il libro non fosse
esposto nelle librerie tra i libri di orticoltura.
* The Airs of Earth (1963 - raccolta di racconti; titolo americano Starswarm)
* Dal buio degli anni luce (The Dark Light Years, 1964): l'incontro degli uomini
con gli utod, esseri alieni che per mantenere la salute fisica e mentale sono
costretti a rotolarsi nel fango e nello sterco, e che gli umani non riconoscono
nemmeno come esseri intelligenti.
* Barbagrigia (Greybeard, 1964) Ambientato diversi decenni dopo che i terrestri
sono stati sterilizzati da un'ondata di radiazioni generate da un evento
astronomico, il libro descrive un mondo che va svuotandosi, abitato da una
popolazione senescente e senza figli.
* Best SF stories of Brian Aldiss (1965); Pubblicato negli USA come But who can
replace a Man?
* Il mio mondo bruciato (Earthworks, 1965)
* The Impossible Smile (1965); Serial nella rivista Science Fantasy, sotto lo
pseudonimo "Jael Cracken"
* The Saliva Tree and other strange growths (1966) Raccolta di racconti. La
storia che dà il titolo alla raccolta, The Saliva Tree fu scritta in occasione
del centenario della nascita di H.G. Wells, e ricevette il premio Nebula del
1965 per il migliore romanzo breve.
* An Age (1967: pubblicato anche negli USA come Cryptozoic!).
* Report On Probability A (1968) Descritto da Aldiss come un 'anti-romanzo',
questo libro vede le sue origini alcuni anni prima, prima di essere pubblicato a
puntate nella rivista New Worlds quando Michael Moorcock ne era il direttore. La
parte più ampia del libro è il Rapporto, che descrive con dettagli minuziosi,
ossessivi e spesso ripetitivi, tre personaggi, G, S, e C, i quali segretamente
osservano una casa, ciascuno da una diversa dépendance con vista parziale sulle
finestre della casa, che di tanto in tanto colgono occhiate della sua occupante,
la signora Mary. Mentre il Rapporto viene letto da un personaggio senza nome,
costui viene segretamente osservato da altri universi, e questi osservatori, a
loro volta, vengono osservati, e tutti si impegnano in futili speculazioni sulla
esatta natura della Probabilità A, e sull'esatto significato del dipinto
vittoriano The Hireling Shepherd (del Pre-Raffaellita William Holman Hunt), che
è citato nel Rapporto... In seguito si viene a sapere che anche la signora Mary
sta guardando uno schermo, che potrebbe essere semplicemente quello di un
televisore e si suggerisce che il dipinto potrebbe essere una finestra su un
mondo in cui il tempo si è fermato.
* Barefoot in the Head (1969) Forse l'opera più sperimentale di Aldiss, apparve
inizialmente divisa in più parti come la serie delle "Acid Head War" in New
Worlds. È ambientata in Europa, alcuni anni dopo un attacco con bombe che hanno
sparso grandi quantità di droghe allucinogene a lunga durata, provocato da uno
scontro nel medio oriente. In una Inghilterra dove la gente a malapena mantiene
il contatto con la realtà giunge un giovane serbo, che comincia a cadere sotto
l'influenza degli inquinanti ambientali, e si trova a condurre una crociata
messianica. La narrazione e il dialogo riflettono il frammentarsi della lingua
sotto l'influenza delle droghe, in cangianti frasi, giochi di parole e
allusioni, in un'eco intenzionale del Finnegans Wake.
* The Horatio Stubbs saga
o The Hand-Reared Boy (1970)
o A Soldier Erect (1970)
o A Rude Awakening (1978)
* The Moment of Eclipse (1971: raccolta di racconti)
* Frankenstein Unbound (1973) Fu la base del film del 1990 dallo stesso titolo,
diretto da Roger Corman.
* The 80 minute Hour (1974)
* The Malacia Tapestry (1976)
* Brothers of the Head (1977) Un libro di grande formato, illustrato da Ian
Pollock, che raccontava la strana storia delle rock star Tom e Barry Howe,
gemelli siamesi con una terza testa in letargo che alla fine comincia a
risvegliarsi.
* Last Orders and Other Stories (1977)
* Pile (1979; Poem)
* New Arrivals, Old Encounters (1979)
* La trilogia di Helliconia. Ambientata su un pianeta che orbita intorno a una
stella doppia, su cui le stagioni durano secoli, narra le vicende di una
popolazione umana primitiva a partire dal disgelo nel difficile ecosistema di
questo mondo, e i suoi rapporti conflittuali con l'altra razza intelligente che
lo abita.
o La primavera di Helliconia (Helliconia Spring, 1982)
o L'estate di Helliconia (Helliconia Summer, 1983)
o L'inverno di Helliconia (Helliconia Winter, 1985)
* Seasons in Flight (1984)
* Courageous New Planet (c. 1984)
* The Year before Yesterday (1987); A fix-up of Equator from 1958 combined with
The Impossible Smile from 1965.
* Ruins (1987)
* Forgotten Life (1988)
* A Tupolev too Far
* Supertoys Last All Summer Long raccolta di racconti: La storia che dà il
titolo alla raccolta è alla base del soggetto del film A.I. - Intelligenza
Artificiale, progettato da Stanley Kubrick e in seguito diretto da Steven
Spielberg dopo la morte di Kubrick.
* Cities and Stones - A Traveller's Yugoslavia (1966)
* The Shape of Further Things (1970)
* Item Eighty Three (con Margaret Aldiss) (1972): a bibliografia completa di
tutti i libri e racconti pubblicati sino allora. (Il libro stesso e incluso al
numero 83 nella lista).
* Billion Year Spree: The History of Science Fiction (1973) in cui l'autore
espone la teoria che Mary Shelley abbia scritto con Frankenstein il primo vero
romanzo di fantascienza. Rivisto e ampliato col titolo Trillion Year Spree (con
David Wingrove) (1986)
* Hell's Cartographers (1975, edited with Harry Harrison): una raccolta di brevi
pezzi autobiografici scritti da vari autori di fantascienza, incluso Aldiss. Il
titolo è un riferimento al libro sulla fantascienza di Kingsley Amis, New Maps
of Hell
* The Pale Shadow Of Science, Serconia Press, 1986
* This World and Nearer Ones: Essays exploring the familiar (1979)
* Bury My Heart in W.H. Smith's - A Writing Life - un'autobiografia
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Dal sito http://www.intercom.publinet.it/cs/
Modelli di duplicazione integrativa e variabilità polisemiche della forma: «Old Hundredth» e «A Kind of Artistry» di Brian Aldiss
di Alessandro Monti
"When the first flint, the first shell, was shaped into e weapon, that action shaped man. As he moulded and complicated his tols, so they moulded and complicated him.He became the first scientific animal. And at last, via information theory and great computers, he gained knowledge of all his parts. He formed the Laws of Integration, which reveal all beings as part of a pattern and show them their part in the pattern. There is only the pattern, the pattern is only the universe, creator and created. For the first time, it became possible to duplicate the pattern artificially; the transubstantio-spatializers were built." (1)
"Old Hundredth", il racconto di Aldiss da cui è tratta la
citazione d'apertura, si svolge in un tempo futuro e del tutto ipotetico, sopra
una Terra abbandonata dagli uomini. Una narrazione d'esodo, ma non tuttavia di
catastrofe, come potrebbe essere un viaggio senza ritorno nelle pieghe
psicologiche del disordine entropico. Invece di esaurirsi per spegnimento
progressivo, il gioco delle forme smarrisce le proprie valenze storiche
avvolgendosi nel groviglio del serpente che si morde la coda: se l'identità di
uomo si fonda, in principio, sulla modificazione della mano, strumento archetipo
in uno dei paradossi butleriani (2) del divenire artificiale e poliaccessoriato
che ci distingue dal vivere spontaneo (o ripetitivo, secondo Marcuse) tipico
delle bestie, il processo conclusivo del ciclo differenziato e diversificante
dovrà intervenire di nuovo sul corpo stesso del soggetto, di modo che la pura e
semplice duplicazione riproduttiva possa risolversi in metamorfosi, soprattutto
esistenziale.
Con una serie di articoli scritti negli anni 1863-1865 e successivamente
confluiti negli Early Essays, Samuel Butler aveva esplorato due ipotesi
antitetiche di evoluzione meccanicistica, riformulando la morfologia aggregativa
del darwinismo (dal semplice al complesso, attraverso l'organizzazione) nel
duplice percorso letterale di osmosi tra l'uomo e la macchina, l'una che integra
o sostituisce l'altro. Si può leggere senza troppi problemi questo procedimento
di omologia ancora rozza che riduce l'organico all'inorganico, come un preludio
della successiva e fortunata immagine morlocchiana di alienazione (3).
Tuttavia, sembrerebbe più interessante riuscire a considerare un ulteriore
aspetto della questione: in quale misura l'integrazione aggiuntiva che salda di
continuo nuove membra sul nostro corpo, possa richiamare (implicitamente) il
modello duplicativo evocato da Aldiss. Sino a che punto la dialettica di
modificazione reciproca che sussiste tra il soggetto composito dell'esperienza
culturalizzata e l'ambiente esterno deve trascendere la forma biologica? Che
cosa significa essere di volta in volta creatore e parte creata, generarsi nel
tempo e generare il tempo?
Thomas Huxley interverrà a proposito di questo dilemma, giungendo ad assimilare
gli animali (ed in genere, tutte le forme di vita inferiore) a degli automi
privi di volontà propria, guidati da riflessi elementari di stimolo e di
reazione spontanea (4). Allora, l'arte di essere uomo consiste nel superare le
identità esteriormente polimorfiche del materialismo cosmico, nel scindere il
proprio corpo dalla vita fenomenica che ci circonda. Ovvero, lo stato di crisi
che dissocia il corpo dallo spirito (immagine traslata di un turbamento
collettivo nella Storia) può sublimarsi oltre la forma, in modo tale da
dissolvere il carattere dinamico dell'essere uomo (il suo divenire) nella
trascendenza del modello, secondo un percorso che proceda dal diverso
all'identico, utilizzando la figura dell'altro per definire colui che è uguale
solo a se stesso.
Nel Ludwig Feuerbach, Engels riconosce come problema centrale della conoscenza,
"quello del rapporto del pensiero con l'essere, dello spirito con la natura". Si
può parlare, in questo senso, della cosa in sé (l'idea o modello che pre-esiste
al di fuori di noi) e del fenomeno (l'oggetto inserito nel flusso temporale, e
da esso in qualche modo dipendente). Scrivendo su Hume, Thomas Huxley riassume
la posizione di materialismo più o meno riottoso a cui era pervenuta, in periodo
tardo-vittoriano, l'ideologia evoluzionistica, "Tutti coloro che conoscono la
storia della scienza converranno che i suoi progressi significheranno in tutti i
tempi e ora piu che mai l'estensione del dominio di ciò che noi chiamiamo
materia e causalità e la, conseguente scomparsa progressiva da tutti i campi di
ciò che noi chiamiamo spirito e spontaneità" (5).
Alla luce di queste affermazioni, il problema della conoscenza può essere
presentato come un fatto dialettico di integrazione progressiva "tra ciò che è
noto e ciò che non è ancora noto", tanto per citare, con gusto lievemente rétro,
il Lenin di Materialismo ed empirio-criticismo (p. 100). In altre parole, appare
possibile sviluppare le implicazioni positive contenute nell'omologia butleriana
tra uomo e macchina: dalle parti singole e reciprocamente complementari si
perviene a una conoscenza globale del soggetto umano, che modificando sé stesso
per sottrarsi all'oggettività estranea della natura (6), finisce con
l'intervenire sull'altro-da-sé, integrandone le leggi in quella conoscenza, che
e' solo di lui.
Bisogna tuttavia aggiungere che la sintesi di tipo materialistico operata dal
darwinismo non riesce a compiere in modo chiaro e soddisfacente il passaggio
dalla forma (il fenomeno colto nel suo dinamismo intrinseco) al contenuto
(ossia, la legge generale considerata sotto l'aspetto della necessità e non del
bisogno volgare). Storicamente, questa dicotomia assume la frequenza di
un'immagine culturale stereotipa di animalità emergente, che illustra come la
categoria (si direbbe, ontologica) della spontaneità sia ormai scissa senza
speranza alcuna dal mondo della natura, la cui organizzazione finalistica perde
qualsiasi connotato di valore morale: se pure il gioco delle forme può
progredire dalla bestia all'uomo, non è affatto escluso che si ricominci da
capo, e in senso inverso.
La bi-semia traumatica della forma deve quindi essere corretta da una chiave di
lettura morfologicamente unitaria, in grado di far rientrare il movimento
ondulatorio della dicotomia temporale di prima e di dopo nella dimensione sicura
dell'altrove oltre la Storia. Per esprimere il concetto in termini saussuriani,
anche in questo caso si deve estrarre il significato dall'assenza: il meccanismo
rivelatore del bisticcio tra l'esserci e il non esserci serve a districare i
nessi di gerarchia esistenti tra il valore fortuito della forma (che è la
superficie occasionale) e il contenuto necessario rivelato dalla funzione, che
costituisce il carattere vero e proprio di costanza all'interno del fatto
interpretativo esaminato.
Nel mondo descritto da "Old Hundredth", tutti gli esseri umani si sono dissolti
in pure armonie di essenza, vale a dire in concentrati immutabili ed eterni di
personalità (la nostra maniera specifica di essere come specie) che è stata
depurata da ogni connotazione concreta di materia. Se la forma-uomo
(idealisticamente intesa) è un qualcosa di non definibile in termini euristici
di semplice conoscenza scientifica, dal momento che il discorso dal farsi sul
chi siamo sostituisce le categorie (geneticamente differenziali) del divenire
temporalizzato con l'essere già stato del modello rigidamente normativo che ci
trascende, il nowhere post-tecnologico di certa utopia della tradizione
vittoriana si ripropone non più come luogo onirico, dislocato congetturalmente
nello spazio attraverso il tempo, ma riesce infine ad assumere una posizione di
topos reale, di posto in cui si esprime un contenuto umanistico, che non ha
neppure più bisogno di essere messo in atto da un sogetto umano. Anzi, le
colonne musicali di cui parla Aldiss costituiscono il passaggio ultimo dello
spostamento metaforico che avviene tra i due valori antinomici espressi dalla
sintesi via computer (grazie alla quale è possibile definire la natura di uomo
basandosi su un'identificazione strutturale di omogeneità soggettiva) e del
superamento che trasferisce o meglio sublima l'impulso aggregativo (in quanto
principio vitalistico) dalla forma all'idea: l'armonia di una condizione umana
de-alienizzata diventa subito musica, di modo che la rappresentazione estetica
si antropoformizza talmente, sino a essere la persona stessa.
Questa parabola di sostituzione era già stata formulata, in tutte le sue
implicazioni generali, nelle pagine strane ed ambigue di A Crystal Age (1887),
con cui William Hudson delegava (soprattutto) alla musica e al canto il compito
di mediare tra la spontaneità ritrovata (ma ormai astorica) delle forme naturali
e l'esigenza di raffigurazione interpretativa specifica dell'uomo, giungendo in
tal modo a duplicare (attraverso l'imitazione) i modelli acronici, in quanto
ciclici, plasmati dal volere divino. Tuttavia l'estetismo dei cristalliti si
muove in un connubio duro e soffocante di costrizione malthusiana e di prassi
artificialmente creativa, il cui sovrapporsi finisce per distruggere l'integrità
esistenziale dell'individuo.
Con maggiore accortezza, Aldiss concede via libera al proliferarsi
indiscriminato delle forme tipologiche, ricostruite (o meglio ricreate) a
posteriori sulla base di un modello duplicativo ("the pattern of duplication")
che è nello stesso tempo natura creans e natura creata. Se la coscienza
dell'Altro, prima malthusiano e poi darwinistico (vale a dire la morte implicita
che è dentro al rigoglio della vita), o quella della progressione entropica
dell'universo, rendono impossibile pianificare la Storia umana oltre il presente
morfologico, data l'instabilità o il declino programmatico della forma, la
ricerca scientifica potrà assicurare l'identità di specie solo utilizzando il
corpo non più come strumento integrativo di modificazione sull'oggetto da sé
rispetto all'uomo, ma considerando il corpo stesso come la materia duplicabile
in sé e su cui intervenire.
A suo tempo, H.G. Wells aveva esplorato, rispettivamente con The Island of
Doctor Moreau (1896) e The War of the Words (1897), le due ipotesi possibili e
aporistiche di controllo plastico a cui può essere sottoposto l'organismo
vivente, concludendo (nel secondo caso) con un giudizio definitivo di alienità
la fase prerobotica della metafora integrativa che assimila l'uomo alla
macchina. Tuttavia, in precedenza (e nell'ambito delle riflessioni
bio-filosofiche di Thomas Huxley) (7), lo scrittore edoardiano aveva esaurito un
altro ciclo storico, quello della narrazione gotica sugli esperimenti che
intendevano duplicare la vita, in apparenza agendo sulla forma, anche se in
realtà il vero obiettivo era dato dalla ricerca sulla natura nascosta del
modello e sulle tecniche possibili di riproduzione. Considerata entro questa
prospettiva, la wellsiana Casa del Dolore può costituire il luogo deputato di
qualsiasi discorso utopicamente genetico che riguardi la co-presenza di uomo e
di bestia nella creazione, in quanto il corpo dell'Altro diventa l'immagine
riflessa (ovvero priva di anima) dell'Uno, che sarebbe poi l'Unico. Che la forma
non possa mai connotare l'idea intrinseca al concetto di modello, sarà
successivamente dimostrato da Aldous Huxley con Brave New Word (1932), in cui le
pratiche inaridenti del condizionamento totale rimandano ancora una volta (e non
per coincidenza) a delle immagini di umanità deformata, dal bisogno più
disperato nelle terre spontanee delle Riserve primitive, e dalla artificialità
consumistica nel mondo di Our Ford.
A prima vista sembra strano collegare il bestiario antropomorfizzante di "Old
Hundredth" con gli stilemi ideologici e rappresentativi del neo-gotico
postwellsiano, comunque le immagini di sublimazione esistenziale elaborate da
Aldiss pongono ancora una volta in contrasto forma (variabile) ed essenza (fuori
dal tempo e dai mutamenti).
Se il dottor Moreau confonde il mezzo (la purificazione della carne attraverso
il bagno infuocato del dolore) con il fine ultimo del disegno teleologicamente
etico (l'identità psicologica del soggetto nasce dal sapere perché soffre), gli
Impuri di "Old Hundredth" sono, come indica il nome stesso, una tappa intermedia
ma non più tanto acerba della genesi conoscitiva di sé che l'uomo compie
ripercorrendo a ritroso le tappe polimorfiche (e anche altre rispetto a lui)
dell'evoluzione. Si potrebbe a questo punto parafrasare il titolo di "The Game
of God" dato da Aldiss a un suo racconto, nel senso che il rapporto tradizionale
di integrazione deterministica e postdarwiniana tra bios e topos, viene privato
della lacerazione (di stretta osservanza thomashuxleyana) che frantuma e
scheggia il paradigma potenziale di art e nature.
"For Venus put a strange spell on the hearts of men, and a more penetrating
displacement in his genes. Even when its atmosphere was transformed into a
muffled breathability, it remained an alien world; agains logic, its
opportunities, its possibilities, were its own. It shaped men, just as Earth had
shaped them.
On Venus, men bred thenselves anew.
And they bred the so-called Impures. They bred new plants new fruits, new
creatures - original ones, and duplications of creatures not seen on Earth for
aeons past" (p. 183).
Il passaggio che avviene dal biotopo al Logos (ossia il divenire della forma e
il divenuto del modello) cerca di aggirare in qualche modo il problema
riguardante, "the incomprehensible conflict between natural and artificial
imagery, which arouses and stimulates our perceptual faculties at the same time
that it seems to block their full unfolding", secondo quanto scritto da Jameson
a proposito di Starship (8).
Nell'altrove cosmico di Venere, le mutazioni rigorose che scandiscono il tempo
recessario della serialità deterministica perdono ogni valenza di sviluppo
logicamente motivabile: l'alienità solita del luogo nello spazio supera il
discorso tardo-ottocentesco sulla sopravvivenza o prova d'identità che la specie
uomo deve subire, per giungere a una riformulazione spontaneistica (e quindi
libera) dei rapporti intercorrenti tra lo spirito plastico della materia in sé e
le integrazioni dell'adattamento antropomorfo, vale a dire artificiale. Il fatto
di generarsi per restare nel tempo si trasforma nella duplicazione illogica
della vita; la forma nuova di essere uomo coincide con la possibilità che lui
stesso ha di diventare natura, granello di un ciclo demiurgico (il modello e i
suoi doppi) che di volta in volta crea o ricrea le manifestazioni empiriche di
una catena transtemporale.
Tuttavia la risposta che Aldiss offre a proposito della possibilità di integrare
gnoseologicamente le immagini libere create dalla cultura umana con i fenomeni
materialmente necessari della sfera biogenetica risulta piuttosto
insoddisfacente, più di escapismo traumatico che di riflessione costruttiva.
Forse il problema dovrebbe essere affrontato da una prospettiva di ecologia
cosmica, cosi come l'aveva posta, a suo tempo, la dialettica engelsiana: se
l'interazione reciproca tra vita e forme prevede lo sbocco (democratico, si può
dire) della materia nella coscienza (9), la natura stessa diventa il frutto
primigenio dell'arte di essere uomo, in quanto estensione integrativa e
plasmabile del nostro corpo, unitario e globale nel processo di trasformazione,
soprattutto psichica. Sotto questo punto di vista, appare finalmente possibile
compiere il passaggio maieutico dal modello idealistico al manufatto concreto,
dal corpo-oggetto della parabola alienizzata di duplicazione all'identità in
farsi del divenire sempre più diversificato: il corpo come prodotto.
"A Kind of Artistry", il secondo racconto di cui si parla in queste pagine,
agisce su un binario tematico di convivenza morfica tra umano e umanoide, che
avrebbe potuto essere reso benissimo in termini di comprensione dialettica dei
rapporti che intercorrono tra l'unico e i suoi diversi. Rispetto alla
definizione di valori umanistici sviluppata in "Old Hundredth", Aldiss riprende
narratologicamente il tema topico del declino soffribile (più che sofferto) per
entropia da parte della specie uomo. Il tema solito delle mutazioni sul corpo
diviene in questo caso discorso esplicito che riguarda le differenze dei corpi:
ormai l'essere uomo è un qualcosa di prezioso e di raro, un modo non
trasmettibile all'esterno della nostra coscienza.
A ben vedere, questi racconti dipanano due visioni alternative di evoluzione;
l'una e l'altra giocate su uno scarto focale che riguarda più l'ottica usata dal
narratore che un cambiamento vero e proprio all'interno del registro ideologico.
In entrambi i casi, Aldiss disloca concettualmente la realtà pragmatica (o
universo empirico dell'esperienza quotidiana) introducendo una situazione a
indirizzo omologo di destino filogenetico (l'incontro dell'uomo con i mondi
altri) sullo sfondo di uno schema interpretativo che regola in modo opposto la
distanza esistente tra le scansioni di tempo morfologico messe in atto dalla
sequenza (s) e i paradigmi autoconclusivi nei quali si riconosce la categoria
della simultaneità (S).
In "Old Hundredth", risulta possibile compiere il passaggio dal logos puramente
formale del morfema al Logos con sema onto dell'essere, solo facendo coincidere
per armonia (la musica come simbolo d'identità) l'assenza della forma umana,
congelata in un altrove della non-materia, con la retrospezione (acquisita per
sempre) della sua Storia culturale, ormai eterna perché sottratta al mutamento.
La cancellazione di (s) dal tempo collettivo della specie permette di
riscriverne il cronos filogenetico come annullamento volontaristico della forma:
adesso si può persino procedere per megatherium ad hominem, ovvero si muta un
tipico cul-de-sac della genesi evolutiva pre-umana in una strada aperta e
realizzata dell'identità nostra. Con gran pace del patriarca H.G. Wells, che in
Mr. Blessworthy on Rampole Island (1928) aveva utilizzato proprio questo goffo e
gigantesco animale preistorico per indicare tutto quanto di statico e di
irrazionale vi è nell'evoluzione stessa, la sopravvivenza come blocco
malthusiano delle nascite (o meglio, della vita che potrebbe nascere), il cibo
come distruzione crescente delle risorse naturali (10).
Del resto, anche in questa istanza si deve considerare un principio di
alterazione focale, piuttosto che di sfasatura concettualmente interpretativa,
in grado di modificare il significato specifico d'uso assunto da questa immagine
narratologica: il deserto progressivo a cui si sta riducendo la Terra (11) non
serve tanto a connotare il solito teorema dello spazio malthuslano (illustrato
comunque con Earthworks, per rifarsi ad un altro titolo di Aldiss), ma
sottolinea e commenta vigorosamente come l'esuberanza della forma tronchi sul
nascere ogni probabile ed ipotetico discorso a favore della spontaneità.
L'intreccio di convivenza tra art e nature si ricompone nell'immagine mista
della città in rovina, luogo deputato per eccellenza (a partire, almeno, dalla
trilogia di George Allan England, Darkness and Dawn, 1914) della sintesi di
ristoricizzazione che si deve compiere tra i bisogni propriamente umani
(soggetti, cioè, alle pratiche ritualizzate della cultura) e gli impulsi
istintuali rappresentati come la bruta necessità che muove il mondo altro del
disordine cosmico. La vegetazione che nel racconto di Aldiss avvolge e quasi
protegge gli edifici abbandonati dagli uomini, vuole saldare con una visione di
inserimento metonimico (usando il termine nell'accezione data da Jakobson) (12)
gli oggetti del vivere che è solo nostro con il divenire eco-sistematico
dell'ambiente naturale: pseudodialettica dell'integrazione che altera la
strategia wellsiana di de-evoluzione (le ortiche che hanno smesso di pungere,
cosi come il genere umano ha finito di pensare) in un progetto sublime di
sintesi tra le crescite incontrollate dello spazio geometrico (il brulicare
delle forme) e le costruzioni pietrificate che testimoniano sul permanere della
cultura nel tempo. Case-museo che mantengono in vita I'essenza uomo, rifugi
metafisici nei quali lo spirito slegato dalla materia può continuare a
sopravvivere anche dopo che è passata la Storia dei fatti concreti; dagli
avvenimenti consumati si ritorna al futuro dalla regressione (trionfo della
natura) si riplasma il brivido d'identità, trascorrendo attraverso il corpo
animale o animalizzato degli altri.
Tuttavia il processo può avvenire in modo e senso inversi, dall'omogeneo
all'eterogeneo, senza biglietto di ritorno. In "A Kind of Artistry", l'uomo
Derek Flamifew Ende (uno dei pochi rimasti) esce nello spazio con una missione
di natività cosmica: suscitare la scintilla della coscienza in un ammasso enorme
di materia, rimasta sino ad allora mentalmente inerte. Questo episodio
particolare serve a chiarire (almeno in uno dei suoi significati) il concetto di
artistry a cui si allude nel titolo del racconto in questione, presentandolo
come la qualità indicibile di essere umano. L'incontro della vita che si sta
lentamente esaurendo con quella che invece sta nascendo al di fuori di sé e per
il mondo degli altri, non getta nessuna luce di conoscenza sui rapporti o legami
possibili tra l'umano e le realtà diverse di essere all'interno del cido
bio-fenomenico. Il discorso è tutto orientato su come noi siamo (o forse
eravamo), sul già detto della spiegazione e non sul dirsi (reciproco) del
colloquio. In conclusione, manca (perché non interessa) qualsiasi accenno di
forte tensione dialettica, in grado di armonizzare il prima del tempo uomo con
il dopo della Storia implicita che si accinge ad emergere dal gelo cosmico.
La scucitura che si apre nella dimensione di continuità (non si può enunciare
l'adesso) richiama tradizionalmente l'uso di un'immagine entropica, che a
partire dalla wellsiana macchina del tempo rende impossibile un percorso
retrospettivo dell'identità umana: nella cosnoscenza cosmica l'oggi che abbiamo
si riduce ad essere il passato privo di futuro. Discorso che manca del presente
(sia esso a dimensione naturale oppure mimetica), il racconto di utopia deve
affidarsi, per essere detto, a una voce testimoniale che lo affabula registrando
parole di enunciazione non sua. Nel caso di Aldiss, la voce che sentiamo è
quella quasi umana di un partheno, o creatura artificiale, una sorta di doppio
(o essere scisso, per partogenesi?) che imita biologicamente la superficie uomo,
senza possederne la capacità emotiva, "We parthenos will never understand the
luxuries of a divided mind. Surely suffering as much as happiness is a kind of
artistry?" (p. 32).
L'Altro e il suo doppio: l'io calante del destino entropico proietta la vita che
gli sta fuggendo nella forma a termine del manufatto genetico (13), in modo da
poter scrutare se stesso con tecnica da voyeur nel logoramento dislocato dei
corpi che solo lui ha potuto riprodurre, guardandosi allo specchio e definendosi
una volta per tutte come la persona che rappresenta l'inimitabile. Sulla figura
dell'Altro incombe minacciosa l'ombra aliena dei polipi edoardiani, immagine
simbolica ed archetipa di una fenditura che attraversa da cima a fondo il
soggetto della Storia umana. Allora il cosmo della space operas potrà
formicolare a piacere dei mostri irrazionali sfuggiti al nostro conscio:
galleria egizia di uomini-bestie che Aldiss riprende di peso dalle saghe
galattiche postcarteriane.
Altrimenti sono le donne vestite pubicamente dal vello che le avvolge tutte,
senza dimenticare che in The Descent of Man Darwin aveva elencato la pelosità
del corpo femminile tra i caratteri possibili di regressione degenerativa. La
rappresentazione di alienità si salda finalmente nell'essere che ha lei: il tema
di entropia diventa narrazione anche e soprattutto nella metafora a valore
straniante del rapporto di matriarcato che impera sul pianeta terrestre ormai in
disarmo. Se la donna è la madre (insieme amante incestuosa) del culto arcaico
mediterraneo, il ricorso al mito indica il tramonto definitivo della libertà e
del suo regno; le strade dell'uomo sono percorsi che sboccano comunque
nell'infrazione. Come Circe tramutava i navigatori incauti in porci, così la
donna magica di Derek gioca con la sacralità della forma biologica, mutando i
corpi a suo piacere o capriccio.
Alla metamorfosi nata dalla volontà che conclude con dimostrazione didattica il
racconto di "Old Hundredth", si oppone simmetricamente il passaggio coatto ed
inverso di "A Kind Of Artistry": l'uomo ridiventa animale, prigioniero del
flusso avvilente e continuo delle forme materialistiche. Per Butler,
l'instabilità stessa della struttura umana ("man's physical status") era il
segno caratteristico del divenire animale, a procedimento solo nostro che dl una
fase morfologicamente integrativa (l'attrezzo come estensione mimetica della
mano) perviene nel tempo a una pratica più complessa che permette di duplicare
sul corpo la parte mancante o difettosa: sempre nell'esempio butleriano, la
parrucca per i capelli caduti o gli occhiali per la vista troppo debole. Più
tardi, Thomas Huxley potrà affermare che l'automatismo alienizzato della
condizione di bestia dipende dal fatto che la coscienza allo stato bruto non è
in grado di intervenire per correggere il funzionamento meccanicistico del
proprio organismo corporeo. Proseguendo su questa traccia, Aldiss riconduce il
superamento della forma fisica (simboleggiata nel passaggio che il megaterio
compie, perché vuole, dalla massa all'essenza) a una ricomposizione, via
computer, del modello spontaneo inteso come sublimazione transformale che
cancella di colpo ogni traccia di condizionamento deterministico tra il corpo e
la psiche. L'opposto di quanto avviene con il calderone fumigante di strega che
descrive l'ipotesi altra, quella di una duplicazione puramente esteriore e tutta
immersa nel tempo bio-genetico, rappresentato da Aldiss con alcune delle
immagini archetipe elaborate dall'identità femministica. Ma Virginia Stephen in
Woolf non avrebbe gradito il discorso, questo è certo.
Note
1. B. Aldiss, "OId Hundredth", in The
Airs of Earth, London, 1975 (I ed. 1963), p. 184.
2. S. Butler, "Lucubratio Ebria", in Canterbury Settlement and Other Early
Essays", The Shrewsbury Edition of the Works of Samuel Butler, voL VI, London,
1923 (I pub. 1865), pp. 216-217; "The mind grew because the body grew; more
things were handled, and being handled became familiar. Bur this came about
chiefly because there was a hand to handle with; without the hand there would be
no handling, and no method of holding and examining is comparable to the human
hand. (...) It is here that the bee, in spite of her wings, has failed. (...)
She is poorly off for hands, and has never fairly grasped the notion of tackino
on other limbs to the limbs of her own body, and so being short lived to boot
she remains from century to century to human eyes "in statu quo". Her body never
becomes machinate, whereas this new phase of organism which has been introduced
with man into the mundane economy, has made him a very quicksand for the
foundation of an unchanging civilization; certain fundarnental principles will
always remain, but every century the change in man's physical status, as
compared with the elements around him, is greater end greater. He is a shifting
basis on which no equilibrium of habit and civilization can be estabilished.
Where it not for this constant change in our physical powersa, which our
mechanical limbs have brought about, man would have long since apparently
attained his limit of possibility, he would be a creature of as much fixity as
the ants and bees, he would still have advanced, but no fester than other
animals advance. "
3. Per lo sviluppo di una posizione antitetica a quella espressa nel saggio
precedente, vedi S. Butler, "Darwin among the Machines" & "The Mechanical
Creation", ed cit (I pub. 1863 & 1865, rispettivamente). Sul rapporto
alienizzante tra uomo e macchina, leggi la parte conclusiva del secondo saggio
citato in questa nota, p. 237: "(...) neither are the machines likely to want
man as a delicacy for the table. They will breed, and beyond a doubt, varieties
and subvarieties of the human race will be developed with a special view to the
requirements of certain classes of machinery; we can see the germs of this
already in the different aspects of men who attend on different classes of
machinery (...)"
4. T. Huxley, "On the Hypothesis that Animals are Automata, and its History", in
Methods and Results, Collected Essays, vol. I, London, 1894 (I pub. 1874), pp.
199-250.
5. T. Huxley, Hume, London, 1879, citato da V.l. Lenin, Materialismo ed
empiriocriticismo, Roma, 1970, p. 204.
6. H. Lefebvre, Dialectical Materialism, London, 1974 (I pub. 1940), p. 151: "This
separation cannat be absolute, but it does have a relative reality grounded on
man's struggle against Nature. Social detertninisrn extends Nature into man.
Human Nature resoives these conflicts, deploys a higher unity and trascends the
determinisms by organizing them just like Nature seen in its totality, human
nature is spontaneity (...) but an organized and rational one. The total man is
"all Nature"; within him he contains all the energies of matter and of life, and
the whole past and future of the world; but he transforms Nature into will and
freedom."
7. T. Huxley, "On the Hypothesis that Animals are Automata, and its History",
cit., p. 244: "(...) our mental conditions are simply the syrnbols in
consciousness of the changes which take place automatically in the organism;
(...) the feeling we call volition is not the cause of a voluntary act, but the
symbol of that state of the brain which is the immediate cause of that act "
Tuttavia, poche pagine prima di giungere a questa definizione materialistica,
Huxley aveva implicitamente ripreso l'immagine integrativa butleriana del corpo
come macchina, affermando che gli animali non sono in grado di modificarsi (o di
essere modificati) sotto questo punto di vista, p. 240: "The consciousness of
brutes would appear to be related to the mechanism of their body simply as
collateral product of its working, and to be as completely without any power of
modifying that working as the stam-whistle which accompanies the work of a
locomotive engine is without influence upon its machinery. Their volition, if
they have any, is a emotion indicative of physical, changes, not a cause of such
changes. "
8. F. Jameson, "Generic Discontinuities in SF: Aldiss' Starship", in R.D. Mullen
& D. Suvin, eds., Science-Ficiton Studies - Selected Articles, Boston, 1976 (I
pub. Fall 1973). pp. 28-39. Si ricorda che il titolo originale del romanzo di
Aldiss é (nell'edizione inglese) Non-Stop.
9. F. Engels, Dialettica della natura, in Marx, Engels, Lenin, Sulla Scienza, G.
Barletta, ed., Bari, 1977, p. 360: "è nella natura della materia progredire
verso lo sviluppo di esseri pensanti, e ciò accade perciò necessariamente,
quando ne sussistono le condizioni (non necessariamente le stesse ovunque e
sempre)."
10. H.G. Wells, Mr. Blessworthy on Rampole Island, London, 1928, p. 171: "(...)
animals do not necessarily survive by being swifier, stronger or wiser than
others. A creature which crawls about destroying the buds and growing points
thar would otherwise expand to feed a multitude of a brighter, more active
species, makes the life of that other specie impossible. Animals survive by
devastation (...) there is no need to go on breeding in order to survive. You
survive by being continually there, not by multiplying there. The energy of
these Megatheria wasted itself very little In breeding (...) They had got along
for a vast time without either reproduciton or rejuvenescence. They devoured the
food of the children and enjoyed a Saturnian Empire over their habitat. "
11. B. Aldiss, "Old Hundredth", cit, p. 186:"For obvious reasons, man increased
the abilities of herbivores rather than carnivores. After the Involution, with
man gone, these Impures had taken to his towns as they took to his ways, as far
as this was possible to their natures. Both Dandi and Lass, and many of the
others, consumed massive amounts of vegetable matter every day. Gradually a
wider and wider circle of desolation grew about each town (the greenery in the
town itself was sacrosanct), forcing a semi-nomadic life on to its vegetarian
inhabitants. "
12. R. Jakobson, "Due aspetti del linguaggio e due tipi di afasia", in Saggi di
linguistica generale, Milano, 1976, pp. 22 - 45
13. B. Aldiss, "A Kind o! Artistry", in The Airs of Earth, cit., p. 16: "We are
hatched according to strictly controlled formulae, without the inbred
organizations of D.N.A. that assure true Earthborns of their amawing longevtity
five more long hauls and Jon will be old and worn out, fit only for the
transmuter. "
***
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